L’arte del Rinascimento è l’architettura – anche in pittura
Zeri in stato di grazia: una narrazione
dell’arte briosa e succulenta, in aspetto di lezioni, tenute nel 1985 alla
Cattolica, sulla traccia “l’arte di
leggere l’arte” – in un’edizione, quella originaria di Neri Pozza, corredata
puntualmente, pagina per pagina, di immagini nitide e tutte in tema.
Una miniera di spunti critici, di aneddoti, d
storia. Il cetriolo? Simbolo della rinascita di Cristo, la Resurrezione, dopo i
tre giorni passati nell’adilà. Il garofano è simbolo nuziale. L’immagine di Cristo
è mutevole, anche a distanza di pochi anni: inizialmente era “giovanile, dolce,
affabile”, diventa “giudice e punitore” quando è assunto a protezione dell’Impero
romano. Venezia, “considerata durante il Medioevo come un’appendice dell’Impero
romano d’Oriente, come l’area più influenzata dalla cultura costantinopolitana,
produce una civiltà figurativa capace del revival più perfetto e più prodigioso di tutto il Rinascimento”,
il “Tiziano verso il 1515-1520, la scultura del Vittoria, l’architettura del Palladio”.
Asseverante. “Tutta la grande arte è sempre il prodotto di una straordinaria abilità tecnica” – l’arte non si improvvisa. “La qualità è dimostrata anche dalla possibilità che un’opera ha di sostenere l’ingrandimento”. La neve è difficile da dipingere. Lorenzo il Magnifico colonizzava l’Italia con gli artisti: mandò Verrocchio a Venezia, Leonardo a Milano, Biagio di Amntonio a Faenza, e un gruppo nutrito (Ghirlandaio, Botticelli, Cosimo Rosselli, lo stesso Biagio di Antonio) a Roma.
Deciso anche nei punti controversi. L’arte
antica per eccellenza era la pittura, non la scultura: tutto era dipinto, anche
le statue, e i palazzi, per esempio il Partenone. L’arte guida del Rinascimento
è l’architettura – anche in pittura. L’assolutismo di Giustiniano indebolì l’impero,
e lo lasciò facile preda della conquista araba, un secolo dopo o poco più. La conquista
islamica Zeri apprezza. Anche quando distruggeva: spazzò via le selve di
stature e monumenti di bronzo e di marmo, che infestavano le città romane, ma
non distrusse le chiese (come no), limitandosi a trasformarle in moschee.
Impassibile davanti alla miseria spirituale: il bottino delle conquiste fatto a
pezzi, per agevolarne la divisione, anche gli oggetti piccoli.
Con molte curiosità. Bernini pasticciere, di “dolci monumentali per l’aristocrazia romana”. “Per secoli, la guardia personale dell’imperatore romamno a Costantinopoli fu formata da soldati che venivano dall’Islanda”. Il “Reggisole” a Pavia, una statua equestre di condottiero romano col braccio alzato in gesto di saluto, “conosciutissimo durante il Medioevo”, fatta a pezzi nel 1797 dai giacobini locale quale segno di dittatura.
Federico Zeri, Dietro l’immagine
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