Giuseppe Leuzzi
“Camorro” è persona fastidiosa in toscano – parola desueta ma la riporta Fucini nelle “Veglie di Neri”, p. 90. Un significato che attesta ancora “camurria” in siciliano – in Camilleri e nella parlata comune (“camorra” è spagnolo per lite, zuffa). Ora mitizzato da Sky e i Carabinieri.
“Alta Velocità al Sud”, “Da Roma a Palermo
galleria sotto lo Stretto”, “Cantieri al Dud”, non manca mai il Sud nelle
allocuzioni del duo pugliese, levantino?, Conte-Casalino. Ma la notizia è
questa: “Ripartono i cantieri. Alta Velocità subito al Nord. Firmati i contratti
per la Verona-Padova”. Cioè, il Sud è imbecille?
C’è, in un paio di racconti “toscani” di
Renato Fucini tra le “Veglie di Neri”, qualcuno che arrivando dal Nord dà “in
giro un’occhiata di sgomento”. Giungendo in borghi isolati ma pur sempre meta
nella buona stagione di “villeggianti a popolare di festose brigate la dolce
malinconia dei colli toscani”.
Lo spaesamento in chi viene dal Nord si
connota di superiore delusione. Già negli anni delle “Veglie”, 1870.
Nel decreto del governo Conte del mese di
agosto sono previsti incentivi per chi mantiene o crea lavoro al Sud. Il
decreto non è ancora precisato, ma l’onorevole Maurizio Martina è preoccupato:
non vorrebbe che si creassero risentimenti al Nord. Martina era il segretario
del partito Democratico prima di Zingaretti. Si capisce che il Pd fosse sotto
il 20 per cento. Alla pari con Salvini.
Si dividevano il Nord? No, Salvini al
Nord prendeva di più. E anche al Sud.
Il
problema del Sud è il Nord
Fra i politici ricchi (parlamentari e
consiglieri regionali) che hanno chiesto il sussidio Covid non ci sono i
meridionali. Sciascia direbbe che la “linea della palma” è salita fino alle
Alpi. Ma si è tagliata
la coda?
Il problema del Nord è il Sud, ma
il
problema del Sud è il Nord.
Non si risolve la questione meridionale
in Italia – solo in Italia, fra tutte i paesi del mondo in un cui un’area è
economicamente depressa – perché il Nord è fatto così, avido e presuntuoso.
Il
razzismo è involontario
Una “vergogna nazionale”, e “il pericolo
manifesto di espansione e di contagio per le altre province d’Italia” Renato Fucini
sente di dover minacciare da Napoli – siano a fine Ottocento. Da dove pure
scrive cronache non prevenute. Invitato in città, dove conoscerà Giustino
Fortunato, da Pasquale Villari. Le corrispondenze sono per la “Rassegna
settimanale” fiorentina di Franchetti e Sonnino, molto attenti al Meridione, poi
(1877) confluite in “Napoli a occhio nudo”. Il rifiuto è a pelle, malgrado i
buoni propositi. Quando la differenza è pregiudiziale – razzista. Fucini aveva
contatti e strumenti per capirne di più, e li ha utilizzati, ma non è suo agio:
il razzismo è per i più involontario, risponde a un pregiudizio ambientale – l’effetto
Lega.
Il
tunnel – il Sud - è una sciocchezza
Ultimo venne Conte con la novella del
tunnel nello Stretto di Messina. Che dovrebbe correre, fa sapere l’ufficio
stampa di palazzo Chigi, fra 200 e 300
metri sotto il livello del mare, dato che lo Stretto è profondo fino a 250
metri, e il tunnel sottomarino deve avere una solida copertura terrestre sopra
il capo – il tunnel sotto la Manica corre a 50 metri sotto il fondale.
Non c’è da preoccuparsi, è una delle battute con cui si riempie il vuoto del Sud. Si vede che bastano per
raccogliere voti al Sud, e questo è preoccupante, anzi è agghiacciante -
equivale a dire che il Sud è il Sud, un mondo di scemi, e non ne parliamo più.
Ma, giusto per potesi, è un tunnel che dovrebbe partire, dalla parte della
Calabria, da Gioia Tauro, per arrivare alla profondità di 300 metri sotto il
mare a Punta Pezzo (Villa). Oppure partire da Locri- Gioiosa Jonica, perforando
l’Aspromonte, seppure in discesa, ma questa soluzione non lascerebbe in sospeso
il problema: con chi collegare il tubo, con quale Alta Velocità? A meno che non
si pensi di collegarlo alla rotta dell’antica Magna Grecia, ora riaperta dai
barconi turchi coi migranti dall’Asia.
Sul versante siciliano, il tubo dovrebbe
rispuntare verso Milazzo. Oppure, volendolo indirizzare verso Catania, risalire
gradualmente sotto i Peloritani, le montagne di Messina.
La cosa si può immaginare di Casalino,
il brain washer di Conte, e cioè una
battuta come un’altra per tenere l’attenzione attorno al suo Capo, per due o
tre giorni. Il Ferragosto è difficile da riempire, si può capire. Ma al Sud è
presa sul serio. E comunque non c’è altro.
fa, perché lo Stretto è fortemente
sismico.
Il
leghismo, la fine delle identità
Si ricordano con rammarico le esperienze
storiche recenti di coabitazioni tra popoli diversi, religioni, lingue,
culture, che arricchivano tutti: la Galizia di Joseph Roth, finita con la
Grande Guerra, Serajevo ancora a fine
Novecento. Il leghismo non fu così letale - oppure sì, a Milano il disprezzo fu
percepibile. Ora si traveste, o ha cambiato interessi, ma è stato la fine di un
modo di essere. Per chi, noi, di Milano conosceva ogni pizzo, perfino la
programmazione del Pasquirolo, che era un cinema. Ma, poi, per ognuno, compresi
gli stessi milanesi: la dine di un’idea di cultura. Di una cultura.
Milano, luogo della ricchezza, benché
leghista, ha continuato a essere polo di attrazione per molti, per commerci e carriere. Ma come una
prigione per ricchi a cieli aperti, non una patria o una cultura, un modo
d’essere. Che cultura ha dato Milano leghista, ora più che quarantenne?
O sì, si è fatta ed è scuola di
depersonalizzazione. Della famiglia lungimirante di oggi, che manda i figli
alle scuole inglesi o americane (nate appositamente….), e poi ai licei in
Inghilterra o in America, e poi all’università, in Inghilterra, negli Usa, sia
pure a Leeds o a San Antonio, dopo averli deprivati di una lingua, nonché della
stessa famiglia, e della religione solitamente, della storia, di una tradizione
– per averli poi non nel mainstream
del mondo ma, uno su due, disoccupati e senza arte, dopo avere investito
qualche milione, e senza carattere.
Aspromonte
Alvaro castratore – il grande scrittore
è un castratore? Alvaro ingombra la Calabria più che non la sorregga o la
illustri. Alvaro è molte cose, e molto ha da dire e insegnare dei suoi anni,
dei mondi che ha conosciuto, della dirittura morale. Ma l’Aspromonte giace
sotto i suoi racconti.
Molti nello stesso Aspromonte se ne
fanno materia e scudo. È così che la Montagna gentile aperta sui mari, i suoi
boschi colorati, ulivo, castagno, pino, faggio, verde e rosso, abete, l’aria
secca, salubre, variamente profumata, è solo quella, arcigna e violenta, dei
racconti di Alvaro. Solo aggiornata: anche le Madonne sono ora nere,
delinquenziali.
“Giuseppe Dessì mi diceva che da giovane
aveva odiato Grazia Deledda”, racconta Carlo Cassola in uno scritto contro il
“toscanismo”, “sembrandogli disperata l’impresa di far apparire la Sardegna
diversa da come l’aveva fatta apparire la famosa scrittrice”. Succede dei mondi
chiusi, una specie di gelosia, di appartenenza esclusiva e reclusiva, senza più
aperture, senza più divenire. Chiusure che si vogliono realistiche, e invece
sono traditrici. Forti, ma della proiezione fantasmatica, dei propri umori. Più
contagiosi e letali se depressivi.
Il
protagonista di Gautier, “Jettatura”, che sarà vittima a Napoli della
jettatura, si chiama Paul d’Aspremont. Non per un motivo particolare. Tutto il
racconto, ambientato a Napoli attorno a una giovane inglesina, Alicia Ward,
“educata con una grande libertà di spirito filosofica, che non ammetteva nulla
senza un esame”, è incongruo. Un giovane napoletano , il conte d’Altavilla,
s’ingegna a convincerla che ci sono poteri occulti, la jettatura. La Miss
resiste. Se non che, quando arriva a Napoli il fidanzato, Paul d’Aspremont, le
cose prendono a girare male. Incongruo anche il nome francese, Paul
d’Aspremont, per un nobile inglese. Ma Aspremont è usato con una certa
frequenza nelle lettere francesi.
Il turismo non c’è, è il pregio oggi più
apprezzato - rari anche i trekkers,
rarissimi. Eccetto che, nella buona stagione, quello potabile. L’acqua buona è
una fissa e si fanno viaggi di ore per riempire batterie di bottiglie alle
sorgenti.
Una passione di molti quarti, risalendo
a Corrado Alvaro, Perri, e precedenti. E generosamente compensata dalla sorgenti:
delle Vile sopra Polsi, di Bocali o Fontanelle, di Materazzelle, della Prena
(pregna, di femmina incinta). Francesco De Cristo ne tentò l’elenco in
“Vagabondaggi sull’Aspromonte”, 1932.
Lampedusa concorda - “Gattopardo”, p. 223:
“«Non c’è che l’acqua a essere davvero buona», pensò da autentico siciliano”. Ma ha rubato la
battuta al calabrese.
Non c’è solo Alvaro, una letteratura
ormai lunga ha fatto dell’Aspromonte una montagna lugubre. Ma, soprattutto,
l’Aspromonte si segnala per essere, tra tutte le montagne probabilmente
d’Italia, la meno esplorata. Dai suoi abitanti: la meno conosciuta. Non nella
toponomastica, non nei sentieri, le valli, i picchi, le vedute, le stesse
acque, il luogo di culto, Polsi, probabilmente con più continuità in Europa da
due millenni e mezzo, i monumenti. Sì, ci sono nell’Aspromonte ancora
monumenti, dopo i tanti terremoti, brezzii (o bruzi), basiliani, normanni.
Nemmeno classificati, nonché non restaurati o comunque messi o indicati in
fruizione, dei curiosi, dei camminatori. La “Chanson d’Aspremont”, capostipite
della chanson de geste in Italia,
fine XII secolo, è nota solo a
Carmelina Siclari, che l’ha studiata all’università. Non sono classificate le
specie arboree, la flora, le erbe, gli animali, benché il Parco esista da
alcuni decenni. Ne sappiamo qualcosa attraverso un saggio-racconto di Corrado
Alvaro ragazzo – segno che un secolo fa ancora la Montagna era nota, poi è
stata cancellata.
leuzzi@antiit.eu
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