Gioventù spenta
Ideata e sceneggiata da Paolo
Giordano, forse sul caso del ragazzo americano caduto nel Tevere per voler fare
l’equilibrista sulla spalletta del ponte Sisto, ambientata in una base
americana inventata a Chioggia, forse per far vedere bei nudi maschili frontali,
negli spogliatoi e al mare, raccontata da Guadagnino con la tecnica casuale che
è la sua cifra, una mini-serie di niente – almeno alla prima puntata. Cinquanta
minuti, cinque-sei episodi evanescenti, inconcludenti: un paio del ragazzo con
la madre colonnello comandante della base; un paio alla scoperta della base e
delle vicinanze, con bei ragazzi nudi e ragazze troppo grasse o troppo magre; il
ragazzo ubriaco e sperso salvato dalla compagna della colonnella, infermiera. Il
tutto tenuto assieme dalle cuffie, un distanziometro da quarantena, di autoisolamento
radicale. E dalla voglia di birra, negata in ragione dell’età, ma si sa come
vanno queste cose. Senza peraltro desiderio o curiosità, né di contatti né di
alcol.
È un mondo diverso che Guadagnino
propone, sulla traccia di Giordano scrittore dell’adolescenza: casuale, senza idee
o passioni o turbamenti? Me nemmeno questo si può dire.
Luca Guadagnino, We are who we are, Sky
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