martedì 6 ottobre 2020

Se il messianesimo è realizzato

I saggi che Taubes ha dedicato all’opera di Scholem, e le poche lettere che i due si sono scambiate. Il giovane Taubes, a disagio a New York, e nell’ebraismo americano, prende contatto con Scholem professore a Gerusalemme, e Scholem gli procura un incarico all’università. Taubes vi passa un paio d’anni tranquilli, una pausa nell’agitazione costante che lo anima, finché non può non litigare con Scholem sul punto fondamentale della lettura dei testi sacri. Presto è concorde divergenza fra i due, si può dire parafrasando il “divergente accordo” che Tabes trovava invece con Carl Schmitt, il che aggiunge alla polemica, essendo Schmitt un filosofo del diritto dichiaratmente cattolico, e professo nazista al tempo di Hitler.  
Un corpo a corpo, la sua abituale dialettica, del vulcanico Taubes con un suo autore del cuore, Gershom Scholem, suo maestro si può dire. Benché a distanza geografica, Taubes a Berlino, dopo un paio d’anni a Gerusalemme, 1951-1953, Scholem a Gerusalemme per tutta la vita attiva, uno dei primi tedeschi ivi emigrati. E di generazione - Scholem di fine Ottocento, Taubes di dopo la Grande Guerra. Nonché, e con asprezza, di idee. Una compilazione di curiosità ancora soprattutto letteraria. Ma già in medias res, in un dissidio di pensiero profondo, anzi radicale, inconciliabile, dalla teologia al sionismo.
Taubes, che wikipedia può definire “insegnante, filosofo, rabbino, sociologo della religione e specialista dell’ebraismo austriaco”, nato a Vienna nel 1923, professore a Berlino, dopo averla scampata  negli anni bui a Zurigo, deve il padre era rabbino della locale comunità ebraica, e dove si formò con i teologi Hans Urs von Balthasar e Karl Barth, un cattolico e un calvinista, fermamente include il Cristo e san Paolo nell’ebraismo, e il messianismo presuppone in una qualche forma realizzato. Eresia per Scholem. Di cui però qui si possono avere solo gli echi, attraverso le poche lettere, mentre Taubes può situarlo e criticarlo ampiamente nei saggi che gli dedica.
Una riedizione – “Una revisione critica delle lettere di Jacob Taubes a Gershom Scholem e altri scritti” è il sottotitolo. A cura di Elettra Stimilli, che del vulcanico Taubes si è assunta il compito arduo di svolgere in piano, consequenziale, la lettura. Che in effetti può esere semplice, anche se “rivoluzionaria”, radicalmente contestatrice – come Taubes voleva il suo insegnamento, soprattutto nella fase berlinese, al centro e fomite del ’68, della contestazione studentesca. E anche se di Taubes si conoscono finora gli scritti letterari, quelli filosofi essendo promessi a futura edizione. Ma il senso della sua flosofia come telogia si sa, dell’annessione del Cristo e di san Paolo all’ebraismo. Di un cristianesimo quindi abbracciato in altra maniera all’ebraismo. E di un messianesimo biblico in certa misura compiuto. Nella guerra che Tabes può dire vittoriosa del’ebraismo contro l’impero romano – contro l’impero, contro la storia pagana.
Qui tutto questo non c’è. Ma c’è la critica all’ebraismo concluso in se stesso, nelle sue specificità. Anche a costo, sul piano personale, della rottura con una protettore benevolo, e anche pigmalione. Il titolo riecheggia il Vangelo e Giuda, ma Taubes sicuramente non è Giuda, non infertile – e probabilmente, anzi, in “divergente fertilità”.
Jakob Taubes, Il prezzo del messianesimo, Quodlibet, pp. 222 € 22
 

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