skip to main |
skip to sidebar
L'Europa sta nel mezzo
Sui
Carpazi dilaga “un fiore gigante, alto tre metri”, che il kholkoz ha portato
dalla Siberia, la proprietà collettiva dell’agricoltura sovietica. “Li ha piantati
il kholkoz perché le mucche, mangiandoli, facevano più latte”, racconta
l’albergatore che ha trasformato gli uffici del kholkoz. Ora il kholkoz non c’è
più, e neppure tante mucche, “ma loro sono rimasti, hanno invaso le montagne.
Non li estirpi nemmeno col lanciafiamme, e sono velenosi per l’uomo”. Il
racconto inquieta Rumiz: “Chissà, forse il diavolo che inquieta i Carpazi si è
nascosto in questa pianta killer. Già sul mare Artico ho incontrato un granchio
gigante assassino dei fondali, portato dall’Asia in nome del progresso. Forse
il demonio è il Globale”.
Non
è l’unica premonizione giusta. A p. 222, quindi alla fine del viaggio, c’è
tutto quello che sarebbe successo dopo non più di tre anni: “Se l’Ucraina
smette di essere quello che è stata per secoli, cioè confine cuscinetto, per
entrare in un’alleanza occidentale, succede il putiferio. Il paese, che è
filo-russo a oriente, si spezza in due e allora Mosca interviene”.
Ma
non è un saggio politico, è un viaggio lungo il limes, il confine, tra la Unione Europea non amata e l’Est, da Nord a Sud – un viaggio “su una
linea di periferia”, la Ue risentendo claustrofobica. Senza contare la storia:
“Dal Baltico all’Ucraina l’Europa è tutta una necropoli, ancora da scoprire”.
La
scoperta del normale, tanto è trascurato. Un itinerario inconsueto, e anche
difficile da seguire, per scendere a volte di pochi chilometri bisogna viaggiare
di bolina, per ore e giorni. Ma un itinerario che Rumiz si è disegnato orgoglioso,
di cui fa il perno dell’Europa, il vero centro – a un certo punto trovandolo in
un obelisco sperduto fatto erigere dagli imperatori di Vienna. Un viaggio comunque
in un’altra umanità. Meglio, insiste Rumiz, nell’umanità. A fronte del grigiore
europeo, da intendere Ue, solo animato dall’affarismo, con corredo di
corruzione e mafie – al punto da minacciare di metastasi l’Est.
Se
non che, anch’essa, “è una linea sismica solo apparentemente addormentata”. E non
solo in Crimea e nel Donbass, la metà ucraina che pensa russo. Con argomenti:
“Non si può pretendere l’indipendenza del Kosovo e poi non consentire l’autonomia
dell’Ossezia dalla Georgia”, Rumiz si fa spiegare dallo “studente ucraino di
Medicina, allegro e ben nutrito, capelli neri e lunghi come Gogol’”, quello che
ha già prospettato la divisione del’Ucraina. E la Crimea: “Poi racconta della
Crimea, che fino a ieri era piena di russi che andavano al mare e oggi non ha
più turismo perché”… - perché, la verità è, gli ucraini non vi si sentono a
casa: “Se ti piacciono i viaggi estremi”, lo studente sarcastico consiglia
Rumiz, “vai in Crimea. Le montagne sono ridiventate una terra pastorale feroce, come una volta”.
A
un certo punto uno si sorprende a pensarlo un viaggio, un diario, di propaganda
russa. Rumiz i russi trova anche i soli, o quasi, simpatici, ovunque ci si
imbatta, bonari, curiosi, ospitali - anche gli “armadi” reduci di qualche guerra.
Tutti in qualche modo di personalità spiccata, anche gli ignoranti – se mai ci
fossero ignoranti in Russia, improbabili dopo il sovietismo. Ma non è questo
che Rumiz racconta, benché slavofilo dichiarato. Del resto, la sensazione che
l’Europa senza la Russia è dimezzata non è particolare, né “speciale”.
Il
viaggio è nell’Europa dimenticata. Che Rumiz a naso sente, vanta, come ultimo
muro contro l’inettitudine globale, seppure votata anch’essa alla scomparsa.
“L’Occidente è il luogo dove lo sbadiglio regna sovrano”, si spiega a un
tratto, non c’è nulla da raccontare. Senza la Russia senz’altro: l’Europa germanica
non ha nulla da dire, a parte le pacche sulle spalle, e il bilancino della
scienziata Merkel, del “troppo poco troppo tardi”. E quella latina si è fermata
a Grillo, si può aggiungere, e alla triade più stupida che c attiva, altrimenti
inimmaginabile , Sarkozy-Hollande-Macron: da quindici anni segna il passo.
Gli
ultimi bagliori Rumiz vuole raccogliere di mondi in via di sparizione, se non
già sepolti. E lo fa in compagnia di Monika Bulaj in qualità di fotografa e
interprete, preziosa per molti aspetti, di comunicazione, per la conoscenza
profonda della Russia, da polacca cresciuta dentro la cortina di ferro, e dell’ortodossia
russa, di cui è studiosa e trattatista, che ora ristudia per “un libro sulla Gente
di Dio dell’Altra Europa” – poi pubblicato come “Gente di Dio. Viaggio nell’altra
Europa”. Con l’occhio clinico speciale cui l’ha addestrata la fotografia, che trova
a Rumiz molte soluzioni pratiche, per l’ubiquità, la capacità di empatizzare
con immediatezza e in profondità, con un’occhiata, una battuta, un gesto,
scoprendo così, dissotterrando, miniere.
“Grande”,
è l’esordio, “l’anima del popolo slavo d’Oriente”. E un mese Rumiz, viaggiatore
disincantato, avrà di avventure, minime e micro, che però lo appassionano e sa
compartecipare, dall’“iperborea Kirkenes a Istanbul”, “il vero centro dell’Europa”,
col “fiume più bello d’Europa” – il Danubio, ça va sans dire, e il Reno? O il Tago, per dire. Per la nostalgia,
anche, da letterato “esperto” di confini, di un confine vero abitando Trieste,
all’epoca di Schengen, della falsa, superficiale identità comune: “Un viaggio
borderline dal Mar Glaciale Artico al Mediterraneo”. Il titolo giusto sarebbe
stato “L’Europa in verticale” – lo suggerisce a Rumiz un romito russo, a Kola. Quattro
scoperte facendo già alla partenza, all’estremo Nord: “L’Unione Europea è alta
mille chilometri più della sua larghezza”; vivendo al polo i fusi orari si
restringono tanto che basta fare un passo a destra o a sinistra per cambiare
longitudine; in questa contiguità di fusi, le ore si imbrogliano”: con la
Norvegia in mezzo, chi va dalla Finlandia alla Russia in 10 km. deve mettere l’orologio
insietro di un’ora e poi avanti di due; le carte geografiche locali non sono
quadrate ma trapezi isosceli: è un mondo di diversità, imbricate. Per il
viaggiatore curioso una goduria, malgrado i disagi estremi, la giornata di 24
ore con un tempo umido e ghiaccio a giugno, e zanzare a nugoli. Un viaggio
anche nelle acque, per il bene, per i fiumi che da soli meriterebbero il
viaggio, e per il male, per i laghi taciturni, bui, paludosi.
Paolo
Rumiz, Trans Europa Express, Feltrinelli, pp. 231 € 4,50
Nessun commento:
Posta un commento