Letture - 434
letterautore
Capuana – Della famiglia
dei notabili di Minèo in provincia di Catania, appassionato e inventivo
fotografo, come sarà Zola in Francia, le prime macchine fotografiche
costruendosi da sé, giovane unitario e garibadino, animatore dopo l’unità del
caffè fiorentino dell’epoca, il caffè Michelangelo, con Telemaco Signorini, Aleardi,
Prati, Capponi, Nencioni, critico teatrale della “Nazione”, quindi di nuovo a
Minèo, ispettore scolastico, sindaco, animatore, poi a Milano, chiamato da
Verga, critico letterario e teatrale del “Corriere della sera”, andando e
tornando da Minèo per sfuggire l’inverno milanese, che il suo fisico non sopporta,
viaggi di due e re giorni, quindi a Roma direttore del “Fanfulla della
domenica”, supplemento letterario, dove pubblica per primo Pirandello, che personalmente
ha indirizzato dalla giovanile vocazione di poeta alla prosa, mediatore di Zola
in Italia, che invita a Roma nel 1895, facendolo incontrare con Verga, infine
di nuovo in Sicilia, professore di Stilistica all’università di Catania,
scrittore di molti romanzi, dalla vena arguta per ragazzi e adulti, fu costante
amante della giovane serva di famiglia, Beppa Sansone, alla quale scriveva
lettere appassionate in dialetto, che l’amico d’infanzia Corrado Guzzanti (un
bisavolo?) le leggeva, e con la quale fece una mezza dozzina di figli, che
lasciava in orfanotrofio, a Caltagirone.
A 69 anni, sette prima di morire, sposerà – testimone Verga - Adelaide
Bernardini, che undici anni prima, ventenne e col morbo di scrivere, aveva
tentato il suicidio, e Capuana impietosito aveva preso come bibliotecaria.
Cognomi – Il catalogo è fisso, non ce ne sono più di
nuovi. In tutte le specie di formazioni note – che possiamo sintetizzare con
Bonaviri in un suo excursus sui soprannomi (prefazione a Luigi Capuana,
“Scurpiddu”, ed. Bur): “Un po’ tutti i cognomi (che danno origine alla scienza
dell’antroponimìa),derivano da soprannomi indicanti un carattere corporeo, o un
aspetto morale del portatore; o possono avere anche estrazione etnica o
religiosa; o possono nascere da toponimi, o nomi di regioni e città; o, infine,
riportano nomi dei genitori (patronimici e matronimici).
Non ci sono più soprannomi, e quindi non ci
sono cognomi nuovi? O il catalogo è fisso da quando è stata creata l’anagrafe?
Umberto Eco – Non ha un
solo riferimento tedesco. Ha scritto tanto, narrativa, filosofia, giornalismo
ma senza mai un riferimento alla onnipresente Kultur tedesca. Kant nel
titolo dei saggi filosofici, in cui contesta, di striscio, Heidegger, ponendo
il problema del realismo. Nemmeno di Marx fa il nome, pur professando politicamente
la Sinistra, e anche trinariciuto sotto l’arguzia, con i tanti “manifesti” di
protesta. Non ha in riferimento tedesco quindi di proposito.
Gary-Malaparte – Alcuni
capitoli di “Educazione europea” ,
il romanzo d’esordio, hanno un flair distintamente
“malapartiano” – alla Malaparte di “Kaputt”, del realismo irreale. Due in
particolare, sul finale, aggiunti alla storia: il 29, dei tedeschi congelati, e
il 31, dei corvi, tedeschi e russi, che
filosofeggiano sui cadaveri. Il
sarcasmo sulla guerra era nell’aria? Gary era un poliglotta. Fra gli pseudonimi
adottati per i primi romanzi c’ anche un Fosco Sinibaldi. Pilota dell’aviazione
francese (col grado di caporale, non essendo un francese etnico), nel 1940
aveva raggiunto Londra per unirsi a De Gaulle. Fu pilota combattente in molte
missioni, anche contro obiettivi italiani, e finì la guerra col grado, nel
marzo 1945, di capitano. A gennaio aveva visto “Educazione europea”, il romanzo
della resistenza polacca – anche ai russi - pubblicato in Francia. Dove
Malaparte era autore apprezzato - aveva scritto anche in francese.
La scrittura di “Kaputt” Malaparte
data da agosto 1941 (Pessianka, in Ucraina) al settembre 1943 (Capri). Il libro
fu pubblicato a Napoli, da Casella, nel settembre 1944, con successo: ebbe più
edizioni , la seconda reca un finito di stampare il 15 febbraio 1945. Preceduto
nel 1943 da “Il Volga nasce in Europa”, narrazione della guerra sugli stessi
temi che poi saranno di “Kaputt”.
Gotico – “È un
divertimento, non una necessità” - Sartre in Italia, a Venezia specialmente
(“La regina Albemarle o l’ultimo turista”).
Joyce – Dannunziano lo
dice Eco, con Richard Ellmann – come non averci pensato? Eco lo dice
concionando su fuoco e fianna al festival La Milanesiana nel 2008 (ora in
“Costruire il nemico”), con citazioni. “Ispirato proprio dal «Fuoco» d
annunziano, che aveva letto e amato, ecco il massimo teorico dell’epifania,
James Joyce”. “Per epifania intendeva Stefano una improvvisa manifestazione
spirituale”, «Stephen Hero»”, Eco ricorda. E ancora: “La parola ‘fuoco’ ritorna
nel «Portrait» 59 volte, ‘fiamma’ e ‘fiammeggiante’ 35 volte, per non dire di
termini associati come ‘radiosità’ o ‘splendore’”. Analoghe dice ancora le
sensazioni per la Foscarina e Stelio Effrena, e per Stephen Dedalus, con
citazioni da “Il fuoco” e dal “Portrait”.
Pirandello – Diventa
narratore in età, dopo un’adolescenza e una prima giovinezza da poeta. A venticinque
ani, quando viene presentato a Capuana, che ne legge i componimenti e, senza
criticarlo, gli consiglia la prosa.
Due anni dopo, alle nozze Piandello-Portulano Capuana presenta in
dono la plaquette di poesie “Istantanee” – era un fotografo appassionato
e capace.
Romanzo – “Il genere della
totalità che moltiplica il senso della vita”, W. Pedullà, “Il pallone di
stoffa”, 71.
Tintoretto – “Un regista
moderno” lo vuole Sartre in vacanza a Venezia nel settembre 1951. Nelle
lunghissime note su Venezia, quasi un libro “La regina Albemarle o l’ultimo
turista”), buona parte delle riflessioni sono su Tintoretto – con qualche
sbavatura: “Non è ancora l’opera comique di Raffaello”, nota a proposito del
“teatro” del veneziano, come se fosse un precursore.
Poi però lo farà Seicento, copernicano, galileiano, pre-einsteiniano:
“Col Tintoretto la terra gira ma, di colpo, l’uomo è perduto nello spazio”. Lo
assilla un problema: “Il suo problema è come mettere tutto l’uomo in un quadro. Problema moderno. È il passaggio dallo
spazio-concetto di Leibniz allo spazio kantiano”.
Trump - Sarà l’“americano
rurale” la sua base elettorale, il pilastro del primo uomo d’affari, di denari,
a capo degli Stati Uniti? L’americano rurale di Kerouac, “Il libro degli
schizzi”, p. 165, dei vagabondaggi per l’America dei primi anni 1950 (niente è
cambiato?): “L’Americano rurale\ è l’Americano più forte\ perché vicino alla
con-\ dizione dei Fellaheen” – il fellah,
contadino egiziano, Kerouac aveva eletto e idealizzato nell’americano povero e
puro, di campagna o anche di periferia.
Verga – La lingua di Verga
Bonaviri trova dolcemente musicale” nell’introduzione a Luigi Capuana,
“Scurpiddu”, Bur: “Nata dalle tante stratificazioni d’umori e di lingua del
popolo siciliano”.
letterautore@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento