venerdì 18 settembre 2020

La colpa è dell’Europa

L’Europa era smarrita già un secolo fa. Non solo in Musil, un po’ ovunque, a seguito della Grande Guerra, così stupida e così bestiale. Ma Musil va più in là: “Tre saggi sull’illusorietà della razza e della nazione” è il sottotitolo. Aveva capito già nei primi anni 1920 che che anche il razzismo andava a distruggere l’Europa.
Musil fu in guerra, a Bolzano, redattore della “Soldaten Zeitung”. Di famiglia nobilitata per il patriottismo - con titolo, Edler, nobile, ancora negli anni di questi saggi utilizzato da Robert. Un patriota, insomma. Funzionario per un paio d’anni dopo la guerra al ministero degli Esteri a Vienna, quindi consigliere governativo, per altri due anni, per gli affari militari. Ma aveva i suoi dubbi, e tra il 1919 e il 1923 li espresse negli scritti qui raccolti – insieme con l’incompiuto “L’uomo tedesco come sintomo”. Tre saggi. Oltre quello del titolo, “Spirito ed esperienza” e “La nazione come ideale e come realtà”.
Un dibattito Musil apre sul nazionalismo, allora all’ombra dell’annosa dialettica tedesca fra Kultur e Zivilisation, che oggi è ampiamente superato – approfondito, svelato (a partire dal diverso significato in tedesco della parola “civiltà”…). Per non dire dell’affannosa ricerca, in ambito austro-tedesco dopo la sconfitta, di colpe o debolezze esogene. Più interessante, coevo o prodromo di molta ricerca filosofica, da Heidegger in qua, è la sua nozione – “teorema” nel linguaggio dell’ingegner Musil – della “assenza di forma” della natura, della specie, della stessa specie umana: “L’esperienza della guerra ha verificato in un immane esperimento di massa che l’uomo può senza sforzo toccare un estremo e tornare indietro senza mutare nella sua essenza. Muta, ma non muta in  sé”. Un involucro da riempire. O della storia da fare.
Con qualche stonatura: “Storico è tutto ciò che non si farà mai da sé. Il suo contrario è ciò che vive”. Vive nel tempo minimo, incalcolabile, invisibile, della vita di ogni essere o in quello della storia? Ma è vero, la storia andando per pezze d’appoggio, che “della cosa nella sua interezza si dà solo il fenomenico: un certo tipo di edifici, di poesie, di sculture, di azioni, di eventi, di forme di vita e il loro evidente essere in stretti rapporti e in mutua appartenenza”. Il resto – la realtà – è indefinitezza.
Si prenda la “specie”, che sembra nozione definibile, circoscrivibile: “La botanica, per esempio, distingue in una porzione di terra così esigua come la Bassa Austria all’incirca tremila forme di rosa selvatica e non sa se queste debbano essere ricondotte in trenta o trecento specie”. E l’uomo? “L’uomo dal 1914 è risultato essere una massa sorprendentemente più malleabile di quanto comunemente ci si attendesse”, per usare un eufemismo. L’illuminismo ci ha illusi, l’idealismo è costruzione arbitraria.
Una riflessione molto datata, anche geograficamente: a Vienna, alla fine dell’impero. Che esso stesso ha provocato, un omicidio-suicidio. Ma un luogo e un tempo dove, curiosamente, i problemi che essi hanno provocato sono addossati al mondo, all’umanità, all’Europa.
La traduzione è a fronte del testo tedesco. Il tutto a cura di Alessandro Ottaviani, lo storico della scienza e della filosofia.
Robert Musil, L’Europa smarrita, Meltemi, pp. 318 € 20

Nessun commento:

Posta un commento