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Le opere della corruzione
Il governo ha nominato, intende nominare, tutti commissari
alle opere pubbliche, 130 pare. Molte di esse non al primo commissariamento, evidentemente
senza esito, se sono ancora da fare. Cambiare le regole degli appalti pubblici
invece no.
Non si cambiano le regole in omaggio alla legalità, si dice.
Argomento ridicolo, dal momento che si nominano dei commissari straordinari.
No, è questione di sottogoverno. Di governo cioè attraverso la corruzione. Per ogni
appalto bisogna meritare politicamente con il vincitore, e anche con i perdenti.
I quali potranno fare ricorso all’infinito, e farsi pagare il potere di ricatto, o
comunque ottenere compensazioni in altri appalti.
Il peggio del peggio: la corruzione al quadrato, senza l’opera
pubblica. La corruzione per la corruzione. Anche il vincitore può fare ricorso,
per rivalutare i costi etc. O la corruzione al cubo, considerando che i
commissari sono gli stessi dirigenti ministeriali che rendono impossibili le
opere pubbliche.
La Funzione Pubblica come fucina del malaffare. All’insegna
della protezione della legalità. Ci vuole ingegno per arrivarci. Con coperture evidentemente estese, mediatiche e giudiziarie. Ma è il segno
di un imputridimento insanabile? È agitato ora – l’imbroglio della legalità –
dai duri e puri del nuovismo.
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