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Letture - 424
letterautore
Azzardo – La droga
dei poveri. Gay Talese ne fa un quadro succinto ma incisivo nella sua vita
romanzata del mafioso Bill Bonanno, “Onora il padre”, spiegando uno dei rami
più proficui delle mafie allora in America, negli anni 1950-1960, le scommesse clandestine.
Un vasto mondo di piccole scommesse, anche di centesimi, quotidiane, in attesa
del miracolo, fidando nella “banca”, il circuito di scommesse clandestino: “Tre
quarti degli introiti criminali erano contribuiti da cittadini che
scommettevano sui cavalli o altri eventi sportivi con gli allibratori, o si
giocavano i numeri”. Lo “scommettitore tipico sui numeri è la casalinga di
Harlem assistita dai servizi sociali che deposita ogni mattina 25 centesimi
presso l’agente (di allibratore) del vicinato”, mentre “il tipico cliente dell’allibratore
potrebbe essere un meccanico o un facchino che investe due dollari ogni giorno
sui cavalli” – “ci sono abbastanza di questi cittadini scommettitori in America
- milioni, che non possono frequentare un ippodromo, per i quali una piccola
scommessa è il tonico quotidiano – da mantenere nell’agio la favolosa industria
delle scommesse clandestine”.
Bach – La
musicalissima narratrice Vernon Lee ha, in “The Spirit of Rome”, “un organo
molto ben suonato, su un registro che dà un’imitazione di Bach musette. Tutta la cerimonia, un po’ come
il 6/8 di quel musette, forse un tantino
troppo sull’elemento danza, ma grave e perfetta…”.
Il Cantor è leggero, anche. Non solo in quell’esercizio per piano
in Re maggiore dal “Quaderno di Anna Magdalena. O, sempre per piano, nell’“Aria
variata ala maniera italiana”. Nel greve socialismo dietro la “cortina di ferro”,
in una delle fiere di Lipsia anni 1970, capitava di ascoltare dalle chiese
sconsacrate un Bach cantante se non proprio musette.
Quasi una rivolta, sorniona. Sarebbe stato contento Bach, che invece i tempi, i
suoi principi e consiglieri municipali, e poi la Germania tutta hanno voluto e vogliono
musone.
Kant – Si
trovava bene con l’occupazione russa a Königsberg nel 1762, nota perfido Rumiz,
slavofilo, in “Trans Europa Express” – nella Guerra dei Sette Anni. Non aveva
ancora quarant’anni, ed ebbe quell’anno come allievo il diciottenne Herder.
È
anche vero che i russi a Königsberg finirono per creare la fama di Federico di
Prussia, che grazie a loro diventerà Federico il Grande. A Königsberg ci stettero
poco. Subito dopo l’occupazione, che aveva convinto l’Inghilterra della
debolezza della Prussia, al punto di minacciare l’abbandono dell’alleanza
con Federico se questi non chiedeva l’armistizio
e la pace, la zarina anti-prussiana Elisabetta moriva, e il suo successore,
Paolo III, si manifestò fervente filo-prussiano. Königsberg cadde in mano russa
il 16 dicembre 1761. Elisabetta morì il 5 gennaio. Pietro III, prima ancora di
essere incoronato, proclamò la restituzione delle terre occupate in Prussia,
chiese la pace, e offrì a Federico aiuto militare.
Mafie – Il crimine
organizzato è molto vasto in America e ha avuto varie impersonificazioni “nazionali”:
irlandese tra fine Ottocento e primo Novecento, ebreo tra le due guerra,
italiano (siculo-napoletano) nel dopoguerra fino agli anni 1970 – ora latinoamericano
e afroamericano. Ma solo la mafia propriamente detta ha prodotto letteratura (Talese,
Puzo, Pileggi) e arte (Scorsese, Coppola, Ferrara, Farrelly, “The Green Book”,
Eastwood).
Mississippi – Evoca
Fogazzaro, “Ombretta sdegnosa, del Missipipì…” il professor Parisi del
Mississippi che lavora, dovrebbe, a trovare lavoro ai percettori del reddito di
cittadinanza – il capo dei navigator,
curiosa definizione, made in Italy, per un’attività che è da consulente del
lavoro. Senza nessuna ragione, non c’entra Fogazzaro, il Mississippi è grande,
il fiume. Ma il navigator è ben
fogazzariano: sa di alligator, che nel
fiume allignano.
Montagne russe – Sono
“americane” in russo, Rumiz scopre viaggiando in Oriente, “Trans Europa
Express”. In America l’ottovolangte è roller-coaster.
Napoleone – Crebbe
con l’italiano, nella versione corsa. E “quando era nervoso o indispettito”, il
suo francese “somigliava a quello di uno straniero”. Nel lungo e anticonformista
ritratto che Conan Doyle ne fa in “Lo zio Bernac alla corte di Napoleone”, ritorna
il sottinteso che Napoleone fu francese per
convenienza.
Curiosamente,
Conan Doyle riveste Napoleone spesso di tricolore, ma di quello italiano. Del
tipo: “Uniforme verde con la fascia rossa che attraversava il panciotto
bianco”.
Usava
il verde, anche nelle divise, dei dragoni e degli ussari, e non il blu.
Letizia Ramorino – Salva
solo lei, la mamma, Conan Doyle, “Lo zio Bernac alla corte di Napoleone”, nella
cerchia dell’imperatore: “Una regina tragica, alta, severa, riservata,
silenziosa”.
Università – Evoca
solo mani, da qualche tempo – da un tre decenni almeno in qua: da rapinatori. La
bibliografia non è cospicua, ma è univoca, non si scappa: quando si tratta di università,
il titolo è sempre “Mani sull’università”, a opera di Felice Froio, Antonio Massari,
un Comitato Messinese, Antonio Imbasciati.
Viaggiatori – “Siamo
tutti un popolo di viaggiatori”, Rumiz riflette a un certo punto della sua traversata
dell’Europa in spaccata, dall’estremo Nord
all’estremo Sud. Tutti, l’umanità. Siamo inquieti e ci spostiamo. Gli unici
stabilizzati si direbbero gli americani, del Nord. Che però anche loro sono
anti pellegrini – e tuttora, in patria, si spostano moltissimo, rari sono gli
americani che muoiono dove sono nati.
Zola – La
moglie di Zola, Alexandrine, ragazza-madre a vent’anni, quando si faceva
chiamare, non si sa perché, Gabrielle, ha dovuto abbandonare la sua neonata
agli Enfants trouvés e non ha più potuto avere figli. Si attaccherà a quelli del
marito, Denise e Jacques. Che Zola avrà da un’amante segreta in costanza
di matrimonio. Lei contentandosi di vivere la sua vita grazie ai soggiorni
autunnali, i tre mesi settembre-novembre, dagli amici in Italia. E alla
devozione. Amatissima dai figli di lui, con loro sempre materna, amorevole.
Con
Zola aveva cercato la bambina lasciata al brefotrofio, ma era morta.
letterautore@antiit.eu
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