A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (434)
Giuseppe Leuzzi
Milano, o la regione Lombardia, che
garantiscono il tampone in aeroporto per primo ai lombardi è inimmaginabile, se
non fosse successo. Questi non aprono i campi di concentramento perché costano.
Idealmente sono trincerati. È la Lombardia
un campo di concentramento?
Il Sud si mette all’improvviso a
leggere, o è un difetto ottico, di rilevazione statistica? In assoluto forse
no, ma come clienti di amazon sì. Milano sempre in testa, su Roma, Torino, Bologna,
Genova, Firenze, Verona, Padova. Napoli sale al nono posto. Palermo passa dal
47 al 13mo posto, Bari dal 46 al 20mo posto, Reggio Calabria dal 50 al 36mo° posto.
Ma è solo la classifica dei clienti di Amazon:
al Sud ci sono meno librerie in rapporto agli abitanti, molte meno.
Lega
ladrona
Non hanno sensi di colpa i tre parlamentari
e la dozzina di consiglieri regionali leghisti che hanno chiesto e intascato il
sussidio Covid per i disoccupati, benché stipendiati dalla Repubblica,
lautamente. Gli affari prima di tutto, afferrare l’afferrabile, l’unico vangelo
della Lega, dietro lo shermo dell’onestà. È il tempo di “Lega ladrona”.
Quando si farà il conto della sanità
lombarda dopo quarant’anni di “privatizzazioni” leghiste, di affari e affarucci
a spese della sanità pubblica, dei fondi sanitari, non basteranno le carceri
anche traspadane. Ma si farà mai il conto? Non a iniziativa della Procura di
Milano – retta, questo è vero, da napoletani: si può rubare impunemente nel
nome dell’autonomia, anche se paga Roma.
Nemmeno dopo tanti morti la sanità
leghista in Lombardia, che ha scardinato la rete assistenziale, viene sotto
processo.
I politici leghisti intascano i sussidi
pubblici nel mentre che chiedono il taglio dei parlamentari, contro la corruzione
e lo spirito di casta. Questo è indice della confusione nella politica.
Tollerata se non promossa dall’opinione pubbiuca: media, editoria, cinema, gli
stessi partiti.
Contro
lo Stato 1: il cinema dei Carabinieri
Il sindaco di Varapodio in provincia di
Reggio Calabria, Orlando Fazzolari, Msi-An-Fratelli d’Italia, accusa i
Carabinieri. Che lo accusano di falso ideologico, abuso d’ufficio, corruzione
per atti contrari ai doveri d’ufficio, truffa ai danni dello Stato, peculato, frode
nelle pubbliche forniture, a proposito delle sovvenzioni al centro comunale d’accoglienza
ai migranti da lui gestito su delega del consiglio, e ultimamente da lui stesso
chiuso. Dopo una indagine durata tre anni. “Nel fascicolo dell’indagine si evince
chiaramente ch e non sono accusato di nulla”, afferma il sindaco. Che rigira
l’accusa: “La cosa grave sta nel video trasmesso agli organi di stampa, dove mi
hanno dipinto come un soggetto che stava lì senza alcun incarico dato dal consiglio,
solo per favorire i fornitori amici e per costruire la sua carriera politica”. Da
qui, dice, il video: “Dopo tre anni di intercettazioni telefoniche pagate dallo
Stato, i Carabinieri non potevano perdere la faccia, dicendo «ci siamo
sbagliati», ed hanno preparato un video per la stampa con ipotesi di reato
costruite in maniera artigianale, senza alcuna valenza giuridica ed
aggrappandosi al nulla”.
La vicenda è emblematica di molte cose
al rovescio. Uno di destra professo che accusa i Carabinieri. E una gestione
amministrativa di destra, da Rositani a Fazzolari, che ha fatto del solito paese
addormentato, semiabbandonato, della Piana, tra rifiuti e bombe mafiose, uno
bene attrezzato, anche bello a vedere, e produttivo.
L’accusa di Fazzolari è grave, e si
deciderà in Tribunale, i Carabinieri non potranno non denunciarlo ancora una
volta. Ma non è inedita. Non è inedito il modo di procedere dei Carabinieri, con
i video come canale d’informazione. Preordinata. E per molti pregiudicata,
senza possibilità cioè di contraddittorio, come “prova definitiva”. Anche se si
sa che i video si possono montare, tagliare, cucire.
Il video contro Fazzolari segue quello
contro le processioni – le processioni a benedire i mafiosi. Contro il
santuario di Polsi, ridotto a cenacolo di mafia. E quello, che molti asseriscono
di avere visto ma non è stato pubblicato, contro il vescovo di Locri, allora
mons. Bregantini, e il parroco di San Luca, don Strangio, che s’impegnarono a
evitare una faida dopo la strage di Duisburg – il parroco è stato rimosso,
il vescovo, che aveva avviato il rinnovamento di mezza Calabria, pure.
Contro
lo Stato 2: le interdittive dei prefetti
Un’altra vicenda strana occorre a Reggio
Calabria, dove un candidato a sindaco al voto tra un mese, Andrea Cuzzocrea, si
ritira dalla competizione “per timore di ritorsioni”, titola in prima pagina “il
Quotidiano del Sud”. Della mafia, che ogni tanto gli brucia un macchinario –
Cuzzocrea è un imprenditore, ex presidente di Confindustria Calabria? No, per “il
timore che una lista dichiaratamente garantista e meridionalista avrebbe potuto esporre i singoli candidati a
ritorsioni da parte degli apparati repressivi dello Stato”. Niente di meno.
Magari non è vero, ma Cuzzocrea può dirlo.
Senza commenti, gli “apparati repressivi” tacciono. Un Prefetto che dica qualcosa,
un Capo della Procura, un presidente di Tribunale, un tenente dei
Carabinieri – anche un semplice maresciallo?
L’imprenditore reggino polemizza
scopertamente con l’uso politico dell’antimafia. Nessuno degli attentati subiti
è stato indagato. Mentre lui è stato colpito, nel 2017, dalla solita
interdittiva antimafia della prefettura, una misura discrezionale che dà da prosperare a molte prefetture, anche se non ha perso l’azienda né l’appalto.
La prefettura agiva in linea con il 5 Stelle di Reggio Calabria, che faceva
campagna contro Cuzzocrea perché vicino al sindaco Falcomatà, e quindi a
Matteo Renzi.
Sicilia
Non
vede l’ora la “Gazzetta del Sud” di Messina, per zelo Democratico e per sicilitudine,
di celebrare “le radici siciliane della moglie di Biden”. Alla quale si fa evocare
il nonno paterno Giacoppa. Uno che subito si cambiò il nome in Jacobs. E al
figlio, cassiere di banca, cercò una moglie anglo-scozzese. Si fa presto a dire
italo-qualcosa. Ma in Sicilia prestissimo: chi mai rinuncerebbe a essere
siciliano?
“È
la chiave di tutto” è colpa di Goethe, “Viaggio in Italia”, anche lui affascinato,
dai limoni, e dalle rovine, e anche dal linguaggio.
“Come volete non essere pessimista in un paese dove
ilverbo al futuro non esiste?”, Leonardo Sciascia spiega a Marcelle Padovani,
“La Sicilia come metafora”. Ma più ottimista del pessimista Sciascia, che la
Sicilia ingigantiva, mostruosa?
È
vero che la Sicilia “s’imbroglia” (s’incarta, si confonde) – vuole tutto.
Nel
racconto della mafia, “Onora tuo padre”, Talese dice i mafiosi siculo-americani
rispettosi dello Stato, benché fosse il loro nemico – “non volevano che il
sistena crollasse, perché con esso sarebbero crollati anche loro”. Per una
ragione precisa: “Benché riconoscessero il governo imperfetto, ipocrita e non
democratico, con molti politici e la polizia in buona misura corrotti, la
corruzione era però qualcosa che si poteva capire e negoziare. Quello di cui
più diffidavano e di cui secoli di storia siciliana gli avevano insegnato a
diffidare erano i riformatori e i crociati”.
Uno viaggia in Sicilia e si
chiede: perché la Sicilia non è ricca?
Nel calcio è poverissima:
Palermo e Catania sono in serie C, col Trapani, il Messina in D. Non c’è
organizzazione: la Sicilia manca di gioco di squadra. Non riesce a concepirlo,
eppure l’economia lo dimostra redditizio, molto.
“Tutti fannulloni”, dice Musumeci,
il presidente della Regione Sicilia, dei suoi 4 mila, o 40 mila, dipendenti. Si dice da una vita – diciamo dagli
anni 1950. Col ricambio di due generazioni o tre. E allora? Non sarà un male
incurabile?
Si susseguono i dati, ora di
nuovo in risalita, dei contagi al coronavirus. Con una costante per la Sicilia:
i nuovi contagi, otto-nove su dieci, sono fra i migranti. E uno si domanda:
succedesse una cosa simile in Lombardia? È pur vero che i siciliani non sono lombardi,
ha ragione la Lega.
Irridendo
alla Autorità Siciliane che in pompa, “quasi in contemporanea” con l’inaugurazione
a Genova del ponte Piano, hanno tagliato il nastro di una sopraelevata di 200
metri dell’autostrada Palermo-Catania, dopo cinque anni di lavori (cinque anni
per 200 metri), “Il Venerdì di Repubblica” asserisce che “mille chilometri di
strade secondarie dell’isola non sono percorribili”. Questo non è vero – non può
essere. Ma parlando del Sud tutto va fatto convergere “in unum”.
“Vietato
trasportare legna, carbone, carbonella”. Questo e altri divieti del genere,
specifici, le cronache elencano in Sicilia a proposito per esempio del convid,
come misure restrittive per evitare il contagio. La maggior parte questa settimana per evitare i falò e le feste in spiaggia. Bastava proibire l’uso
della spiaggia se non per i bagni di mare. Ma la Sicilia vuole essere precisa.
leuzzi@antiit.eu
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