domenica 2 agosto 2020

Il futuro è amaro ai giovani

Il racconto di un’immagine, “la donna in cammino tra malinconici prati fioriti”. I prati fioriti non si direbbero malinconici ma la giovane vita della giovane donna, dal primo mestruo agli abbandoni, tra lavori e fidanzati diversi, è segnata. In una città (Vienna) datata (fine della grande guerra) ma senza tempo. Alla promessa di matrimonio arrivando quando è “spenta la dolce musica dell’ignoto”, l’uomo, il maschio, scoprendosi al meglio “bestia umile e grata”. Un racconto di formazione come una pratica di iniziazione, al peggio: il futuro fa male all’innocente adolescente.
Un primo romanzo – il primo probabilmente, 1925, “Fuga senza fine” verrà due anni dopo. Ma non incerto, anzi “di scrittura”. E già con un senso forte, preciso, della religione del Dio risorto, di cui Roth, ebreo di nascita, è il lettore più coinvolto del Novecento, delle architetture e le devozioni, la preghiera, i santi - più dei cattolici professi Bernanos e Mauriac. Per una sorta di romanzo di formazione al contrario: la ragazza sboccia perdendo il mondo con cui è cresciuta e che la protegge. Che si può leggere anche come un’allegoria personale, una sorta di autoritratto: del giovane galiziano, cresciuto cosmopolita, che la guerra rigetta estraneo tra gli estranei, non tedesco a Vienna, non  viennese in Germania, eccetera, con in più la condizione nuova di ebreo. Una sorta di allegoria, di vita a specchio, della società galiziana cosmopolita dissolta, dell’apolidia, benché di lingua e di sentimenti patriottici - lo specchio cieco.
Ma è un lettura ex post, da storia delle intenzioni rimosse, sicuramente non programmatica. Il racconto è di tessitura lieve, la giovane Fini delicata, la scrittura ricercata. Un autoritratto di genere rovesciato è più possibile nel generico, sulle aspettative e le età della vita. “Un tempo”, questa la sintesi a un certo punto (p. 117) che l’autore e il personaggio fanno, “come era in ansia il nostro cuore pulsante, la strada che percorrevamo era piena di segreti, le avventure ci tendevano imboscate a ogni svolta di ogni angolo di strada! Ora la nostra aspettativa è estinta, sui nostri pensieri un silenzio sconfinato, un paesaggio senza colline a nascondere le lontananze, conosciamo tutto, l’inizio e la fine, la pochezza dell’uomo, e l’amaro futuro davanti a noi”.
Ritradotto e presentato da Ginevra Quadrio Curzio, col testo originale a fronte – il racconto, tradotto da Beatrice Donier, era già edito nella collana Racconti d’autore, la serie settimanale ricchissima del “Sole 24 Ore” nel 2015-2016.
Joseph Roth, Lo specchio cieco, La Vita Felice, pp. 142 € 10,50


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