venerdì 28 agosto 2020

Heidegger filosofo per adepti

“I Quaderni neri partecipano a una rimessa in questione dell’opera di Heidegger che più che mai appare necessaria”: il proposito è dichiarato alla prima riga. Collocando il saggio in una lettura di Heidegger comunque critica. Aggravata dalla considerazione che i “Quaderni” non sono note casuali e sparse, ma scritti accurati, trascritti a ogni evidenza, non ci sono cancellature o ripensamenti, e ordinati. A compimento, come da volontà scritta, dell’opera, da qui il “criptaggio assassino”, sottotitolo d’assalto più che da studio.
Kellerer, già critica della disinvoltura politica di Heidegger, autrice di un saggio sul rifacimento che il filosofo operò dopo il 1945 di almeno uno dei suoi scritti anteguerra, un testo del 1938, per farlo passare come antinazista (“Rewording the Past. The Post-War publication of a 1938 Lecture by Martin Heidegger”, 2014), dichiara peraltro subito, nel prospetto, una posizione critica radicale: “I Quaderni apportano una conferma dell’uso sistematico da parte del loro autore di una strategia di confusione, la quale comporta due aspetti importanti. Da una parte il messaggio heideggeriano s’indirizza a un ‘piccolo numero’ di lettori o uditori e non agli uomini in generale. Il pensiero dell’Essere è in effetti concepito come combattimento contro la razionalità in quanto facoltà e valore universale, la comunicazione dovendo quindi farsi intenzionalmente  ambigua. D’altra parte, seguire la voce dell’Essere non riguarda l’emancipazione umana ma un processo di ‘risveglio’ tribale”.
Ripensare il nazismo
Sì, ma l’Essere, a parte l’esoterismo e il tribalismo? Linguaggio cifrato e tribalismo (e versificazioni in rima, appelli, svolte) infastidiscono e lasciano perplessi, ma il pensiero dell’Essere? Il problema è forse che Heidegger è un filosofo nazista – nazista seppure per un po’, come (quasi) tutti i tedeschi - ma filosofo. Bisogna ripensare Heidegger, probabilmente, ma di certo bisogna ripensare il nazismo.  
Kellerer propone all’attenzione molti dettagli. I “Quaderni” coprono ben 17 anni, 1931-1948 – sono quelli, si può aggiungere, del “problema nazismo”, dell’adesione e, dopo la sconfitta, della riqualificazione. “Heidegger fu il primo rettore di una università tedesca a proclamare apertamente la sua fedeltà al Führer” – contro il suo consiglio accademico, si può aggiungere, lo stesso che lo aveva eletto. I “Quaderni” Heidegger teneva “doppiamente segreti” (P. Trawny, il primo decifratore), ne era geloso, e ha stabilito di farne la conclusione della sua opera omnia.
Linguaggio criptato
Il saggio si vuole un primo tentativo di decrittare un pensiero che a ogni evidenza, Kellerer ripete, si vuole criptato. I “Quaderni”, sostiene, mettono in luce un aspetto particolare del pensiero heideggeriano e della sua espressione: “l’uso di un linguaggio indiretto che dà l’illusione di profondità filosofica, ma si rivela essere una mascheratura e anche una mistificazione”.
Questo è vero: del linguaggio di Heidegger poco o niente si riflette. Anche se a più riprese Heidegger vi si riferisce. Kellerer dà anche a questo proposito rilievo alla conferenza di Roma nel 1936, dove si spiega che “la frase, la lingua sono l’evento più elevato del Dasein umano”. Ma un po’ ovunque Heidegger si riferisce al petit comité, di intesi, sodali, quasi adepti. Del suo pensiero parlando a più riprese come di un “risveglio”.
Nei “Quaderni”, nota Kellerer, il riferimento alla comunicazione nascosta è costante. A  partire dalla “critica veemente” nel 1923 dei tentativi di Husserl, che pure era il suo maestro e mentore in cattedra, di elaborare una teoria della coscienza: la verità, spiega nel semestre invernale 1923-24 a Warburg, non concerne la conoscenza ma la “decisione”- il concetto di una conoscenza certa gabellando di “viltà di fronte alla ricerca”.
La verità è la decisione
Un atteggiamento teoretico, la decisione, che lo stesso Heidegger associa a “presa del potere” (Gesamte Aufgabe 17, p. 65) aggressiva. La conoscenza, è vero, volendo sempre radicale contro il “progresso”, l’aspirazione (illusione) di una conoscenza accumulativa, sempre più approfondita. Che è tema costante della sua riflessione. Contro Kant, contro l’illuminismo. Il problema è – Kellerer trova un’infinità di riferimenti in proposito – che “la parola essenziale”, il “dire autentico”, non possono indirizzarsi all’umanità come tale ma solo a “certi tipi umani, Menschentümer (GA 76, p.56, e 96, p. 257)”: a un “piccolo numero”, una “linea”, “nuova”, “a venire”, che è anche “dissimulata, di uomini che si interrogano” (GA 94, pp. 105, 299, 284: GA 96, p. 117).
Numerosi i riferimenti pro-Germania, pro-nazi all’inizio e nei primi anni della guerra. In particolare, all’alleanza russo-tedesca innalza una barriera tra chi ha la storia, la Germania, e chi non ce l’ha. Che sono tutti gli altri. Eccetto, eresia per un tedesco, sentimentalmente antislavo, la Russia. Viene poi la litania del “sangue”, della “terra”, del “popolo”. Da cultore sempre geloso della germanità della lingua.
Molto spazio è poi dedicato all’antisemitismo. Che c’è, ci deve essere, e come c’è, o si nasconde ma manifestandosi, si camuffa. “Umanità senza radici”, “assenza di suolo”, e la frase non tanto criptica del 1939: “La via che è indicata dal Seyn al pensiero segue segretamente la frontiera dello sterminio” (GA 95, p.50). Un risentimento forte ancora durante la guerra, contro la “sete di vendetta” . Di cui Heidegger scrive a Jünger il 23 giugno 1949. La lettera, però, vuole dire: non facciamoci travolgere, da innocenti, dalla vendetta, degli Alleati soprattutto . Il riferimento ai “mercanti” che ci “svaligiano” non può essere nel 1949, non c’era l’idea dell’Olocausto, l’ebreo ma il “mercato” Usa, allora molto risentito, in Germania e in Francia.
Fake news
Sidonie Kellerer insegna all’università di Colonia. È famosa per il dibattito sulla “fake news su Heidegger” nel 2017. Kellerer sostenne su “Le Monde”, con François Rastier, direttore di ricerca al Cnr francese, Semantica dei testi, che Heidegger è stato membro di un Comitato per la Filosofia del Diritto, dell’Accademia per la Legge Tedesca, fondata nel 1934 da Hans Frank, il giurista futuro governatore della Polonia occupata negli anni della Soluzione Finale, immortalato da Malaparte in “Kaputt” per la satrapia, impiccato a Norimberga, allora ministro a Berlino senza portafoglio, ex ministro della Giustizia della Baviera. Un Comitato, dissero, attivo fino a dicembre 1942, con la partecipazione di Carl Schmitt, che avrebbe presieduto alle Leggi  di Norimberga, 1936, contro gli ebrei, e “in teoria e in prassi” alla Soluzione Finale. Se non che il ricercatore che aveva tirato fuori l’esistenza del Comitato, Kaveh Nassirin, uno studioso di Amburgo di origini iraniane, spiegò che la documentazione da lui pubblicata era monca e imprecisa, che il Comitato non si sa se e fino a quando è esistito, e se abbia operato, i nomi dei partecipanti sono incerti, forse solo nominativi da invitare, etc. Ne scrisse sulla “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, avviando il dibattito sulla “fake news Heidegger”. I protocolli del Comitato non si trovano o non ci sono, spiegava Nassirin, o sono stati distrutti, né se ne parla fuori del Comitato stesso, in nessuna forma.
Sidonie Kellerer, Les Cahiers noirs de Martin Heidegger: un cryptage meurtrier,  Academia.edu online

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