La musa non amusa – non diverte
La felicità che è la sua cifra,
la felicità verbale di sempre - “le sue esatte visioni verbali” nella quarta di
copertina: Patrizia Cavalli non delude i suoi lettori. Ma di nuovo, per la seconda
o terza volta, recriminatoria: la musa non amusa, si dice col francesismo, non si
diverte e non diverte. È l’età? Le attese frustrate? Gli amori traditi?
Il titolo è antifrastico, benché la plaquette dallo stesso nome finisca con un’ode, “Con Elsa in Paradiso” - o, con identica rima, nella quartina del titolo: “Vita meravigliosa\ sempre mi meravigli\ che pure senza figli\ mi resti ancora sposa”. Cantante sì, ma in sibilanti, senza più la
baldanza, e come in ritirata: gli amori sono abortiti, i pasti solitari, la
compagnia non allegra, il quartiere inamabile. Versi per lo più, sotto lo
scherzo, le rime marcianti, le sonanti assonanze,
le invenzioni linguistiche, malinconici. Nemmeno la gatta è di compagnia, giusto
il whisky.
“A chi parlo quando parlo da
sola”, la terza plaquette, è un
cachinno incattivito, di una “occupata
da poveri pensieri,\ la puzza di fritto, il freddo”. Rassegnata: “Si morirà per
noia, dolcemente”. L’amante le scale di casa sale “con una torva malinconia\
brutale”. “Errore” rima con “amore” quando il “corpo” è “morto”. “Quattro sorsi”
di whisky dimostrano “che non siamo\ quel che siamo, che il nostro essere\ si
accende quando è caldo, o si disperde\ nel freddo buio della sobrietà”. E
dunque il quesito di copertina. “Cosa non devo fare\ per togliermi di torno\ la
mia nemica mente:\ ostilità perenne\ alla felice colpa di esser quel che sono,\
il mio felice niente”. Non propriamente felice, se non irridente. Perfino
saffica di scuola, liceale: “Ormai lo so\ tu ami Sulpride…”.
Il tema è il corpo. E il calore
che manca. Versi come sempre di egotismo, stanco. Un diario, seppure a
singhiozzo. Ogni verso, ogni parola, ogni cosa autoreferente, le amanti, la
casa, il sonno, i sogni, gli amici, i passanti. Col fantasma degli anni. E
degli amori inaciditi, tutti. Non è ancora l’inverno, il desiderio resta forte,
è settembre, nella lunga plaquette di questo titolo. Ma niente più baldanze, a
letto e fuori: “Acre novità della stagione,\ il freddo ai piedi”.
Non più il gioco e lo scherzo. Oppure
sì, ma legato allo specchio, inamichevole: “Al mattino mi svegliano i pensieri\
già predisposti delle mie rovine”. Alle quali farà uno sberleffo, come usa, ma
senza più convinzione. La lingua è meno ritmata, a cadenze lente, prosastica. Irriverente
sempre: “O femminista, sogno del potere,\ parli di donne e diventi generale,\ formi
il tuo esercito con le spaventate\ che spaventi di più e ti sono grate”. Col
cipiglio da “casta dissoluta”. Ma non più gioiosa – ridente in umbro-toscano?
Patrizia Cavalli, Vita meravigliosa, Einaudi, pp. 119 € 11
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