martedì 29 settembre 2020

Evaso da Auschwitz, liquidato da Stalin

Nella primavera del 1940 si hanno notizie nella Resistenza polacca dell’avvio di un campo di lavoro forzato nazista a Auschwitz. Dove vengno fatti confluire lavoratori dei paesi occupati, principalmente da Francia, Polonia e Cecoslovacchi, e ebrei di ogni condizione, età e genere, dagli stessi paesi. Witold Pilecki ha l’idea di farsi rinchiudere a Auschwitz per organizzarvi la Resistenza. È un tenente dell’esercito polacco, che lavora nella Resistenza dopo la disfatta. Il progetto è approvato, e Pilecki fa in modo di farsi arrestare dalla Gestapo e rinchiudere a Auschwitz.
È il settembre del 1940. Sei mesi dopo un suo primo rapporto è inoltrato a Londra, al governo polacco in esilio. Che lo gira al governo britannico, Che lo giudica “esagerato”.
È Ian Karski che porta questa e altre testimonianze della realtà dei lager di Htler, non creduto, a Londra e poi anche a Washington, come ha raccontato in dettaglio nel suo libro di memorie. Pilecki rimase a Auschwitz fino al 26 aprile 1943, quasi tre anni. Quella notte riuscì a evadere. Scrisse un rapporto dettagliato su Auschwitz, che mandò a Londra. Al governo polacco in esilio e quindi al governo britannico. Anche questa volta senza esito.   
Della serie Terzo Reich, tornato in voga col nazismo privato nel Millennio - con le “assaggiatrici
 di Rosella Postorino e l’americano V.S .Alexander, e altre familiarità di Hitler, la nipote, la fotografia, il cane, la fidanzata, la bambina, la spia, la voce (P. Handke), “Le benevole” di Littell, etc.. Ma questa particolare ripresa, dopo la riproposta delle memorie di Karski, è parte della storia dello sterminio. Che a lungo non fu parte della guerra.

L’obbrobrio del nemico è parte della guerra, e a un certo punto la resa incondizionata e la colpa collettiva emersero. Non lo sterminio, che pure si sapeva atroce, non c’era bisogno d’inventarlo o simularlo. Ci fu più di un rapporto di Pilecki da Auschwitz – che Karski portò a Londra. Se ne parlava. Anne Frank lo seppe dalla Bbc il 9 ottobre 1942: “La radio inglese parla di camere a gas”. Le Nazioni Unite lo dettagliarono a dicembre. Il “New York Times” ne aveva riferito il 30 giugno e il 2 luglio. Ma non si prendevano contromisure.
Nelly Sachs sapeva nell’esilio a Stoccolma, nel ‘43, quando scrisse “il tuo corpo è fumo nell’aria”, l’epicedio per il “fidanzato morto”, il giovane che mai la amò. Malaparte, ospite gradito a Varsavia del Re tedesco di Polonia Hans Frank, lo diceva e lo scrisse nel ‘43, degli ebrei morti in massa, dentro e fuori del ghetto, per fame, forca, mitra, e dei vagoni piombati, delle ragazze ristrette nei postriboli. A fine ‘43 circola in Svizzera un “Manuale del maggiore polacco”: Jerzy Tabeau, uno studente di medicina, evaso da Auschwitz, vi stima in mezzo milione gli ebrei già eliminati nei lager. Ma la consegna è del silenzio: i russi, che libereranno Auschwitz a gennaio del ’45, ne parlano a maggio, senza menzionare gli ebrei. È che il disprezzo dell’ebreo è un fatto, prima di Hitler, e durante.
Pilecki reintegrò le fila della Resistenza, partecipando nell’agosto-settembre 1944 alla rivolta di Varsavia. Finita la guerra, a maggio del 1945 fu inviato in Italia, tra i collaboratori del generale Anders. Incarico che presto lasciò per partecipare in Polonia alla formazione della Resistenza antirussa. Si infitrò nei servizi di sicurezza di Stalin e mandò vari rapporti al suo governo. Che a un certo punto, temendo che si fosse esposto troppo, gli ordinò di tornare in Italia. Pilecki, che ora aveva in Polonia moglie e due figli, chiese di restarvi. Arrestato dal Kgb, fu ucciso con un colpo di pistola alla nuca il 25 maggio 1948. Il divieto di parlarne fu totale, compresi i familiari, fino al 1989.
Jack Fairweather, Volontario ad Auschwitz, Newton Compton, pp. 416 € 9,90

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