domenica 16 agosto 2020

Le fate positiviste di Sherlock Holmes

Il padre di Sherlock Holmes credeva alla fate. Come tutti un po’ in famiglia - il padre da ultimo anche nel manicomio - ma non è tutto. Massimo Introvigne e Michael W. Homer, che hanno curato la traduzione in italiano, una edizione Sugarco del 1992, la aprono maliziosi: “1917: la Madonna appare a Fatima, in Portogallo. Non viene fotografata. La stampa laica e positivista si chiede con gravità come sia possibile credere, in pieno secolo ventesimo, a questo genere di «superstizioni medievali» e denuncia il rischio di un ritorno ai «secoli bui». 1917: le fate appaiono a Conttingley, in Inghilterra. Vengono fotografate. La stampa laica e positivista – a partire dal noto «Strand Magazine» - le prende assolutamente sul serio”.
Un po’ come le teste di Modigliani, uno scherzo, ma molto meno verosimile. Di bambine pensose attorniate in foto da farfalle svolazzanti contro ogni legge prospettica. In pose copiate da un libro illustrato di successo per bambine, “Princess Mary’s Gift Book” - pubblicato dallo stesso editore di Conan Doyle, e con un suo scritto... Uno scherzo innocente, di due ragazze, due cugine, per mostrare alle madri inquiete il loro uso innocente delle scappatelle – lo scherzo sarà confermato dalle due cugine nei primi anni 1980. Ma non per Conan Doyle. Alla cui attenzione le foto furono portate da un parente delle ragazze, uno spiritista. Era il 1920, il creatore di Sherlock Holmes era al culmine della sua infatuazione spiritista, e delle fate svolazzanti fece saggi “scientifici” per lo “Strand Magazine”, il periodico nel quale era nato anche Sherlock Holmes: “Queste fotografie segneranno un’epoca nel pensiero umano”. Due lunghe trattazioni, subito poi confluite in questo libro.
Conan Doyle, scozzese di Edimburgo nato e cresciuto cattolico, a diciassette anni aveva optato per le “scienze positive”, seguendo in un primo momento i Mormoni. Poi, disturbato dalla poligamia, a ventisette anni entrava in una Loggia massonica di rito inglese, Rosacroce, e optava per lo teosofia e lo spiritismo: era il 1886, lo stesso anno in cui creava Sherlock Holmes, “Uno studio in rosso” – dello spiritismo sarà un missionario appassionato per quasi mezzo secolo, fino alla morte nel 1930.
L’edizione Introvigne-Homer è arricchita di numerose foto, delle due cugine con e senza le fate, e altre che furono pubblicate nel corso della polemica. Con il testo dell’intervista filmata Movietone a Conan Doyle per i cinegiornali Fox nel 1929, circa venti miniti, re-diffusa l’anno dopo alla morte del celebre scrittore. Il volume Sugarco riprende la trascrizione che il “New York Times” pubblicò il 26 maggio 1929, con l’elogio della capacità di Conan Doyle di “bucare lo schermo”, poi non più ripresa. “Quando parlo di questo soggetto”, dice fervoroso il positivista dello spiritismo, “non parlo di quello in cui credo e non parlo di quello che penso: parlo di quello che so”.
Arthur Conan Doyle, Il ritorno delle fate

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