Heidegger filosofo per adepti
“I Quaderni neri partecipano a una rimessa in questione dell’opera di
Heidegger che più che mai appare necessaria”: il proposito è dichiarato alla prima
riga. Collocando il saggio in una lettura di Heidegger comunque critica.
Aggravata dalla considerazione che i “Quaderni” non sono note casuali e sparse,
ma scritti accurati, trascritti a ogni evidenza, non ci sono cancellature o
ripensamenti, e ordinati. A compimento, come da volontà scritta, dell’opera, da
qui il “criptaggio assassino”, sottotitolo d’assalto più che da studio.
Kellerer, già critica della disinvoltura
politica di Heidegger, autrice di un saggio sul rifacimento che il filosofo
operò dopo il 1945 di almeno uno dei suoi scritti anteguerra, un testo del
1938, per farlo passare come antinazista (“Rewording the Past. The Post-War
publication of a 1938 Lecture by Martin Heidegger”, 2014), dichiara peraltro subito,
nel prospetto, una posizione critica radicale: “I Quaderni apportano una conferma dell’uso sistematico da parte del
loro autore di una strategia di confusione, la quale comporta due aspetti
importanti. Da una parte il messaggio heideggeriano s’indirizza a un ‘piccolo
numero’ di lettori o uditori e non agli uomini in generale. Il pensiero
dell’Essere è in effetti concepito come combattimento contro la razionalità in
quanto facoltà e valore universale, la comunicazione dovendo quindi farsi intenzionalmente ambigua. D’altra parte, seguire la voce
dell’Essere non riguarda l’emancipazione umana ma un processo di ‘risveglio’
tribale”.
Ripensare il nazismo
Sì, ma l’Essere, a parte
l’esoterismo e il tribalismo? Linguaggio cifrato e tribalismo (e versificazioni
in rima, appelli, svolte) infastidiscono e lasciano perplessi, ma il pensiero
dell’Essere? Il problema è forse che Heidegger è un filosofo nazista – nazista
seppure per un po’, come (quasi) tutti i tedeschi - ma filosofo. Bisogna
ripensare Heidegger, probabilmente, ma di certo bisogna ripensare il nazismo.
Kellerer propone all’attenzione
molti dettagli. I “Quaderni” coprono ben 17 anni, 1931-1948 – sono quelli, si
può aggiungere, del “problema nazismo”, dell’adesione e, dopo la sconfitta,
della riqualificazione. “Heidegger fu il primo rettore di una università
tedesca a proclamare apertamente la sua fedeltà al Führer” – contro il suo
consiglio accademico, si può aggiungere, lo stesso che lo aveva eletto. I
“Quaderni” Heidegger teneva “doppiamente segreti” (P. Trawny, il primo decifratore),
ne era geloso, e ha stabilito di farne la conclusione della sua opera omnia.
Linguaggio
criptato
Il saggio si vuole un primo
tentativo di decrittare un pensiero che a ogni evidenza, Kellerer ripete, si
vuole criptato. I “Quaderni”, sostiene, mettono in luce un aspetto particolare
del pensiero heideggeriano e della sua espressione: “l’uso di un linguaggio
indiretto che dà l’illusione di profondità filosofica, ma si rivela essere una
mascheratura e anche una mistificazione”.
Questo è vero: del linguaggio di
Heidegger poco o niente si riflette. Anche se a più riprese Heidegger vi si
riferisce. Kellerer dà anche a questo proposito rilievo alla conferenza di Roma
nel 1936, dove si spiega che “la frase, la lingua sono l’evento più elevato del
Dasein umano”. Ma un po’ ovunque
Heidegger si riferisce al petit comité,
di intesi, sodali, quasi adepti. Del suo pensiero parlando a più riprese come
di un “risveglio”.
Nei “Quaderni”, nota Kellerer, il
riferimento alla comunicazione nascosta è costante. A partire dalla “critica veemente” nel 1923 dei
tentativi di Husserl, che pure era il suo maestro e mentore in cattedra, di elaborare
una teoria della coscienza: la verità, spiega nel semestre invernale 1923-24 a Warburg,
non concerne la conoscenza ma la “decisione”- il concetto di una conoscenza
certa gabellando di “viltà di fronte alla ricerca”.
La
verità è la decisione
Un atteggiamento teoretico, la
decisione, che lo stesso Heidegger associa a “presa del potere” (Gesamte
Aufgabe 17, p. 65) aggressiva. La conoscenza, è vero, volendo sempre radicale
contro il “progresso”, l’aspirazione (illusione) di una conoscenza accumulativa,
sempre più approfondita. Che è tema costante della sua riflessione. Contro
Kant, contro l’illuminismo. Il problema è – Kellerer trova un’infinità di
riferimenti in proposito – che “la parola essenziale”, il “dire autentico”, non
possono indirizzarsi all’umanità come tale ma solo a “certi tipi umani, Menschentümer (GA 76, p.56, e 96, p.
257)”: a un “piccolo numero”, una “linea”, “nuova”, “a venire”, che è anche
“dissimulata, di uomini che si interrogano” (GA 94, pp. 105, 299, 284: GA 96,
p. 117).
Numerosi i riferimenti pro-Germania,
pro-nazi all’inizio e nei primi anni della guerra. In particolare, all’alleanza
russo-tedesca innalza una barriera tra chi ha la storia, la Germania, e chi non
ce l’ha. Che sono tutti gli altri. Eccetto, eresia per un tedesco, sentimentalmente
antislavo, la Russia. Viene poi la litania del “sangue”, della “terra”, del
“popolo”. Da cultore sempre geloso della germanità della lingua.
Molto spazio è poi dedicato
all’antisemitismo. Che c’è, ci deve essere, e come c’è, o si nasconde ma
manifestandosi, si camuffa. “Umanità senza radici”, “assenza di suolo”, e la frase
non tanto criptica del 1939: “La via che è indicata dal Seyn al pensiero segue segretamente la frontiera dello sterminio”
(GA 95, p.50). Un risentimento forte ancora durante la guerra, contro la “sete
di vendetta” . Di cui Heidegger scrive a Jünger il 23 giugno 1949. La lettera, però,
vuole dire: non facciamoci travolgere, da innocenti, dalla vendetta, degli
Alleati soprattutto . Il riferimento ai “mercanti” che ci “svaligiano” non può
essere nel 1949, non c’era l’idea dell’Olocausto, l’ebreo ma il “mercato” Usa,
allora molto risentito, in Germania e in Francia.
Fake
news
Sidonie Kellerer insegna
all’università di Colonia. È famosa per il dibattito sulla “fake news su Heidegger”
nel 2017. Kellerer sostenne su “Le Monde”, con François Rastier, direttore di
ricerca al Cnr francese, Semantica dei testi, che Heidegger è stato membro di
un Comitato per la Filosofia del Diritto, dell’Accademia per la Legge Tedesca,
fondata nel 1934 da Hans Frank, il giurista futuro governatore della Polonia
occupata negli anni della Soluzione Finale, immortalato da Malaparte in
“Kaputt” per la satrapia, impiccato a Norimberga, allora ministro a Berlino
senza portafoglio, ex ministro della Giustizia della Baviera. Un Comitato,
dissero, attivo fino a dicembre 1942, con la partecipazione di Carl Schmitt, che
avrebbe presieduto alle Leggi di
Norimberga, 1936, contro gli ebrei, e “in teoria e in prassi” alla Soluzione Finale.
Se non che il ricercatore che aveva tirato fuori l’esistenza del Comitato,
Kaveh Nassirin, uno studioso di Amburgo di origini iraniane, spiegò che la
documentazione da lui pubblicata era monca e imprecisa, che il Comitato non si
sa se e fino a quando è esistito, e se abbia operato, i nomi dei partecipanti
sono incerti, forse solo nominativi da invitare, etc. Ne scrisse sulla
“Frankfurter Allgemeine Zeitung”, avviando il dibattito sulla “fake news Heidegger”.
I protocolli del Comitato non si trovano o non ci sono, spiegava Nassirin, o sono
stati distrutti, né se ne parla fuori del Comitato stesso, in nessuna forma.
Sidonie Kellerer, Les Cahiers noirs de Martin Heidegger: un
cryptage meurtrier, Academia.edu online
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