Piovene ha i calori
Un
libro di umori. Una sorta di auto-pamphlet, di resa dei conti con se stesso, oltre che con il mondo: le furie sono
dell’autore, che le rammemora passeggiando. Incontri, visioni, allucinazioni.
Di persone, conoscenze, cose vista, cose note, lette, discusse, immaginate, con buona dose di realismo. Che Piovene rivendica:
“Io non sono un fantastico, nemmeno un inventivo, e nemmeno un realista, ma
sono un visionario di cose vere”. Come si vogliono tutti i narratori. E i giornalisti
d’invenzione. Anche se la cosa è forse una tara, in termini di verità – Piovene
resta persona inquieta, ma anche controversa.
Sul
giornalismo, che ha praticato ogni giorno per decenni, è cattivissimo fin dal
primo giorno di pratica: “C’erano, in alto, i divi, che non comparivano, con
uno speciale diritto. Era il diritto di promuovere bugie senza esserne convinti”.
E via di questo tono: amicizie, mori, passioni, riserve, ostilità. Da ansioso, si
direbbe, un po’ angosciato. O uno sfogo da menopausa, se si può dire così, per un uomo, la fine delle illusioni. “Ai pretesti si deve il riuscire a non vivere in
una dimensione sola, un universo folto di relazioni, pieno di porte spalancate.
Senza prestesti niente metafore, cioè poesia”.
Guido
Piovene, Le furie, Bompiani pp. 352
€ 13
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