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La grazia divina è magia
“La grazia gratisdata o
riguarda la ricchezza delle cognizioni”, nella traduzione dal latino di Romano
Amerio, il teologo svizzero-italiano di orientamento tradizionalista, che ha
collazionato il testo critico dell’inedito “Theologicorum Liber XIV”, “onde
l’uomo può ammaestrare altri, e a questa specie appartengono la profezia, la
fede, e la discrezione degli spiriti; oppure riguarda la parola, onde la verità
e la promessa divine vengono insegnate e manifestate altrui, e a questa specie
appartengono quattro grazie, cioè la parola della sapienza, la parola della
scienza, l’interpretazione dei lingauggi e la molteplicità delle lingue”. Vasto
programma.
Campanella lo svolge con
scienza e costanza. E in fondo è il “suo” tema: la grazia come magia di ordine
trascendente. Molte parole spendendo sulla profezia.
Una ripresa nel, 1616, del
“De sensu rerum et magia”, il trattato composto nel 1604 in italiano (poi tradotto
in latino, cinque anni dopo), dopo che la versione originale latina, composta
tra il 1590 e il 1592, gli era stata sequestrata dal Sant’Uffizio. Il tema
riprendendo e organizzando, con gusto secentesco, in innumerevoli rivoli, quasi
casistico - anche se non da gesuita (ma il domenicano, quando è teologo, non è
da meno). Tutti più o meno fertili per il pensiero. “Benché”, come Amerio nota
del primo trattato, “la fantasia dell’uomo anche in questo De sensu baccheggi” – parola repertoriata solo in riferimento a
Bacco, per dire che si esagera, tripudia.
Tommaso Campanella, Magia e grazia
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