giovedì 11 giugno 2020

Il nemico di se stesso

“Ci sono dispiaceri che lentamente corrodono la mente come un cancro”. La paura della follia, che è già follia – “la mia propria follia”, continua il narratore di questo romanzo, “è che domani possa morire senza essere riuscito a conoscere me stesso”. Sulla duplice ossessione Hedayat costruiva nei primi anni 1930 a Teheran questo breve denso romanzo della pace interna impossibile.
Un giovane problematico incontra la ragazza dei suoi sogni – che lo porta a pensare reali i sogni. È l’inizio di un discesa all’inferno, che lo condurrà, passo dopo passo, fedelmente registrato, alla follia tanto temuta. Con scrittura secca, senza arzigogoli.
Tradotto in America negli anni 1950, “La civetta cieca” sarà avvicinato alla narrativa di E. A. Poe. Ma con più verosimiglianza il nome da fare è Kafka. Non per la scrittura, per l’insondabilità – il muro. Di fatto il romanzo è molto iraniano: ha radici nella mistica e la poetica della tradizione – di un altro Iran, cioè, anche se i quarant’anni di tirannia islamica non ne hanno spento gli umori, tuttora percettibili nella poesia, che non si traduce, e nella cinematografia. E, per quanto riguarda Hedayat, nei numerosi racconti che ha lasciato, oltre questo romanzo, scritti talvolta in francese (gli studi Hedayat aveva fatto al liceo francese di Teheran) – alcuni tradotti quarant’anni fa nei Narratori Feltrinelli.
Hedayat, ostracizzato, dalla ricca aristocratica famiglia e da se stesso, dalle sue paure e ossessioni, morirà a Parigi suicida nel 1951 – sepolto peraltro tra le celebrità del Père Lachaise. Di 48 anni, dopo un’attività intensa di traduttore in patria, di Kafka appunto e Poe, e di Maupassant, Rilke, Čechov, Sartre, Schnitzler, e di critico letterario. Aveva già fatto a vent’anni un soggiorno a Parigi, con identico tentativo di suicidio, salvato dal fiume da un pescatore intempestivo. Dopo gli studi di ingegneria a Bruxelles, presto abbandonati. Tornato a Teheran, lavorò alla Banca Nazionale, per un periodo breve, di malavoglia. Fu a lungo in India, da neofita vegetariano, per recuperare l’antico persiano pahlavi, e immergersi nello zoroastrismo di una comunità parsi.
Tradotto dall’originale da Anna Vanzan.
Sadegh Hedayat, La civetta cieca, Carbonio, pp. 135 € 14,50


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