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Questa Francia del ‘18 sembra l’Italia
Un racconto appassionato e
spassionato, irridente, sul Nemico Interno, sulle violenze nelle trincee e alla
smobilitazione della Grande Guerra – siamo tra il 1918 e il 1920, il romanzo è
uscito nel 1914, per il Centenario. Scritto come un trattamentone da film (che
è stato realizzato, con lo stesso titolo, premio Cesar 2018 per l’adattamento -
e per la regia, di Albert Dupontel - non distribuito in Italia), scena dopo
scena. Pieno di bontà e di crudeltà. Concluso con un fuoco d’artificio. Alla
vigilia del 14 luglio, festa dei fuochi d’artificio in Francia: gli scandali
scoppiano in successione, con morti e resurrezioni.
Storie di avidità e di malizia. Dei
pescecani dopo la Grande Guerra, e degli sbandati. Tra Monumenti ai Caduti e grandi
Cimiteri Militari, big business. Dopo una guerra in cui i più, i milioni, sono
morti senza sapere il perché. E i sopravvissuti, tutti in qualche modo mutilati,
non “hanno altra ambizione che morire”. Con una morale sottesa tra pietà e
cinismo: anche la vittoria è una sconfitta – i dopoguerra possono essere feroci
anche per chi ha vinto.
Una scrittura non accurata, ma
redditizia. Lemaître si diverte ad arrotondare di parole lo scheletro del trattamentone,
ma lo fa leggero, avendo molto tempo – lo spazio non manca mai allo scrittore.
Sotto il mantello storico, cinematografico,
indignato, Lemaître resta scrittore di gialli, anzi di noir – la violenza fa aggio sulla sorpresa, e la fine è più o meno
prevedibile. Presentato come un romanzo storico, non lo è – mancano i fatti essenziali
di quegli anni, i tedeschi, o per esempio la spagnola.
La lettura in Italia solleva a
ondate un senso di già visto o letto. In Monicelli, “La grande guerra”, in
Malaparte, “La rivolta dei santi maledetti”, in Hemingway, la terribile “offensiva”
di comandi e carabinieri nella terribile ritirata di Caporetto, quanti ne
fecero fuori lì per lì dichiarando disertori i soldati semplici delle grandi
armate sconfitte. Il figlio geniale rifiutato dall’inflessibile padre, che ha
solo criterio gli affari, si chiama Edoardo, come in casa Agnelli. Con molto
humour “grasso” gallico, alla Brassens, alla Vian.
Pierre Lemaître, Arrivederci lassù, Oscar, pp. 475 € 17,50
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