La destra acefala non vince
La destra senza federatore deve stravincere
per vincere. Col suffragio proporzionale, ormai ridotto al solo voto europeo,
dimostra di essere ampia maggioranza. Ma difficilmente vince localmente, nei
Comuni e nelle Regioni, e anche nel voto politico nazionale. Da quando, ormai è
un decennio, il federatore Berlusconi è stato incapacitato, e poi isolato.
Il sistema elettorale vuole la moltiplicazione
dei rivoli di supporto – quelle che nei vecchi partiti costituivano le
“correnti”, personali o d’indirizzo. Fino al voto marginale, per quanto ridotto
– quante “democrazie cristiane” non ha imbarcato Berlusconi, anche se senza
seguito. È la logica dell’uninomonale, a uno o due turni: raccogliere più
consensi possibili. Attraverso la caratura del candidato, il programma, e gli
apparentamenti.
Una logica anche semplice – si va per
addizioni. Che però gli (ormai ex) giovani di Berlusconi non capiscono o non
sanno applicare. Non sanno coalizzarsi, come il caso di Roma ha dimostrato (e
sta dimostrando: la incredibile Raggi sta recuperando su Salvini, e perfino su Meloni),
e poi delle regioni e i comuni del voto di settembre.
Si rivaluta retrospettivamente il ruolo di
Berlusconi. Come pompiere dapprima degli estremismi missini e leghisti –
fascismo e separatismo – col recupero di una larga fascia dell’elettorato alla
politica parlamentare. E poi come coalizzatore delle destre.
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