La colpa è dell’Europa
L’Europa era smarrita già un
secolo fa. Non solo in Musil, un po’ ovunque, a seguito della Grande Guerra,
così stupida e così bestiale. Ma Musil va più in là: “Tre saggi sull’illusorietà
della razza e della nazione” è il sottotitolo. Aveva capito già nei primi anni
1920 che che anche il razzismo andava a distruggere l’Europa.
Musil fu in guerra, a Bolzano,
redattore della “Soldaten Zeitung”. Di famiglia nobilitata per il patriottismo
- con titolo, Edler, nobile, ancora
negli anni di questi saggi utilizzato da Robert. Un patriota, insomma. Funzionario
per un paio d’anni dopo la guerra al ministero degli Esteri a Vienna, quindi
consigliere governativo, per altri due anni, per gli affari militari. Ma aveva
i suoi dubbi, e tra il 1919 e il 1923 li espresse negli scritti qui raccolti –
insieme con l’incompiuto “L’uomo tedesco come sintomo”. Tre saggi. Oltre quello
del titolo, “Spirito ed esperienza” e “La nazione come ideale e come realtà”.
Un dibattito Musil apre sul
nazionalismo, allora all’ombra dell’annosa dialettica tedesca fra Kultur e Zivilisation,
che oggi è ampiamente superato – approfondito, svelato (a partire dal diverso significato
in tedesco della parola “civiltà”…). Per non dire dell’affannosa ricerca, in
ambito austro-tedesco dopo la sconfitta, di colpe o debolezze esogene. Più
interessante, coevo o prodromo di molta ricerca filosofica, da Heidegger in
qua, è la sua nozione – “teorema” nel linguaggio dell’ingegner Musil – della
“assenza di forma” della natura, della specie, della stessa specie umana: “L’esperienza della guerra ha verificato in un immane
esperimento di massa che l’uomo può senza sforzo toccare un estremo e tornare
indietro senza mutare nella sua essenza. Muta, ma non muta in sé”. Un
involucro da riempire. O della storia da fare.
Con qualche stonatura: “Storico è tutto ciò che non si farà mai da sé. Il suo contrario è
ciò che vive”.
Vive nel tempo minimo, incalcolabile, invisibile, della vita di ogni essere o
in quello della storia? Ma è vero, la storia andando per pezze d’appoggio, che “della cosa nella sua interezza si dà solo il
fenomenico: un certo tipo di edifici, di poesie, di sculture, di azioni, di
eventi, di forme di vita e il loro evidente essere in stretti rapporti e in
mutua appartenenza”. Il resto – la realtà – è indefinitezza.
Si prenda la “specie”, che sembra nozione definibile, circoscrivibile:
“La botanica, per esempio, distingue in una porzione di terra così esigua come
la Bassa Austria all’incirca tremila forme di rosa selvatica e non sa se queste
debbano essere ricondotte in trenta o trecento specie”. E l’uomo? “L’uomo dal
1914 è risultato essere una massa sorprendentemente più malleabile di quanto
comunemente ci si attendesse”, per usare un eufemismo. L’illuminismo ci ha illusi,
l’idealismo è costruzione arbitraria.
Una riflessione molto datata, anche geograficamente: a Vienna,
alla fine dell’impero. Che esso stesso ha provocato, un omicidio-suicidio. Ma un luogo e un tempo
dove, curiosamente, i problemi che essi hanno provocato sono addossati al
mondo, all’umanità, all’Europa.
La traduzione è a fronte del testo
tedesco. Il tutto a cura di Alessandro Ottaviani, lo storico della scienza e
della filosofia.
Robert Musil, L’Europa smarrita, Meltemi, pp. 318 € 20
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