Una drammatizzazione lieve delle canzoni
di Elsa Morante, pdel suonando salvato dai ragazzini del Sessantotto, più dette che rappresentate, con fondo musicale dal vivo –
semplice, chitarra, percussioni. Su uno scenario naturale. Su uno dei temi
morantiani, la felicità dei pochi, l’infelicità dei molti - la felicità degli
infelici molti, l’infelicità dei felici pochi, etc.
Il poema, che si vuole celebrazione
dello spirito lieve del movimento giovanile, libertario senza aculei (i “ragazzini”
sono gli F.P., i “felici pochi”, che Morante elegge nelle note a “sale della terra”, per essere “infine,
sempre, i veri rivoluzionari”) è in realtà strutturato, su forme e lemmi di
tipo alto, classico. “Un romanzo. Un memoriale. Un manifesto. Un folletto. Una
tragedia. Una commedia. Un madrigale. Un documentario a colori. Un fumetto. Una
chiave magica”, Morante si sforzò anche nella presentazione di caratterizzare
la raccolta con la lievità. Ma la sua scrittura è sempre letteraria, elevata –
perfino retorica in molti dei componimenti. Di Clemente le trova il tono
sbarazzino che era nei propositi con la rappresentazione svagata, senza
scena, quinte, entrate e uscite, costumi. Come la raccolta voleva essere.
La scenografia naturale dà come spontaneità
al teatro, che invece concepiamo come rappresentazione chiusa al chiuso, al buio, notturna. Perfino l’acustica è riuscita perfetta benché all’aperto,
degli interpreti finalmente non più microfonati, il suono naturale non si
disperde.
Maria Teresa Di Clemente,Felici tutti, Rifugio
Biancospino, Piani di Carmelia, Aspromonte
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