Il vuoto e il divino in me
“Atomi e vuoto e il divino in me” è l’epigrafe, Democrito e san Giovanni uniti
nella lotta. I due scritti del volumetto furono pubblicati nel 1939, come a
concludere la vita, oltre che l’attività pubblica, del filosofo, già da anni
precluso dall’insegnamento (provvisoriamente sospeso nel 1927, arrestato nel
1930, con la moglie, nel 1934 radiato dall’università dove insegnava, a Genova:
già socialista, e per questo in esilio in Svizzera per dieci anni, si era
avvicinato a uomini e idee del fascismo, ma ne fu presto deluso) – morirà due
anni dopo. Ma si rileggono come la sintesi migliore del suo pensiero, insieme
con “La filosofia dell’assurdo”.
Una difesa, e quindi un’esposizione autentica,
del proprio pensiero, più che una riflessione autonoma. Rensi rifà il suo
percorso intellettuale, e attua una “decostruzione”, si potrebbe dire,
anticipata del castello intellettuale dominante – idealistico, risolutivo. Dei
concetti che si tende ad assolutizzare: verità, bellezza, bene, male, giustizia,
ragione. E delle dialettiche sociali assolutorie: collettività\individuo,
maggioranza\minoranza, normalità\pazzia.
Giuseppe Rensi, Autobiografia (intellettuale) e testamento (famigliare), Mimesis, pp. 54
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