Senza futuro
“I quarantenni di oggi hanno
mancato il tempo di ogni rivoluzione”, è il principio, e la fine. Peggio, “abitano
il proprio presente con la sensazione di non potervi davvero risiedere, infragiliti”.
Oggi, un’elezione generale, in cui un italiano su tre ha votato Grillo, e uno
su due ha votato Grillo e Salvini, e una crisi pandemica dopo, sicuramente più vero di cinque anni fa: storicizzato, il futuro “interiore” è più appannato che mai.
Ma più che altro si direbbe vittima della crisi dello Stato sociale, per
effetto della crisi demografica e della globalizzazione, che da trent’anni
scuotono l’Occidente – lo stesso che le ha volute (architettate, imposte), per meglio
guadagnare, rosicando il lavoro, la scuola,
la sanità, le pensioni.
Molto Murgia parla di
immigrazione. Tra ius soli e ius sanguinis, che comunque, spiega,
sono divisivi - solo un po’ meno del nessun ius
per il migrante. Mentre una scelta di condivisione vuole auspicabile, nel
bisogno reciproco – una scelta da “capitani contagiosi”. Il
primo e il terzo capitolo sono in successione logica, “Cittadini di un mondo scelto”
e “Capitani contagiosi”. Si appartiene alla comunità per “autoriconoscimento”.
L’identità come co-appartenenza, si può aggiungere agli argomenti di Murgia,
è filosofia di Heidegger. Ma l’immigrazione non è tutto – e in uno
Stato bene ordinato non sarebbe problema insolubile e divisivo. L’identità è in
crisi in nuce, alla
radice. Nella confusione della generazione – in teoria – al potere: tanta buona
volontà e tanta debolezza. “Abitare la democrazia”, al centro della riflessione di Murgia, è più problematico. Molti “buoni esempi”, qua e là per il mondo, di
urbanistica come di “autorealizzazione” sociale - vuole dire qualcosa? Nella
ormai vecchia strategia delle microrealizzazioni – che, certo, non fanno male (ma quanto bene?).
Un pamphlet buono, propositivo, che avrebbe meritato più fortuna. Rispecchia
la confusione, lo smarrimento anche, della Generazione X, gli oggi
quaranta-cinquantenni: una generazione di buoni, cresciuta per distanziamento dalle follie
terroristiche, di fine utopismo, che ne hanno circoscritto e indebolito le potenzialità. Per di più, figli dei baby boomers, di “quelli del Sessantotto”. A loro volta figli dei
“ricostruttori”: una seconda generazione come tutte energica e energivora,
incontenibile e rapace, che molto ha seminato - in buona parte ora abortito - e
tutto si è preso. Una generazione X quindi assennata ma sbalestrata, di
passaggio. Generatrice perplessa, per la prima volta nella storia, tra
ambiente, risorse, animalismo e ogni sorta di paure, degli Y o Millennials (Millennial Generation, o Echo boomers, o Net
Generation) - quelli che navigano imprudenti, incoscienti, o solo prigionieri,
sulle sabbie mobili della rete.
“Ogni generazione ricomincia il percorso in
proprio”, e occorre solo ripetere, “ripetere all’infinito”, è buona ricetta di Michela Murgia. Con
in più un po’, perché no, di giudizio critico: bisogna riprendere l’uso della
storia – siamo fatti più di quanto non ci facciamo, ma non del tutto. Della
storia grande, quella micro è solo di nicchie, salvagenti, scappatoie.
Michela Murgia, Futuro interiore, Einaudi, pp. 84 € 12
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