martedì 7 luglio 2020

Letture - 426

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Bemporad – Giovanna Bemporad, che fu poetessa anche illustre negli anni 1960, poi del tutto dimenticata, era ricordata così sul “Corriere della sera” il 4 settembre 2013 – era morta per la Befana dello stesso anno, celebrata sullo stesso giornale da Pierluigi Panza commosso: “Quello tra Pasolini e Giovanna Bemporad è stato un rapporto unico, dice Gabriella Sica. La Bemporad già a sedici anni era una traduttrice formidabile e trascinava Pasolini a Casarsa dove facevano lezione insieme. Sono stata a lungo sua amica e un giorno Giovanna mi ha rivelato che a un certo punto aveva capito di dover cedere il passo a Pasolini, perché era lui il più grande”.

Giovanna si era sposata con un politico democristiano, senatore e ministro, Giulio Cesare Orlando, con Ungaretti testimone di nozze. Di suo passò la vita a perfezionare la raccolta “Esercizi” pubblicata da Garzanti nel 1948. Amava dire i versi degli altri, in tutte le occasioni, pubbliche e private. E tradurre: Omero, Virgilio, Goethe, Novalis, von Hofmannstahl. Da ultimo volle tradurre l’“Odissea” in endecasillabi – consegnando infine un’edizione “definitiva” ma “non completa”.

Concilio di Trento - “Erant ibi etiam 300 honestae meretrices, quas cortigianas vocant”, c’erano anche trecento meretrici oneste, che si chiamano cortigiane - Kant, “Antropologia dal punto di vista pragmatico”.

Kant cita dalla “Historia Concilii Tridentini”, e “ibi” intende nella sola Trento, mentre il congresso si svolse per lo più fuori della città. La “Historia” è opera tarda del cardinale Pietro Sforza Pallavicino, in polemica con la storia di Paolo Sarpi - la storia, invenzione dell’Europa, è traditrice?

Follia – È poetica nel senso proprio, volgare, medico, della parola: molti poeti furono “pazzi” – ebbero crisi di vari tipi di follia, prima di Dino Campana e Alda Merini: Hölderlin naturalmente, o Tasso, e Nietzsche (è Nietzsche poeta? si), Heine, Nerval, Celan.

Heine – È in Germania come la Resistenza: c’è, “abbondante”, ma la Germania non sa che farsene.  La Germania, finalmente libera dal dovere imperiale, aveva alla sconfitta pronto da cent’anni il “partito dei fiori e degli usignoli”. Ma non ha saputo che farsene. E che c’è di più ideale dell’unità organica di democrazia, cosmopolitismo, pacifismo, diritti dell’uomo, e di più realistico anche, dovendosi dare un’altra storia, di quanto Heine prospettava? Ma niente, silenzio. Dovendone celebrare il centenario nel 1956 la buona Repubblica Federale se la cavò con un comunicato di poche righe.

Forse la Germania si vergogna. Così si dice, intendendo che si vergogna di Hitler e di sé. Ma forse si vergogna di Heine, che ha insegnato il tedesco ai tedeschi ma era ebreo, incancellabilmente benché apostata. Non per caso dovette andarsene a Parigi e farsi chiamare Henri.

O non sarà l’io e il mio Dio? Non si valuta a sufficienza l’eversione di Lutero, radicale, barbara. Sì, inni, salmi, canti e corali, ma è il nomadismo dell’anima che Lutero impone, a piccoli borghesi da secoli e millenni sedentari e abitudinari, uno sconvolgimento del loro minuscolo focolare intimo. Per non sanno bene che, ma fuori di loro. “Tutti i popoli”, diceva Heine, “quelli europei e quelli del mondo intero, dovranno superare questa lotta mortale, affinché dalla morte risorga la vita, dalla nazionalità pagana la fraternità cristiana”. Lo diceva ai tedeschi, cristiano neofita dopo tante prove – “keine Messe wird man singen,\ Keinen Kadosh wird man sagen,\ Nichts gesagt und nichts gesungen\ Wird an meinen Sterbetagen”, niente messe cantate, niente kadosh recitati, niente detti e niente canti ai miei centenari – alle celebrazioni della morte. 

Italiano – Brigitte Bardot imparò l’italiano prima del francese, dalla tata – lo racconta il suo biografo, Mauro Zanon, in “Brigitte Bardot, un’estate italiana”. La bambinaia, Dada, era stata portata in Francia dalla madre, Anne-Marie Mucel, francese nata e cresciuta a Milano, quando dopo il matrimonio con l’industriale Louis Bardot era andata a vivere a Parigi.

 La “ragazza bellissima, genere leonino”, etc., che sarà il grande amore del deus ex machina Malaussène, Pennac (“Il paradiso degli orchi”) dice avere “fianchi italiani che ondeggiano placidi”.

Jean Paul – Bisogna considerarlo fra i precursori, o ispiratori, di Marx? Hartmut Retzlaff, già direttore del Goethe Institut a Roma, in appendice a J.Paul, “Clavis fichtiana seu leibgeberiana”, ci trova tutto il primo Marx, che di Jean Paul era gran lettore: l’alienazione e il feticismo della merce, “i termini cardine della critica delle merce nel primo volume del «Capitale»” - molti studi sono stati fatti in argomento. E poi dopo: “L’uso metaforico delle Charaktermasken (termine che origina nella Commedia dell’Arte), come parametro di una sociologia dei ruoli ante litteram, e il termine Fetichismus per descrivere l’autoriduzione delle società evolute a un primitivismo percettivo, risultano decisive per la sociologia del tardo Marx”.

Letteratura –È femmina, non solo come genere grammaticale? Berardinelli lo dà per assodato, sul “Venerdì di Repubblica” parlando di Cesare Garboli, della sua infatuazione per il Pascoli “familiare”: “Il caso Pascoli metteva a nudo senza pudori la visceralità femminile della letteratura, il suo potenziale consolatorio e materno” – nel caso Pascoli a compensazione del “rifiuto di concepire ogni rapporto con la realtà e il principio di realtà se non come distruzione traumatica dell’intimità e amputazione del desiderio” (cioè, col rifiuto della femminilità?).

Norvegia – Nel 1946 il compaesano di Kunt Hamsum che gli si accompagna, l’unico che ancora parla allo scrittore premio Nobel da quando è stato sanzionato per hitlerismo, va scalzo. Porta le scarpe a tracolla per non consumarle - le porta per entrare un chiesa, le usa solo lì.

Padre – La figura è radicalmente cancellata dal romanzo familiare già nel 1985, da Daniel Pennac in “Il paradiso degli orchi”. La mamma sessantottina cambia spesso compagno, e con ognuno procura di fare un figlio – di cui non si occupa, ma è sempre la madre: la madre c’è per quanto assente, il padre no, e senza mancanze o nostalgie.

Popper – 1973-1974, si traduce infine Popper, “La società aperta e i suoi nemici”, trent’anni dopo, da editore specialista, di pedagogia. A uso dei magisteri? L’Italia non voleva sapere che il socialismo bolscevico era totalitario, la colpa era di Stalin.

Shakespeare – “Ha scritto tragedie molto violente”, “Tito Andronico” o anche il “Mercante di Venezia” - Al Pacino, “Writers on writers”, il forum online di Antonio Monda, “la Repubblica”.

 V. Woolf – Amava “suo marito, colto, ma ebreo e per questo non trattato sempre come un vero gentleman, anche se lo considerava la pietra su cui appoggiare le proprie irrequietezze”, Alvar González-Palacios, “Nel cottage di Virginia Woolf” (“Sole 24 Ore”, 5 luglio) - e anche se ne ha preso il nome. Non per razzismo ma per snobismo. Che è razzismo, di chi si vuole racé, specie se non lo è per nascita.

letterautore@antiit.eu

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