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Montanelli copione
A
proposito diMontanelli, vale la pena riprendere la “scoperta” di questo sito
una quindicina di anni fa, di un libro di Montanelli sulla resistenza tedesca a
Hitler letteralmente copiato da un libro tedesco di tre anni prima:
La differenza maggiore è Ghestapo, che Montanelli italianizza
anche nella scrittura, il resto è più o meno uguale: se non è una copia è un
calco. Si ripubblica “Morire in piedi”, con prefazione di Sergio Romano, il
libro del 1949 sull’opposizione militare a Hitler di Indro Montanelli, senza
specificarne il debito con “Wehrmacht contro Hitler”, il libro-memoria di
Fabian von Schlabrendorff, pubblicato nel 1946 col titolo “Offiziere gegen
Hitler”, a cura e con prefazione di Gero von S.Gaevernitz, in un’edizione
svizzero-americana, a Zurigo prima, poi a Askona (Ascona?)-New York, tradotto
da Arturo Barone per le Edizioni Gentile La Rassegna d’Italia nel maggio 1947.
Solo riconoscimento è, nell’avvertenza di Montanelli, un generico rinvio a
“molti” memorialisti, “una minima parte” dei quali tradotti. Nella prima
edizione, Longanesi 1949, qui indirettamente ripresa, il libro si presentava
come un reportage originale: “Le grandi figure dell’ultimo esercito germanico,
ricostruite sulle molteplici fonti del dopoguerra e attraverso un’inchiesta
svolta personalmente dall’Autore in Germania”.
Montanelli ha qualche marcia in più di Schlabrendorff: fa leggere d’un fiato le
140 pagine di attentati falliti che si succedono uguali come in una comica di
Ridolini, con interesse cioè e senza farle cadere nel ridicolo. Non a torto
sanzionato da Eco quale “fenomeno” e “abilissimo autore di pastiches storico-letterari”
(“Il costume di casa”, pp. 169-74), Montanelli parte con maestria, dalla
rappresentazione dell’attentato del 20 luglio 1944, e col canonico
“ricostruiamone la storia”. E ha un paio di storie in più, affascinante quella
di Vlasov, con la caratterizzazione di Stauffenberg. Ma anche nella versione di
Barone il libro è scorrevole, e talvolta meglio sceneggiato. L’edizione
Gentile, benché funestata dal salto di un quinterno nell’edizione consultata, è
un bel libro, con prefazione, nota dell’editore, Gero von S. Gaevernitz, e
quarta di copertina precise, esaurienti, e ottime foto nel testo. Von
Gaevernitz era stato braccio destro di Allen Dulles, il capo dell'Oss in
Svizzera durante la guerra, ed era rimasto legato alla Cia, che succedette
all'Oss: cioè spiega le plurime edizioni del libro e la loro accuratezza, nella
povertà quasi bellica della grafica - è anche un indizio per la riedizione di
cui Montanelli si fece tempestivo autore, ma con ogni probabilità
insignificante.
Montanelli salta le pagine in cui Schlabrendorff tratteggia la resistenza non
militare a Hitler, anche se vi si rappresentano belle personalità. È l’altra
differenza tra i due libri. Si perde così Gustav Dahrendorf, socialista, padre
del sociologo politico baronetto Ralf Dahrendorf. Ma dà più ritmo al suo
racconto. Dà anche spazio alle colpe degli Alleati, che S.-von G. omettono, con
le vicende dell’ammiraglio Canaris, dell’Anschluss e di Monaco. Nel dettaglio,
Montanelli omette le prime dieci pagine di S., le pagine 25 (von Ketteler e
Hadelmayer) e 28 (S. a Londra da Lloyd George), la p. 37 (il Vaticano all’opera
contro la guerra nel 1940), il capitolo su Goerdeler, col proclama in dettaglio
che il borgomastro aveva preparato per la popolazione, e le pagine conclusive.
Per il resto è tutto uguale, talvolta alla pagina. Il socialista antisemita
antinazista Ernst Nieskich mandato dallo Stato maggiore a Mosca a trattare
intese e spartizioni col maresciallo Tuchačevskij. Lo smantellamento dello
Stato Maggiore con le accuse a Blomberg (ha sposato la segretaria, una puttana)
e a Fritsch (omosessualità). Il complotto contro Fritsch raccontato ai
congiurati dall’addetto militare di Hitler, Hossbach (p. 24 di S., e 25
dell’edizione Rcs). Il rivolgimento allo Stato Maggiore (pp.27-28 di entrambi i
libri). Poi il parallelismo si sgrana: il ruolo del cristiano-democratico
bavarese Josef Müller (p.22 e p.59), il letargo della Resistenza allo scoppio
della guerra (pp. 33 e 39), il “generale rosso” Hammerstein” (pp.35-36 e
53-54), Guderian che è ricevuto da Hitler ma non riesce a dire una parola
(pp.43 e 86), il piano Treschkow-Witzleben (pp.53-55 e 89-90).
A questo punto ricorre l’unico riconoscimento a Schlabrendorff, obliquo.
Montanelli ne cita il libro in tedesco tra parentesi a p.83 “(è Schlabrendorff
stesso che ha raccontato tutto questo nel suo "Offiziere gegen
Hitler", e a voce mi ha fornito particolari inediti)”, e a p.88 ne cita il
piano: “S. ha lasciato il resoconto che ci ha confermato a viva voce”. Anzi
peggio che obliquo: il resoconto di S., continua M., “coincide con le memorie
(per ora segretissime) di Beck e Witzleben”. Si capisce che il direttore del
“Corriere”, Mario Borsa, abbia dirottato sul “Corriere d’Informazione”,
giornaletto del pomeriggio, le corrispondenze del suo inviato, che in teoria
aveva passato così tanti mesi in Germania alla ricerca della verità: proponeva
“memorie segretissime” (quello di sapere i segreti è un vizio molto italiano:
sarà un format linguistico?). Di seguito, nella stessa pagina, M. riprende
parola per parola da S., senza citarlo, gli usi alimentari e ipnotici di
Hitler. E continua col calco. Nel cap. XI, pp.86-92, sintetizza il cap.“Il
tentativo di attentato del 13 marzo 1943” di S.. Alle pp. 88-89 ricalca
l’aneddoto delle pp.72-73 di S. sugli inneschi speciali che non funzionano, e
delle bottiglie esplosive di pseudo-brandy che viaggiano per la Germania tra
grandi ufficiali ignari. Poi Montanelli salta l’esposizione dei piani di
Goerdeler (ne liquida il proclama in poche righe a p.117), e nella corrispondenza
tra le pagine S. risulta avanti: il circolo di Kreisau (pp.99-100 di S., 95-96
di M.), i leader socialisti sindacali Leber e Leuschner (pp.113-115 e 98-99),
il resoconto delle ore successive all’attentato del 10 luglio, che anche S.
drammatizza (pp. 141 segg, e pp.120 segg.).
Un altro riconoscimento a Schlabrendorff Montanelli lo ha dato cinquant’anni
dopo, nella sua “Stanza” sul “Corriere” del 26 febbraio 1997. Ma sempre
indiretto. E con alcuni errori, che Sergio Romano ripete nell’introduzione
all’edizione odierna: Schlabrendorff non fu avvocato a Norimberga “dei
criminali di guerra”, ma consulente volontario del generale Donovan sul
contributo delle chiese alla Resistenza, e non sopravisse al “bombardamento
violento di Dachau (quello in cui trovò la morte Mafalda di Savoia)”, perché
era in prigione a Berlino. Sul bombardamento reale subito da Schlabrendorff
Montanelli si è perso una storia molto montanelliana: l’accusato si salvò e
l’accusatore, l’ex comunista Roland Freisler, che giudicava in paramenti
rossobruni, fu giustiziato. Avvenne durante il processo al Tribunale popolare:
ci fu un bombardamento, il procuratore speciale Freisler scese con l’accusato
nel rifugio, una bomba penetrò tutti i piani del tribunale, scosse la cantina,
una trave si staccò dal soffitto, e lo uccise. Uccise Freisler.
Fabian von Schlabrendorff, un avvocato che divenne a cavaliere del
1970 presidente della Corte costituzionale a Bonn, era stato segretario in
gioventù di Otto von Bismarck, e aveva poi sposato Luitgarde Bismarck, nipote
di Ruth von Kleist-Retzow, altra figura di rilievo della Resistenza.
Prettamente montanelliane sono solo le forzature e le inversioni di senso della
storia. I ripetuti incisi su Mafalda di Savoia ogni volta che ci sono morti per
bombardamenti – la principessa era dopo la guerra la fidanzata d’Italia. O
Hitler “che usava fare troncare la testa con l’ascia a chi propalava
barzellette sul regime”. I tedeschi “scesi in guerra senza entusiasmo”. I
“campi di concentramento degli ebrei” già nel 1938. Dove già si commettevano
“atrocità” e sui quali circolavano “dicerie” che suscitavano “orrore anche in
molti degli stessi nazisti”. Harro Schulze-Boysen, organizzatore dell’Orchestra
Rossa, ridotto a “intellettuale surrealista”. E il solito, accattivante, conformismo
dell’anticonformismo: porsi dal lato dei deboli, sconfitti, perdenti, ma sempre
per un altro potere vincente: Hitler voleva “consegnare l’Europa al comunismo”.
Indro Montanelli, Morire in piedi, Bur, pp. 152 € 16
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