astolfo
Carlo Magno – Il “Padre dell’Europa” era mezzo francese e mezzo tedesco, essendo franco. Ma è stato spesso contestato da Francia e Germania come poco puro. Fu re dei Franchi nel 768, alla morte del padre, Pipino il Breve, l’ex maggiordomo di palazzo di Neustria e Austarsia. Re dei Longobardi nel 774, alla vittoria nella lunga guerra contro Desiderio, che patrocinava nella successione a Pipino i figli di Carlomanno, il fratello maggiore, defunto, di Carlo Magno. Desiderio fu imprigionato in un monastero, mentre suo figlio Adelchi fuggiva a Bisanzio (muore davanti al padre prigioniero nella tragedia di Manzoni). A Natale dell’800 incoronato Imperatore dei Romani a San Pietro in Roma. Hitler da ultimo ne contesterà la germanicità. Con due argomenti: aveva combattuto i Sassoni, e aveva “desiderato” un elefante dal califfo islamico Harun-al-Rashid. Una bestie che poi aveva esibito in pubblico, facendosi infine seppellire sotto un manto rosso decorato con elefantini.
Willy Ferrero – William, detto “Willy”, è stato direttore d’orchestra italiano nato a Portland nell’Oregon degli Stati Uniti, figlio di due acrobati di circo, Vittorio Ferrero e Nerina Moretti. Fui bambino prodigio, esibendosi nel 1910 a quattro anni a Parigi, al Trocadéro, e a sei a Roma, al Costanzi, il teatro odierno dell’Opera. Come bambino prodigio continuò a esibirsi fino ai dieci anni, davanti allo zar Nicola II, al re inglese Giorgio V, e ai papi pio X e Benedetto XV. Nel successivo decennio studiò a Vienna. Fu poi attivo tra le due guerre, ma con minore successo – bene a Roma all’Augusteo, male alla Scala. Solo in Russia, sotto il regime sovietico, mantenne inalterato il successo.
Il poeta russo Osip V.Mandel’stam annota di avere assistito ad alcuni suoi concerti nell’ottobre del 1935 nella cittadina di provincia di Voronez, dove era stato confinato da Stalin. Nel secondo dopoguerra si farà anche membro del Consiglio mondiale della Pace, creato nel 1950 da Stalin e Suslov, nell’ambito del Cominform, l’organizzazione dei partiti comunisti in Europa e nel mondo.
Alexei Tolstoj – Il “conte rosso”, di un ramo minore del casato dello scrittore, fu scrittore anche lui, e uomo politico, uomo d’apparato del Pcus, il partito Comunista Sovietico. È all’origine dell’arresto, la condanna e il confino del poeta Osip Mandel’stam, con la fine precoce un anno dopo. Per un motivo futile. Mandel’štam era venuto a diverbio con un vicino di pianerottolo, incaricato della sua sorveglianza in quanto elemento già infido. Il vicino, “Amir Sargidžan” (Sergej Borodin), aveva colpito al volto Nadežda Jakovlevna, la moglie del poeta, per provocare la coppia, e c’era riuscito: Mandel’štam aveva reagito. Per comporre il diverbio era stato istituito un giurì d’onore, presieduto dal “conte rosso”. Che non aveva biasimato il comportamento di Sagidžan-Borodin. Per protesta, Mandel’štam si dimise dal comitato moscovita dell’Unione degli scrittori. E un anno e mezzo dopo a Leningrado, trovandosi di fronte Aleksej Tolstoj nella sede della Casa Editrice degli Scrittori, lo schiaffeggiò in un accesso d’ira. Quattro - o sette, dipende dalle fonti – giorni dopo Mandel’štam fu arrestato di notte nel suo alloggio di Mosca. Dove ospitava Anna Achmatova, che fu testimone dell’arresto e ne ha fatto resoconto. Manldel’štam fu portato via la mattina, dopo una intera notte di perquisizione, benché l’alloggio fosse minuscolo – malgrado l’intervento di Pasternak, che intanto, allertato, si era rivolto per telefono a Bucharin, il secondo o il terzo nella graduatoria del potere sovietico. Dieci giorni dopo il poeta fu condannato a tre anni di confino, a Voronez, dove morirà.
Ossezia– La minuscola repubblica della Federazione Russa, dai difficili confini con la Cecenia, l’Inguscezia, e la Cabardino-Belcaria, nonché con la Georgia che le contende metà territorio, è origine storicamente non appetita. Molti furono vittime di Stalin per sostenere, anche solo in privato, che il dittatore georgiano era in realtà un osseta. Fra i tanti epiteti offensivi che il poeta Mandel’stam in un epigramma del 1934 proferisce contro Stalin c’è, finale, il “largo torace di osseta” (in alternativa, “non autorizzata”, a “largo culo di georgiano”). Osseta si voleva offensivo: “In Unione Sovietica, e soprattutto in Georgia, era diffusa la «leggenda» che la famiglia di Stalin fosse originaria dell’Ossezia”, minuscola etnia evidentemente non onorevole, “tanto più che il vero cognome di Iosif Stalin, Ďugašvili, ha il significato letterale di ‘figlio di osseta’” (Remo Faccani).
San Pier Scheraggio – Era la sede del consiglio comunale di Firenze (quindi ha visto e ascoltato Dante e Boccaccio) prima della costruzione del Palazzo dei Priori (Palazzo della Signoria o Palazzo Vecchio) e metà Cinquecento. Una chiesa romanica, eccezionalmente affrescata - da Cimabue, con una famosa “Madonna col bambino”, popolarmente detta “Madonna della ninna nanna”. Inglobata e praticamente distrutta nel palazzo delle Magistrature o degli Uffizi, l’edificio del Vasari – si salvò il pulpito, trasportato nella chiesa di san Leonardo in Arcetri.
Deve il nome al
prospiciente fossato “di schiaraggio”, che correva lungo la prima cinta muraria
di Firenze: il collettore delle acque reflue del quartiere, o sestiere.
Vlasov – Fra le tante truppe mercenarie, dei territori occupati, che combatterono con la Germania nella guerra di Hitler, ucraini, croati, etc. – gli effettivi erano mezzo milione alla fine della guerra, dopo le tante diserzioni delle ultime settimane – ci fu anche un’armata russa, l’armata Vlasov. Dal nome del generale che la comandava, uno dei generali della difesa di Leningrado caduto prigioniero dei tedeschi. Della sua armata, che raggiunse i 200 mila effettivi, facevano parte soprattutto prigionieri russi di guerra, che così sfuggivano la fame e la miseria dei campi di prigionia, con pochi volontari.
Due i motivi del passaggio di Vlasov con la Germania. L’Unione Sovietica considerava i propri soldati caduti prigionieri dei tedeschi dei lavativi e quasi dei disertori. O almeno questa era la diceria. Per cui molti prigionieri diventarono in vario modo collaboranti dei tedeschi. Come forza lavoro volontaria, specie in agricoltura – molte famiglie di contadini tedeschi ebbero braccianti russi, prigionieri di guerra (ne parla anche Jünger nelle memorie): non retribuiti ma mantenuti. Vlasov aveva anche un motivo personale di rivalsa, non avendo condiviso i criteri di difesa di Leningrado, che secondo lui esponevano i soldati a sacrifici evitabili.
Stalinista ferreo, premiato in ogni azione militare cui aveva partecipato, era generale a soli 35 anni, nel 1935. Nella guerra contro la Germania, si era distinto nella difesa di Kiev e di Mosca, con molteplici riconoscimenti, tra essi il premio Lenin. Fu quindi a capo della Seconda Armata d’assalto, incaricato di rompere l’assedio di Leningrado: la missione fallì, dei 16 mila effettivi della Seconda armata d’assalto sopravvissero duemila, o meno, e Vlasov fu fatto prigioniero.
Attorno a Vlasov fu costituito un Esercito russo di liberazione (R.O.A., Russkaya Osvoboditelnaya Armiya), che combatté al fianco delle truppe di Hitler. Avrebbe dovuto o voluto, perché Hitler non se ne fidava, e comunque disprezzava gli slavi al punto da ritenerli non esistenti. Non se ne ricordano imprese speciali in guerra.
Finita la guerra, Vlasov e gli appartenenti alla sua armata furono consegnati dagli Alleati a Stalin. Si disse che erano stati liquidati uno per uno con un colpo di pistola ravvicinato alla nuca. Vlasov veramente lo fu , dopo un breve processo.
astolfo@antiit.eu
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