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sabato 6 giugno 2020

Letture - 423

letterautore

Classico – Noioso. E seduto, lo fa dire Savinio, “Alcesti”, da un personaggio in età: “Il classico è noioso. Vuole che non lo sappia? Sono così classico io stesso!” E: “Sa perché sto seduto? Sempre seduto? Perché sono classico. Il classico è seduto”.
 
Flaubert – Scrittore “fotografo”, lo dice Savinio, “Alcesti di Samuele”: “E il migliore del suo tempo”.
 
Giudici – Non hanno buona stampa. La collettanea “Giudici”, di Camilleri, De Cataldo e Lucarelli, racconta solo personaggi positivi, ma come a programma.  Il racconto di Camilleri “La revisione”, rivisto sceneggiato nella serie dei film Montalbano, col titolo “Come vuole la prassi”, è molto meno rispettoso della figura del giudice di quanto sembra. Il presidente di Corte d’Assise che ha svolto il suo compito “con estremo scrupolo”, come dice Camilleri, e in pensione si fa copiare e scandaglia tutti i processi per rilevare eventuali errori, non è raffigurato simpaticamente: Montalbano lo rispetta, e come vicino lo accudisce, ma è un tipo strano. E lascia il commissario, dice Camilleri nel racconto, con “molti interrogativi” sulla ricerca della verità e sul giudizio. 
L’impressione è forse accentuata dalle cronache: il mercato delle cariche tra giudici, e i giudici che condannano nei talk-show in tv. Ma Camilleri nella sua vastissima produzione non ha un solo giudice in positivo. Nel solo scritto in materia, repertoriato nella raccolta di scritti vari “Come la penso”, un intervento peraltro proprio al Csm, a un seminario di studio organizzato nel 2007 per magistrati giovani, si rifà a Montaigne, a Manzoni, e a Sciascia, che sulla giudicatura hanno molte riserve, ed elenca una serie di lettura “formative” tutte negative: il giudice Petrovic di “Delitto e castigo”, che dice di “intelligenza luciferina”, il giudice del tiranno di Lope de Vega, “Fuente Ovejuna”, il “Processo” di Kafka, e il cattivissimo “Gli dei hanno sete” di Anatole France..
Anche Sciascia, che pure dalla giustizia appare ossessionato (“Giustizia come ossessione” è una tavola rotonda organizzata dagli Amici di Sciascia, nel 2005), sia in “Porte aperte” che in “Una storia semplice”, racconti attorno alla figura del giudice, è problematico, sospettoso.
Ma sono problematici gli stessi giudici-narratori, Dante Troisi, Salvatore Satta.
Manzoni è cattivissimo. I giudici della “Storia della colonna infame”, quelli che ai torturati stremati che imploravano: “Ditemi cosa volete che io dica”, glielo dicevano, e poi li mandavano a morte, erano persone note in città, di nome illustre, Monti e Visconti, celebrati per “l’integrità, l’illibatezza, l’ingegno, l’amore pel bene pubblico, lo spirito di sacrificio e il grande coraggio civile”.
 
Gramsci – Crociano lo vuole Savinio scrivendo a Bompiani, il 19 agosto 1947: “Molti tengono per importanti le lettere di Gramsci, questo povero crociano”.
 
Mitteleuropa – Rumiz la sposta a Est, molto a Est – anche se questo Est dice Centro (“Trans Europa Express”): “Macché Est. Questo dove mi trovo è il Centro. La pancia, l’anima del Continente. E quest’anima sta tutta fuori da quell’impalcatura burocratica che si chiama Unione europea”. Attorno e a nord di Odessa, tra “facce slave, caucasiche, turche, centro asiatiche”.
In Ucraina, sul Tibisco, trova un obelisco che segna “il baricentro di terraferma tra l’Atlantico e gli Urali, il Mediterraneo e il mare di Barents”. Molto dentro l’ex cortina di ferro: “Il cuore batte qui”. Tra nomi evocativi, Botnia, Carelia, Lvonia, Curlandia, Largalia, Masuria, Polesia. L’obelisco è austroungarico: “Già allora si sapeva che la Mitteleuropa non sta affatto nei caffè viennesi ma molto più a oriente, anche di Budapest e Varsavia”..
 
Occidente – È la deriva dell’Europa, nell’immagine di Savinio (“Alcesti”, 74), dell’Europa “europea”: “Questa Europa più «europea» non sta ferma. Si sposta via via da oriente a occidente. Va dietro al sole. Al pricipio l’Europa «europea» è in Grecia. Poi dalla Grecia passa in Italia. Poi dall’Italia passa in Francia e in Inghilterra. Trova il mare. Lo traversa. Sbarca in America. Ora è là”.
Un’altra Europa, invece, asiatica, “fa tumore”: “Il contrario dell’Europa è l’Asia. L’Asia è grossa e ogni tanto sconfina in Europa.Ogni volta che l’Asia sconfina in Europa fa tumore. L’ultimo tumore asiatico in Europa si chiama nazismo”.
 
Pavese – Ha un antecedente remoto, sul piano letterario, nel suo abbandono al destino, quasi una fede, seppure in negativo, dei “Dialoghi con Leucò”, nel Pečorin-Lermontov di “Un eroe del nostro tempo”. Dove “si ragiona sulla credenza mussulmana che il destino dell’uomo sia iscritto in cielo, credenza che trova anche in mezzo a noi cristiani molti seguaci”.
 
Roma – Pesante la vuole Savinio, scrittore allogeno, ma per meglio galleggiare (“Alcesti”, 24): “Tutto è pesante a Roma: il parlare degli abitanti, i cibi, l’aria, l’acqua. Per peso, il collo, i fianchi, il sedere degli abitanti si allargano.  Peso fisico e peso metafisico. Peso dell’Autorità. Peso comod,. Peso rassicurante. Zavorra necessaria. Si traversa, con questa zavorra in corpo, il mare tempestoso della vita…”..
 
Romanzo – All’origine è del giovane in pena , “Werther”. E questo filone resterà importante nel primo ottocento: “Ortis”, Foscolo, “Adolphe”, Constant, “René”, Chateaubriand, “Evgenij Onegin”, Puškin, “Un eroe del nostro tempo”, Lermontov, “Confessioni di un figlio del secolo”, De Musset, spesso col suicidio incluso.
O se ne può tracciare uno anche di genere, uno femminile – come soggetto se non come autore: “Pamela”, Françoise de Graffigny (“Lettere di una peruviana”), Madame de Lafayette. Ma è nell’Ottocento che il romanzo vira al femminile: in Inghilterra, e in Stendhal, Flaubert, Tolstòj.
 
Savinio – Ha il vizio, dice Savinio, “Alcesti di Samuele”, di “mescolare scherzo e serietà”.
 
Scandalo – Racconta Mario Telò sul “Sole” di una presentazione del “Quichotte” di Salman Ruhsdie cui ha assistito in una chiesa di Oakland. Di un Rushdie che sornione denuncia la “solitudine”, o “sistemica confusione tra realtà e irrealtà”, come “espressione di una società in preda a un’overdose narcotica”, eccitante-deprimente. E finisce con un aneddoto di Rushdie che ne mette a nudo l’“istrionismo senza più troppo riserbo”: “Quando un giovane Rushdie incontrò Graham Greene in un club londinese, Greene – dopo aver bevuto tre bottiglie di vino e mangiato con moderazione –gi chiese: «Dimmi, com’è che riesci sempre a provocare tanto trouble?Io ci ho sempre provato, ma non ci sono mai riuscito”. Non c’è riuscito Graham Greene - anche senza l’alcolismo di (non) era afflitto? Ma Rushdie “nasce” coi “Versetti satanici”, con  la fatwa  di Khomeiny, fine 1988, quando ha quarant’anni, e Greene vive infermo a Vevey in Svizzera, dove morirà due anni dopo.

letterautore@antiit.eu

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