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L’Africa scomparsa in Italia, dopo la scoperta
Nel 1970 Bacchelli, autore nel
1934 di “Mal d’Africa”, la biografia romanzata del cartografo Gaetano Casati
tra Darfur e Nord Etiopia, uno dei suoi libri di maggiore successo, decide di
andare a vedere come è l’Africa. Ma non ce la trova: viaggia in Africa
Orientale, tra Kenya, Uganda, allora il paese delle quattro primavere, prima che
Idi Amin lo imbastardisse, e Tanzania, ma non ce la trova. Non la cerca nemmeno
per la verità, eccetto qualche italiano del genere “lavoro italiano nel mondo”.
E gli elefanti naturalmente, le giraffe, gli ippopotami, nei parchi naturali.
Non che latitasse l’Africa, che
al contrario allora non era defilata come oggi, unica grande regione del
mondo, anzi aveva una parte principale nel proscenio mondiale, completandosi il
ciclo delle indipendenze, riassestandosi la distribuzione delle risorse
minerarie e ambientali di cui l’Africa è grande detentrice, e per le tante
guerre civili, endogene (tribali) ed esogene (risorse), quasi sempre combinate.
Ma Bacchelli ci va da turista, e manda le cartoline.
Un libro di viaggio di rara
indigenza. La fantasia latita, la storia pure. Un’anticipazione dell’Italia
senza più storia né geografia. Come se l’Italia avesse dimenticato l’Africa,
dopo l’improvvisa scoperta, fra Adua e Tripoli bel suol d’amore. Resta il nome
dell’illustre letterato. E l’edizione Ricciardi preziosa, voluta da Raffaele
Mattioli.
Sei corrispondenze (per il “Corriere
della sera”?) di cui non rimane nulla. Assortite da due fiabe. Poco evocative all’epoca, e oggi insensate. La “novella bizzarra” dell’“animalismo
negro”, che intitola “Musiche in «inferno verde»”, e una “favola esemplare”,
titolo “Negra e nera”, lunga oltre cento pagine delle centocinquanta complessive,
per dire degli animali della foresta in Parlamento – riuniti e stimolati dallo
Sciacallo.
Riccardo Bacchelli, Africa tra storia e fantasia, Riccardo
Ricciardi, pp. 149 f.c.
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