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Gestione Agnelli al capolinea
Lo
spettro della bancarotta, dopo la disastrosa serie di passi falsi quest’anno:
la Juventus, la squadra di calcio più vincente d’Italia, si ritrova a fine
corsa 2019-2020 sempre fortemente indebitata, malgrado l’aumento di capitale da
300 milioni – di cui il 63,77 per cento, cioè 191 milioni, a carico Exor. Senza
più le entrate di Champions League sulle quali faceva affidamento, essendone uscita
agli ottavi. Senza le pur minime entrate della Supercoppa e della Coppa Italia.
Con ricavi in calo malgrado il più che raddoppio dello sponsor commerciale,
sempre Exor, attraverso Fca (Jeep), da 17 a 42 milioni l’anno. E malgrado l’incremento
a 51 milioni l’anno (fino al 2027) dello sponsor tecnico Adidas.
La bancarotta finanziaria non è all’orizzonte
ma quella societaria probabilmente sì. L’azionista Exor, John Elkann, è
vistosamente assente dalle ultime vicende, e Alberto Agnelli, suo fiduciario
per il calcio, potrebbe avere concluso la sua esperienza, benché capofila del secondo
ramo della Famiglia, quello di Umberto suo padre. Ha costruito una squadra
molto costosa e senz’anima, squilibrata in tutti i reparti, e nella stessa
gestione tecnica, con un management team di sua fiducia palesemente inadeguato. Ora finito, come fanno le squadrette, a scaricare le colpe sugli allenatori.
Nulla
di tutto questo è stato detto, non ufficialmente, a Torino e dintorni. Ma i
silenzi nella Famiglia Agnelli parlano.
Pirlo, con tutta la simpatia, non risolve - anzi, potrebbe far perdere al club pure il solo titolo di questo 2020, il campionato. Il problema non e tecnico, i conti sono pesanti. Ingaggi per 147 milioni l’anno, netti – lordi, cioè a carico
del club, 251 milioni. Un bilancio da tre anni in perdita: nel 2018 per venti
milioni, nel 2019 per quaranta, nel primo semestre del 2019-2010, al 31
dicembre 2019, per 50,6 milioni – un rosso che sicuramente aumenterà nel secondo
semestre, per i mancati introiti da stadio e i minori incassi d’immagine. In calo
sia i ricavi da stadio sia quelli tv. Mentre il merchandising, fertile per
tutti in Asia, è in stallo. I debiti, già vicini al mezzo miliardo, per ridurre
i quali era stato deliberato l’aumento di capitale monstre, sono tornati a risalire, dai 327 milioni di fine 2019 a,
probabilmente, 350. Il debito, malgrado l’aumento di capitale, resta superiore
al patrimonio (276 milioni a fine dicembre) e al fatturato.
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