lunedì 24 agosto 2020

La natura è pericolosa

La natura non è maestra. La divinità secolare del Millennio non ha nulla da insegnare: tentare di vivere come natura comanda, immaginariamente poiché niente avviene senza l’artificio umano, non porterebbe al paradiso terrestre ma metterebbe a rischio la società, la salute, l’ambiente stesso. "Come la fede nella bontà della natura porta a mode dannose, leggi ingiuste e scienze errate”, è il sottotitolo.
Un trattato morale sul concetto di natura e naturale. Che sono “un’etica mercenaria che ognuno può prendere in prestito per combattere la sua causa”. Mentre ci vuole attenzione a trasformare l’“è” crudo della natura in un “dovrebbe” politico e religioso. Questo l’assunto fondamentale. Quasi un sermone, di uno storico delle religioni. Ma è vero che l’ecologia è un mercato, il più fiorente di tutti, e che l’ecobusiness si fa gioco della buona fede: naturale è la parola chiave per una serie si può dire interminabile di piccole e grandi truffe. E per gli spiriti semplici una lettura del mondo pericolosa, oltre che sbagliata.
Collaterali sono questioni comunque sensibili anche se non decisive. “Naturale” può essere privilegio di classe in tutti gli aspetti modaioli. P.es. dei borghesi che dicono innaturali i vaccini. Per non dire del “naturale” inteso come “indigeno” o “primitivo”, come nel caso della “nascita naturale”, della maternità senza l’ausilio di antidolorifici.
In generale, Levinovitz mette in guardia contro l’idea della natura maestra morale, un’idea poetica, di Wordsworth, Thoreau, Whitman, che hanno legato il piacere di vivere nella natura a una sorta di pedagogia naturale che fa l’uomo migliore e capace di prendere le decisioni migliori. È improprio e rischioso associare “naturale” e “buono”: “La naturalità è un continuo, e può essere molto difficile decidere dove qualcosa esiste in quel continuo”, si propone, regolamenta.  
Alan Levinovitz,
Natural: The Seductive Myth of Nature’s Goodness, Profile, pp. 272, ril. € 22,20

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