Il virus siamo noi
I morti sono molti di meno, così come le
terapie intensive (i casi gravi), ma i contagi
si accrescono ogni giorno come a marzo-aprile, e anche di più.
L’aumento non è esponenziale, ma ogni giorno
il nuovo delta è superiore al precedente: la progressività è forte.
Non c’è
da preoccuparsi, si dice: questo è l’esito di tamponi, che ora si fanno dieci e
venti volte più numerosi che in primavera, e si cercano i “positivi” anche tra
i “contatti” dei contagiati, che spesso sono casi lievi oppure asintomatici. Ma
non per questo le misure restrittive possono essere più lievi: si sta tornando
rapidamente al lockdown, con le sue
trerribili conseguene economiche e psicologiche.
Le strutture sanitarie, si dice ancora, sono
meglio organizzate. E questo è meno vero. Alcune regioni, compresa la Lombardia,
che più ne aveva sofferto, hanno fatto poco o nulla.
Le terapie intensive non sono sotto
pressione, ma in Campania e Lombardia sono vicine al 30 per cento d’occupazione,
soglia che l’Istituto superiore di sanità considera critica. Lo stesso Istituto
stima che a breve la soglia sarà raggiunta in sette regioni.
Si poteva fare meglio senza sforzo. Specie nel
trasporto pubblico, bus, tram e metropolitane, nelle ore di affollamento, la
prima mattina, e alla chiusura delle scuole. Non costava per la aziende pubbliche
di trasporto programmare trasporti adeguati agli orari di lavoro e scolastici;
si è rimasti invece nella routine, con mezzi che vanno e vengono vuoti e altri
che scoppiano. Intensificare le corse delle metropolitane. Usare la flotta sterminata dei bus turistici fermi da otto mesi. Usare i bus scolastici
privati per portare i ragazzi a scuola invece che ammassati sui mezzi pubblici.
Tanto si poteva fare che non si è fatto.
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