sabato 6 giugno 2020

Napoleone ha sempre ragione, e risolve il giallo

Interessi sordidi, nobili propositi di tirannicidio e tradimenti, inseguimenti, a piedi e a cavallo, tranelli, violenze squisite oppure immani s’intrecciano in un romanzo d’avventure con un tratto costante di suspense. L’anno dopo la creazione di Sherlock Holmes, avendo deciso di fare lo scrittore”, il dr. Conan Doyle rianimava il vecchio vecchio romanzo di cappa e spada. Tra grandi nobiltà, vecchie e nuove, ussari animosi, e vergini incorrotte, in terra di Francia, al tempo di Napoleone all’assedio dell’Inghilterra.
Sotto un titolo infelice: lo zio è il genio del male - lui come l’altro intellettuale del racconto, uno intrigante e uno debole. E favolistico, mentre invece gira attorno a tattiche e strategie, beni appropriati e rivendicati, tirannicidi. Alla fine, un raccontino. Ingigantito con un centinaio di pagine su Napoleone.
Pagine aneddotiche, probabilmente da compilation, ma per ogni aspetto sorprendenti – forse perché di Napoleone non si legge più da molto tempo? Un Napoleone privato. Ma anche qui tirannico, nelle cose grandi e nelle minime, impositivo, uno che alla fine ha sempre ragione, ma “non si regge molto bene in sella”, ex povero pieno di rancori, solo fulmineo come si sa, sul campo di battaglia. I generali, Murat, Massèna, Ney, Lannes, “sono stati l’uno un cameriere, l’altro un contrabbandiere di vino, l’altro ancora un bottaio e l’ultimo un imbianchino”. Si salva la madre, “una regina tragica, alta, severa, riservata, silenziosa”. 
Arthur Conan Doyle, Lo zio Bernac alla corte di Napoleone, Donzelli, remainders, pp. 190, ril. € 11  

Nessun commento:

Posta un commento