astolfo
Plautilla Bricci – La prima architetta
della storia moderna. Riconosciuta documentalmente autrice di un palazzetto di
fronte alla chiesa di San Giovanni in Aymo, e del completamento di san Luigi
dei Francesi, la cui costruzione era stata avviata da Fontana. Nota soprattutto
per la vila Benedetta, o del Vascello, a Porta san Pancrazio a Roma, sul
Gianicolo.
La
villa Benedetta, ridota in macerie dai cannoneggiamenti francesi che posero
fine nel 1849 alla Repubblica Romana, è stata restaurata, su due piani, nei tardi
anni 1970 come civile abitazione di Eleonora Giorgi, l’attrice moglie di Angelo
Rizzoli jr. è stata a lungo ascritta a Basilio Bricci, fratello di Plautilla.
Mentre Plautilla veniva menzionata all’epoca come coautrice, in qualità di “ottima
pittrice”. Lavorò anche alla decorazione interna della vila, insieme con altri
pittori, Pietro da Cortina, Francesco Allegrini, Giovan Francesco Grimaldi. Ma
il capitolato di appalto la dà architetta.
Villa
Benedetta, o del Vascello, fu commissionata da Elpidio Benedetti, agente
francese in Roma prima per conto del Mazzarino, il successore di Richelieu, fino
alla morte di quest’ultimo, nel 1661, e poi del re Sole Luigi XIV. Benedetti
era stato inviato in Francia del cardinale Francesco Barberini, nipote del papa
Urbano VIII, nel 1635, in cerca di opere d’arte e d’influenza politica. In
Francia divenne segretario del Mazzarino. Che lo incaricò in particolare di
organizzare il viaggio di Bernini in Francia, e poi di controllare gli artisti
francesi a Roma che avrebbero dovuto progettare il Louvre.
La
villa fu detta del Vascello per la facciata a onde. Sull’esempio delle increspature
che Bernini aveva disseminato sotto le finestre e lateralmente al palazzo d
Montecitorio. Lo stesso tipo di facciata è stata ripresa nel restauro anni
1970.
Plautilla
Bricci si diceva, almeno nel suo caso non conoscendosene altri, “architettrice”.
Non si poneva allora, fine Seicento, il problema del femminile dei mestieri.
Francia-Gran Bretagna – A un certo punto
delle sue letture, parlando di un libriccino pubblicato a Londra agli inizi dell’Ottocento,
“Intercepted Letters”, che avrebbero testimoniato di intrighi francesi contro
gli espatriati inglesi in Egitto e in Africa,
Conan Doyle usa l’espressione: “Il quasi incredibile odio che esisteva tra le
due nazioni alla fine del Settecento”. Non solo alla fine del Settecento, ma
per tutto il Millennio, si può dire, a partire dall’invasione normanna dell’Inghiltera,
fino a fine Otttocento, qua do al flotta che il kaiser Guglielmo II, volendo la
sua flotta militare grande quanto e più di
quella dei sui cugini a Londra, spinse la filogermanica Gran Bretagna
all’Intesa con la Francia. Buona parte del Novecento è stato di amicizia
anglo-francese, almeno fino alla creazione del Mec e poi della Unione Europea,
e con alti e bassi dopo – si è fatto il tunnel sotto la Manica, Brexit mostra
di avere interrotto il legame.
A
lungo i re inglesi contrastarono la creazione della nazione francese, occupando
e sovvertendo la Francia, contri Giovanna d’Arco e per molti secoli. La guerra
fu lunga e “totale”, per le dimensioni degli schieramenti bellici dell’epoca.
Ancora contro la rivoluzione francese, e poi contro Napoleone. Si era intanto
allargata, ed è poi proseguita con numerose scaramucce su tutti i mari e in
tutti i continenti nei secoli del colonialismo, nelle Americhe, in India, nelle
isole del Pacifico, e a a lungo, fino ala seconda guerra mondiale e dopo.
Soprattutto in Africa, a Sud del Sahara, e a Nord.
Giotto – Fu coetaneo di
Dante, 1267 lui, 1265 Dante. E fiorentino anche lui, essendo nato a Vicchio nel
Mugello e morto a Firenze – Dante passò gli ultimi venti anni in esilio e morì
a Ravenna, presto, di 56 anni, Giotto durò fino ai 70. Attivo soprattutto a
Assisi, Padova, Roma – e in varie altre città, Bologna, Milano, Napoli, Rimini,
Prato, etc.. A Firenze veniva richiamato di tanto in tanto, per commesse
circoscritte. Se si eccettua alla fine il campanile che porta il suo mone, per
un progetto che però non fu realizzato.
Il
campanile di Giotto non è di Giotto. Il suo progetto di campanile era una
cuspide piramidale da elevarsi sopra il primo piano, altra circa 30 metri. Il
campanile è di Arnolfo di Cambio, Andrea Pisano e Francesco Talenti. Giotto fu
chiamato a occuparsene, sovrintendente alle opere pubbliche, con lo stipendio
onorevole di cento fiorini l’anno, nei suoi ultimi anni, dal 9 luglio 1934, due
anni e mezzo dopo, l’8 gennaio 1337 moriva, settantenne. Lasciò l’impronta nel
ciclo figurativo che adorna il basamento della costruzione. Che non è opera sua
ma di Andrea Pisano, con alcuni bassorilievi di Luca della Robbia, ma a Giotto
si vuole fare credito di averlo programmato.
Giulio II – Fu papa solo
per dieci anni, il più grande committente d’arte della storia, competente,
fortunato: Bramante, il progetto di San Pietro, Tiziano ventunenne, Raffaello venticinquenne,
Michelangelo. E Perugino, Lotto, Bramantino,
Sodoma, Baldassarre Peruzzi. Committente di grandi opere, San Pietro, la Cappella
Sistina, Stanze Vaticane.
Fu
anche, da cardinale, in esilio in Francia per proteggersi dal papa Borgia che
l’aveva sconfitto al conclave, l’artefice della discesa in Italia di Carlo
VIII, con la pretesa al regno di Napoli, e della fine delle speranze italiane. Rovina
continuata da Roma, con la guerra che volle europea contro la Repubblica di
Venezia.
Guicciardini
ne è ammirato. Nel “Principe” Machiavelli ne fa perfino il modello del
“principe fortunato”. Ma non nella politica. Tentò alla fine di recuperare promuovendo
una Lega Santa contro la F rancia, ma l’Italia restò destinata allo
smembramento, nel mentre che si costituivano le nazioni europee.
Fu
la Roma di Giulio II a scandalizzare Lutero nella sua visita a Roma nel 1510, di
un papa che non era principe della chiesa ma del potere e delle ricchezze.
Erasmo lo giudicò severamente in morte, nella satira “Iulius exclusus e Coeli”,
rappresentando Giulio II che tenta invano di accedere al paradiso.
Resistenza – La Francia, malgrado la retorica, e la Germania, i
due paesi che hanno avuto il movimento di Resistenza più ampio al nazismo, la
Francia sotto l’occupazione, la Germania per i tutti i dodici anni di Hitler,
sono quelli che meno la celebrano, e anche non la fanno valere. In Germania il
silenzio è quasi totale, con l’eccezione di pochi e ininfluenti storici. In
Francia si fa di più ma poco. Per non dover aprire il fronte della Resistenza che
non fu possibile nei primi anni dopo la sconfitta, perché Hitler era l’alleato
di Stalin, la Germania nazista dell’Unione Sovietica, e il patto Hitler-Stalin
era salutato nei tre anni e mezzo fino al giugno 1942 come un patto di libertà
dal partito Comunista francese, al punto che in prossimità e durante la breve guerra
fu operato anche il sabotaggio della produzione, in favore di Hitler. Si
celebra la Resistenza sotto il regime collaborazionista di Vichy, di Pétain, ma
non si fa intera la storia.
Curiosamente, perfino al storia politica e militare è per questo monca
in Franca, sulla “drôle de guerre”, la strana guerra, non combattuta, contro l’invasione.
astolfo@antiit.eu
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