skip to main |
skip to sidebar
Il Sud Europa trae pochi benefici dall’euro
Un miracolo di generosità e
onestà – e un caso rincuorante di buona vecchia politica, che non ha paura
degli isterismi alla “signora mia!” (“Pietà non l’è morta”, non ancora, in qualche
posto dell’Europa, anche se, certo, bisogna rifarsi ai canti della Resistenza, semi-clandestini).
Un appello aggiornato alla solidarietà europea per la ricostruzione dopo il crollo
del 2020. Un appello del presidente della Banca centrale d’Olanda. Argomentato
e appassionato. Contro l’apparente logica dei “frugali”, Olanda compresa, che recalcitrano
ai vincoli di solidarietà.
Il cinquantenne governatore, a capo
della banca centrale da dieci anni, forse l’ultimo socialista, spiega a lungo,
sornione e documentato, con foto e diagrammi, come le economie con conti
pubblici forti alla nascita dell’euro vent’anni fa, compresa l’olandese, si
sono avvantaggiate dell’euro. Mentre per le economie allora indebitate, come
quella italiana, il cambio rigido ha implicato degli svantaggi. Di costo
unitario del debito comparativamente aggravato. E di produttività comparata necessariamente
arrancante, non potendosi più giovare dell’adeguamento del cambio – Klaas dice “molti svantaggi”. Per questo
motivo, sottintende, se non per un moto di solidarietà, conviene “emergere dalla
crisi più forti insieme”, il titolo che ha voluto dare alla alla cosiddetta lectio HG Schoo, la conferenza annuale
che si tiene a Amsterdam in memoria del pedagogista e giornalista Hendrik Jan Schoo ai primi di settembre, per la riapertura del Parlamento.
Il primo ausilio visivo che Knot mostra
è la nave dei migranti. Il secondo è un grafico dei benefici annui dell’euro
per ogni paese: si parte dal Lussemburgo, con 20 mila euro, poi l’Irlanda, con
15 mila, e poi Olanda, Belgio, Austria, Danimarca “tra 6.000 e 10.000 euro ogni
anno” – per l’Italia si scende sui 2-3.000. “Anche se mettiamo nel conto il
contributo olandese al bilancio europeo, ci sono ancora vantaggi
sostanziosi di benessere per l’Olanda”. Moltiplicati dal cambio: un euro è nato
come duemila lire, e pari a un fiorino, mentre prima dell’euro ci volevano due, tre e
anche sei fiorini per mille lire. Un anti-euro non saprebbe dire meglio, ma Knot
sa farne un punto di forza pro-Europa.
I paesi del Sud Europa hanno troppo
debito – è il quarto grafico? Ce l’avevano prima dell’euro, e per quanto abbiano
rimediato con sacrifici (le cosiddette riforme, e per l’Italia un bilancio
primario, al netto degli interessi sul
debito, ogni anno da quasi trent’anni in attivo) sono sempre in difficoltà. D’altra
parte, spiega sorridendo, “gli italiani hanno una bella espressione per questo:
«se mia nonna avesse le ruote, sarebbe una carriola»” - in italiano. La realtà è
questa e bisogna fronteggiarla al meglio – bisognava ridurre il debito prima
dell’euro.
Al centro della presentazione il
quinto sussidio visivo: la copertina del settimanale “EW-Elsevier Magazine” (il
settimanale che Schoo portò al successo…) di fine maggio, che fece scandalo in
Italia, “Non un centesimo in più per l’Europa meridionale!”, con la coppia
olandese che fatica e quella italiana sdraiata al sole all’ora dell’aperitivo. Che
Knot presenta con questo commento: “L’Europa meridionale trae relativamente
poco beneficio dall’euro”. Non c’è ragione al risentimento: “Se mettiamo in
dubbio l’etica del lavoro degli italiani, un paese dove il lavoratore medio
lavora quasi 300 ore all’anno in più dell’olandese”, la deriva è pericolosa per
gli stessi olandesi.
Knot va più in là. Paesi come Grecia
e Italia hanno un debito talmente elevato che un Recovery Fund non basta.
Bisogna o eliminare (consolidare) il debito di questi Paesi, oppure rendere il Recovery
Find europeo permanente. Una proposta sensata, e perfino necessaria, per la interconnessione tra le economie, per esempio tra tra la meccanica e la chimica italiane e quelle tedesche, ma oggi
utopica.
Knot non è quello che si dice una
colomba. Alla Bce è fra i consiglieri più critici della politica di Draghi, e
ora di Lagarde, dei programmi di acquisto senza limiti delle obbligazioni di Stato. Perché non è una soluzione, o un metodo per avviare una soluzione, ma un intervento fine a se stesso. Ma di più teme lo stallo europeo nella crisi.
Disponibile in inglese sul sito
della Banca centrale olandese – con traduzione simultanea in italiano.
Nessun commento:
Posta un commento