Salgono sull’8 a viale Trastevere
tre albanesi, o zingari, giovani, un uomo e due donne, una delle quali, di
sguardo e portamento autorevoli, è incinta. L’8 è a Roma una “metropolitana di
superficie”, insomma un tram, che di solito è affollato, ma non a quest’ora, a
mezzogiorno. L’entrata dei tre allarma un gruppo di asiatici sulla parte
anteriore sopraelevata del tram, che vanno al loro commercio, ma niente di
più. Tutti sono puliti, vestiti con proprietà, di taglio e di colori.
L’albanese, o zingaro che sia, ha la camicia bianca e la cravatta. Gli
ambulanti asiatici tengono i loro oggetti, occhiali, bigiotteria, orologi, in
cartelle ripiegate a valigia. C’è l’aria condizionata, e c’è posto per tutti,
eccetto che per il vostro testimone e i tre albanesi, o zingari, compresa la
donna incinta, cui nessuno offre il posto, né lei lo cerca.
Si procede
nel cicaleccio di lingue ignote, nel rumore attutito della linea ferrata.
Finché dalla porta, prima della fermata, un signore robusto non intona la
litania: “Non mi toccare! Fai il furbo? Non ridere, io ti riconosco, sa’? La
gente come te non dovrebbe stare in libertà” eccetera. Avviandosi all’uscita,
si è sentito toccare dal giovane albanese\zingaro, e ha temuto il borseggio. Il
giovane sorride, l’incinta si avanza maestosa e interpella l’accusatore. Non si
capisce cosa dice, se non “incinta”, che ripete toccandosi il ventre, ma è
arrabbiata. L’accusatore si difende: “Cosa vuoi? Ma chi ti conosce? E guarda
negli occhi le persone quando ci parli”, e scende. La donna lo accompagna con
uno sprezzante, ben articolato: “Vaffanculo!”.
È un innesco.
Dalla predella anteriore gli asiatici avviano, a turno e in gruppo, una
filippica contro la donna. Non si capisce che dicono, ma il loro “vaffanculo”,
singolo e in gruppo, è scandito. La donna li fronteggia con voce sonoramente
vivace, anche se composta, di cui solo si afferrano un paio di “incinta”,
sottolineati dalla mano che batte sulla pancia. L’alterco dura fino alla
fermata successiva, a piazza Sonnino i tre albanesi\zingari scendono. Ha
l’ultima parola la giovane matrona, che si gira dal marciapiedi, e attraverso
la porta ancora aperta lancia l’ultimo “vaffanculo!”. Poi le porte lente si
richiudono, e si riparte.
Sul ponte
Garibaldi il tram sembra avere un’ulteriore esitazione – pare che il rollio faccia
vibrare i pilastri del ponte, come un reggimento che segnasse il passo, sono
stati fatti degli studi, se non sono ubbie da colonnello in pensione, sui tram
si sente dire di tutto. Tre degli asiatici si
preparano a scendere al ministero con le loro cartelle. E una
conversazione ravvicinata sale progressivamente di tono. Un signore baffuto in
età ha ripreso il discorso: “Io voglio essere padrone a casa mia. Tutti
vogliono essere padroni a casa loro, è un diritto”. Si rivolge a una ragazza
seduta accanto alla porta, che a lungo ha guardato intenta, senza alzarsi, la
donna incinta. Sembrano padre e figlia, o zio e nipote, c’è familiarità tra i
due. La ragazza dice qualcosa, che non si ode, il baffuto tuona: “Io non dico
che non ci sia spazio per tutti, ma a casa mia comando io. Sarò felice di
ospitarvi, ma a casa mia comando io”, eccetera. L’8 intanto è arrivato
all’Argentina, e i due se ne vanno separatamente senza salutarsi. Il “Fanculo
pensiero”, prima che del comico Grillo, è di autore croato. È residuo quindi
del comunismo. Potrebbe essere di disappunto, per quello che non è stato. O di
rabbia, una reazione a quello che è stato?Ma non c’è
tempo per pensarci, l’H arriva, che va a Termini ed è coincidenza rara, sul
marciapiedi di palazzo Caetani. Arriva ma non apre le porte. E anzi riparte nel
mentre che il vostro testimone giunge trafelato davanti alla porta. Il
“vaffanculo!” all’indirizzo dell’autista dev’essere stato sonoro, si sa che
gli autisti dell’Atac sono stronzi e vi chiudono le porte in faccia, tanto che
lo stesso autobus sussulta, mentre si ferma. È un lungo momento, l’autista
apre la porta, ma potrebbe essere un invito al litigio che conviene evitare,
poi lento riparte, dopo avere imbarcato una ragazza, che ha problemi coi tacchi.
È che non c’è fermata in quel luogo dell’H, la palina non la segna - l’H è uno
di quei bus che saltano una fermata su due, o due su tre, dipende, l’Atac non
organizza le fermate per favorire le coincidenze.
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