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Camilleri novelliere
L’innocenza vince nel primo
racconto. Nelle forme estreme: la ragazza orfana e ingenua, il ragazzo che ha
bisogno del “sostegno”. C’è chi scommette su di essa, e ne organizza lo
sfruttamento, ma non c’è partita: i semplici vincono.
Alla Don Camillo e Peppone il
secondo. Con un Camilleri che tradisce sbadato le professioni di fede
politicamente corrette: l’“opposizione” trinariciuta non ci fa bella figura
– invoca pratiche magiche, si affida al vescovo.
Camilleri prova, nella raccolta
da cui i due racconti sono tratti, “Le vichinghe volanti e altre storie d’amore
di Vigata”, tutte le corde della tradizione novellistica.
Vale quanto questo sito
evidenziava all’uscita della raccolta nel 2015: “L’affabulazione
viene meglio a Camilleri in dialetto, rispetto a quella su temi analoghi finora
esercitata in lingua nei romanzetti di costume. Con un effetto doppio. Il
rinvio indiretto, il dialetto risuonando come un arcaismo, al Tre-Quattrocento,
quando la narrazione non aveva messo le mutande, e il toscano-volgare era
ancora dialettale. E la costituzione, attorno all’aneddoto lubrico, di un
piccolo mondo chiuso, di caratteri diversi e quindi interessanti benché di vite
inutili”.
Andrea Camilleri, L’asta
I
fantasmi,
la Repubblica, gratuiti col quotidiano
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