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Il mondo com'è (409)
astolfo
Francesco Misiano – Un Misiano è
condannato (provvisoriamente) a Varese per ‘ndrangheta. È inevitabile per un
calabrese che faccia politica fuori, c’è sempre un parente vicino o lontano con
carichi pendenti che l’opposizione possa far valere. Ma il Misiano di
Varese-Malpensa è di Fratelli d’Italia, mentre Misiano ricorre in Calabria a
sinistra, anche estrema. Sull’orma di Francesco
Misiano, socialista, fondatore del partito Comunista d’Italia, e poi da
Mosca anima del Comintern, la Terza
Internazionale, 1913-1943, quella di Stalin per intendersi. A capo dell’attivissima
sezione Propaganda, in anni di successi, 1920-1930, sotto la supervisione di
Willi Münzenberg: Misiano è il suo braccio destro soprattutto per il cinema, e
quindi a contatto con le stelle russe ma anche americane.
Nativo
di Ardore in provincia di Reggio Calabria, fu presto socialista, a Napoli, dove
si era trasferito da impiegato delle Ferrovie. Dapprima massone, poi socialista
non più massone. Richiamato in guerra, benché in età, era nato del 1884, si diede
disertore. Rifugiandosi in Svizzera (a Zurigo incontra un altro calabrese celebre
disertore, l’ingegnere e poeta Bruno Misefari, l’“Anarchico di Calabria”).
Fermato anche in Svizzera, su richiesta italiana, si diresse in Russia, non
ancora sovietizzata. Nel viaggio fece tappa a Monaco di Baviera, dove si legò
al movimento della Lega di Spartaco – per essa fece propaganda tra i prigionieri
di guerra italiani.
Riemerge
a Belino a fine guerra, a fine 1918 nella fallita Novemberrevolution di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, il
movimento degli spartachisti. Distinguendosi ai primi di gennaio 1919 nella
difesa per sei giorni della sede del giornale socialista “Vorwärts” assediata
dai Freikorps, i gruppi paramilitari di destra. Arrestato di nuovo, per
sovversivismo, fu condannato a dieci mesi, rinchiuso nel carcere di Moabit. Ma
riebbe la libertà per l’intervento del partito Socialista italiano.
A
novembre del 1919 il Psi lo candidò a Napoli e Torino, dove nel 1914 si era recato
da Napoli per svolgervi attività sindacale. Fu eletto in entrambi i collegi. Nelle
due città sarà ricandidato dal Pcd’I nell’elezione del maggio 1921, risultando
eletto a Torino, mentre a Napoli il Pcd’I non superò lo sbarramento.
Nell’agosto 1920 era stato a Fiume, al fianco della “classe operaia fiumana” contro
D’Annunzio, che lo aveva fatto oggetto di un bando di proscrizione, pena la
morte.
Al
XVIImo congresso del partito Socialista era stato per la scissione, e alla fondazione
del Pcd’I venne nominato al Comitato
Centrale in rappresentanza dei massimalisti, quindi candidato parlamentare
nelle due circoscrizioni chiave dell’operaismo, Napoli e Torino.
A fine 1921, bersaglio dei fascisti come
simbolo del disfattismo in guerra e nell’azione politica, e dopo la condanna a
dieci anni del Tribunale di Palermo per diserzione in guerra, perse il mandato
parlamentare e si rifugiò a Berlino e poi in Urss, lavorando al Comintern. Quindi
al Comitato internazionale di Soccorso all’Unione Sovietica, preliminare al Soccorso
Operaio Internazionale, Soi, fondato a Berlino il 12 agosto 1921 da Willi Münzenberg. Che presto si trasformò, da organismo di aiuto alle popolazioni russe in
organismo di soccorso alle lotte operaie fuori dall’Urss, agli scioperi, alle
manifestazioni. Con molte pubblicazioni, anche di grande diffusione, molti film,
convegni, proteste. Un’organizzazione complessa della Terza Internazionale o
Comintern. la più, “internazionalista” di tutte: riuscì a mobilitare il consenso
di una vastissima élite intellettuale
in Occidente, Rolland, Barbusse, Dos Passos, Upton Sinclair, Freud, Nehru, e i tantissimi
tedeschi anti-Hitler – eccetto Thomas Mann. Willi Münzenberg lo fa prima
direttore e poi presidente della Mezrabpom-Rus, la più importante casa di
produzione cinematografica sovietica degli anni 1920. Attivissima, con decine
di film storici, sentimentali, comici, di fantascienza (il primissinìmo,
“Aelita”, 1924, di Serghej Protozanov, uno dei creatori della stessa
Mezrabpom-Rus, nello stesso 1924)), il primo sonoro russo, “Il cammino verso la
vita”, di Nikolaj Ekk, i capolavori di Pudovkin, “La madre”, “La fine di San
Pietroburgo”, “Tempesta sull’Asia”. Con una rappresentanza a Berlino, la Prometheus
Film Ag, casa di produzione e di distribuzione - e uffici a Düsseldorf,
Amburgo, Monaco e Lipsia. A Berlino Misiano produce il cinema proletario tedesco,
di Brecht, Joris Ivens, Piel Jutzi, mentre distribuisce il cinema sovietico –
il 29 aprile 1926 organizza la prima mondiale della “Corazzata Potemkin” di Ejzenstein.
Nell’ambiente
semilibero creato nei primi anni 1920 dalla Nep, la Nuova Economia Politica,
specialmente aperto – come ora avviene nella Cina comunista - con gli Usa, Misiano riuscì perfino a “fare un
film” con Mary Pickford all’apice del successo: la invitò in Unione Sovietica
nel luglio 1926, lei, “la fidanzata d’America”, con Douglas Fairbanks jr.
“ambasciatore di Hollywood nel mondo”, facendo seguire la coppia da uno stuolo
di cineoperatori, nel delirio del pubblico, le cui riprese non finirono nei
cinegiornali ma nel film, un po’ rubato, “Il Bacio (di Mary Pickford)”, di Serghej
Komarov.
Dopo
il 1933 Misiano rinforzò la sua casa di produzione con i fuoriusciti tedeschi,
Erwin Piscator, Hans Richter, Bèla Balàzs. Ma presto morì, a Ferragosto del
1936, quando Stalin scatenava le grandi “purghe” della dirigenza sovietica, di 52 anni.
Nel
1927-28 aveva diretto la rivista “Faschismus”, che si pubblicava a Berlino e
Francoforte, con lo pseudonimo Martino. In contatto fra i tanti intellettuali
anche con Nitti, eletto “compagno di viaggio”. In movimento continuo fra Germania,
Belgio, Francia, Olanda, Inghilterra, per cerimonie antifasciste e promozioni commercial-politiche.
In rapporti sempre combattivi col partito italiano, ma ospitale con i fuoriusciti
a Mosca - finché gli stranieri, benché compagni, non vennero in sospetto a
Mosca. Sempre legato alle vicende italiane, nei primi anni 1920, con Terracini
e altri corrispondenti. Ma con difficoltà. Nel 1922 aveva accompagnato un convoglio
italiano di aiuti umanitari agli affamati del Volga, a Tsarytsin (Stalingrado).
Per tale accompagnamento fu poi processato
da Pcd’I, come profittatore a vantaggio dei fuoriusciti italiani a spese dei
russi affamati. La commissione d’inchiesta (Terracini, Tasca, Grieco) lo
riterrà responsabile del disordine organizzativo della missione a Tasrytsin. La
sentenza del Pcd’I, trasmessa a Mosca e al Soi, non ebbe effetto, Münzenberg ne
fece anzi il suo braccio destro, sempre lodandolo presso i centri politici, in
pratica il suo sostituto. Il partito italiano non mancò naturalmente, poco
prima della morte, in obbedienza a Stalin, di accusarlo di “trockismo”, inquisitore il solito Grieco
dei tanti guai di Gramsci.
Misiano
morirà classificato tra gli “antipartito”, dopo una dura serie di condanne
politiche per due lunghi anni. Poco prima di morire arriverà, protestandosi buon comunista col capo dell’Internazionale
Dimitrov, a proporsi, in segno della sua buonafede, come inviato
dell’Internazionale in Abissinia, contro gli italiani.
La
sua memoria è del tutto trascurata. Ricordato in Germania per i suoi interventi
a favore degli oppositori a Hitler, ma da subito trascurato dal movimento comunista.
Per il partito Comunista italiano solo molti mesi dopo la morte uscì un necrologio
su “Il Grido del popolo”, 10 aprile 1937, scritto da Giuseppe Berti su sollecitazione
di Togliatti – in cui non si faceva menzione del suo lavoro al Soi. Nel dopoguerra
furono vane le sollecitazioni al Pci della vedova Maria e delle figlie Carolina
e Ornella. La memoria di Misiano riemerse solo a opera di Helmut Liebknecht, il
figlio di Karl, emigrato nell’Urss, e di Juri Friedman, un vecchio
collaboratore del Soi sfuggito alle purghe moscovite, ai quali si sono dovute.
negli anni 1960. le sole testimonianze su Misiano - lamentando peraltro la
“assenza di qualsiasi ricerca storica sulla sua figura”.
In
Italia lo aveva ricordato solo Mario La Cava, lo scrittore di Bovalino a 5 km da
Ardore, ne “I fatti di Casignana”. Lo ricorderà Spriano di sfuggita nella
“Storia del Pci”, e poi nient’altro. Se si eccettua, nel 1972, la biografia agiografica
di Franca Pieroni Bortolotti, “Francesco Misiano. Vita di un
internazionalista”, Editori Riuniti. E nel 1996 l’intervento di Claudio Natoli,
“Francesco Misiano e il Soccorso Operaio Internazionale”, al convegno “Tra
Berlino e Mosca. Francesco Misiano,
l’italiano che inventò il cinema di Soviet”, organizzato dall’Elart e dal
Goethe Institut Roma, 11 novembre 1996. Ha ora una lunga voce nel “Dizionario
biografico degli Italiani” della Treccani, al volume 75, scritta da Giuseppe
Masi.
astolfo@antiit.eu
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