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Se il messianesimo è realizzato
I
saggi che Taubes ha dedicato all’opera di Scholem, e le poche lettere che i due
si sono scambiate. Il giovane Taubes, a disagio a New York, e nell’ebraismo americano,
prende contatto con Scholem professore a Gerusalemme, e Scholem gli procura un incarico
all’università. Taubes vi passa un paio d’anni tranquilli, una pausa nell’agitazione
costante che lo anima, finché non può non litigare con Scholem sul punto fondamentale
della lettura dei testi sacri. Presto è concorde divergenza fra i due, si può
dire parafrasando il “divergente accordo” che Tabes trovava invece con Carl
Schmitt, il che aggiunge alla polemica, essendo Schmitt un filosofo del diritto
dichiaratmente cattolico, e professo nazista al tempo di Hitler.
Un
corpo a corpo, la sua abituale dialettica, del vulcanico Taubes con un suo
autore del cuore, Gershom Scholem, suo maestro si può dire. Benché a distanza
geografica, Taubes a Berlino, dopo un paio d’anni a Gerusalemme, 1951-1953, Scholem
a Gerusalemme per tutta la vita attiva, uno dei primi tedeschi ivi emigrati. E
di generazione - Scholem di fine Ottocento, Taubes di dopo la Grande Guerra. Nonché,
e con asprezza, di idee. Una compilazione di curiosità ancora soprattutto letteraria.
Ma già in medias res, in un dissidio di pensiero profondo, anzi radicale,
inconciliabile, dalla teologia al sionismo.
Taubes,
che wikipedia può definire “insegnante, filosofo, rabbino, sociologo della religione
e specialista dell’ebraismo austriaco”, nato a Vienna nel 1923, professore a
Berlino, dopo averla scampata negli anni
bui a Zurigo, deve il padre era rabbino della locale comunità ebraica, e dove
si formò con i teologi Hans Urs von Balthasar e Karl Barth, un cattolico e un
calvinista, fermamente include il Cristo e san Paolo nell’ebraismo, e il
messianismo presuppone in una qualche forma realizzato. Eresia per Scholem. Di cui
però qui si possono avere solo gli echi, attraverso le poche lettere, mentre
Taubes può situarlo e criticarlo ampiamente nei saggi che gli dedica.
Una
riedizione – “Una
revisione critica delle lettere di Jacob Taubes a Gershom Scholem e altri
scritti” è il sottotitolo. A cura di Elettra Stimilli, che del vulcanico Taubes
si è assunta il compito arduo di svolgere in piano, consequenziale, la lettura.
Che in effetti può esere semplice, anche se “rivoluzionaria”, radicalmente
contestatrice – come Taubes voleva il suo insegnamento, soprattutto nella fase
berlinese, al centro e fomite del ’68, della contestazione studentesca. E anche se
di Taubes si conoscono finora gli scritti letterari, quelli filosofi essendo promessi
a futura edizione. Ma il senso della sua flosofia come telogia si sa, dell’annessione
del Cristo e di san Paolo all’ebraismo. Di un cristianesimo quindi abbracciato
in altra maniera all’ebraismo. E di un messianesimo biblico in certa misura
compiuto. Nella guerra che Tabes può dire vittoriosa del’ebraismo contro l’impero
romano – contro l’impero, contro la storia pagana.
Qui tutto
questo non c’è. Ma c’è la critica all’ebraismo concluso in se stesso, nelle sue
specificità. Anche a costo, sul piano personale, della rottura con una
protettore benevolo, e anche pigmalione. Il titolo riecheggia il Vangelo e
Giuda, ma Taubes sicuramente non è Giuda, non infertile – e probabilmente,
anzi, in “divergente fertilità”.
Jakob Taubes, Il prezzo del messianesimo, Quodlibet, pp.
222 € 22
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