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Grecia - Perché la
sensibilità d’animo e la bellezza vi nacquero? Perché non ebbe sacerdoti, solo
qualcuno importato dall’Egitto, né chiese né dogmi, ma una libera fioritura.
Dio la Grecia concepì anche malvagio e lussurioso, ma non geloso dell’uomo.
È un’ipotesi,
ma perché no. Dio era suo, la divinità fu greca come i greci, fu della parte
più ambiziosa di sé la Grecia che lo forgiò e nutrì. Seppure tra guerre continue – i greci inventarono anche
quella dei trent’anni.
Heidegger – La questione
si può chiarire (svelenire) col personaggio – comunque è la via maestra per l’insondabile
filosofia. È heideggeriano il Walter Matern di Güter Grass, “Anni di cani”, l’ubriacone,
comunista, milite SA, hitleriano che, disertore in guerra e tourné cattolico, va col cane di Hitler
alla ricerca dei colpevoli. Nel 1933 si era fatto pure i baffetti alla Hitler –
Heidegger, di Matern non sappiamo. La Germania è fatta così, a volte si
sorprende.
Elegiaco, quasi sentimentale, nei versi
e anche in prosa: della tribù, la provincia provinciale, il dialetto, la
solitudine, il silenzio.
Chiercihetto, e quasi mistico, non fosse
per la foia. Dell’“abbandono” preda, che deriva all’esoterismo: “Pervenire a
quell’assenza del pensiero di cui finora non si è fatta esperienza”, e alla “trascendenza (che) oltrepassa la
percezione degli oggetti”. In Attesa, all’Aperto, dell’Aperto. Dagli ossimori
affascinato del misterico Trakl, che ritrova fino in Rimbaud – del “sapere
ignorando”, del “nominare tacendo”, e “il non parlare” come “un aver già
detto”. Ossimori che ripetono la dialettica appena insolentita – “la dialettica
è la dittatura dell’ovvio”.
Il
greco sapeva meglio dei greci.
E
anche le cose che i greci non dicevano, non pensavano nemmeno. Il metodo del
pensare e le vie del pensiero volendo diversi: “Questo fatto si lascia dire
nominare nel modo più chiaro nella lingua\ greca, sebbene la seguente
proposizione non ricorra\ in alcun luogo del pensiero dei Greci:\ La via (non
è) mai un metodo”. Salvo, poi, concedere: “La via non conosce nessun metodo,\ nessun
dimostrare, nessuna mediazione”, scoprendo di sapere di non sapere. Socratico.
O un neoteros della sofistica. Perché
sapere è “l’esperienza della mancanza”. O: “«Oblio dell’essere» nomina di primo
acchito\ una mancanza, una negligenza. In verità\ questa parola è il nome
dell’invio del diradare\ dell’essere, in quanto questo uò farsi palese solo
come\ presenza”.
Nello
scemenzario: la filosofia è solo tedesca. Perché la Germania è l’erede deal
Grecia. Di quella dorica, presocratica.
Licht, Lichtung ha la stessa radice di leicht,
facile facile.
Il
7 febbraio 1950 Hannah Arendt incontra dopo vent’anni Martin, a Friburgo. Dove
lui abita con la famiglia. Il 14 marzo rivela alla sua “amata animuccia”
Elfride che ne è stato l’amante. In questi termini: “L’Altro, ciò che è inseparabile
dall’amore per te e, in altra maniera, dal mio pensare, è difficile da dire. Lo
chiamo Eros, il più vecchio tra gli dei secondo Parmenide. Il colpo d’ala di
quel dio mi sfiora ogni volta che compio un passo essenziale nel pensiero e mi
arrischio nell’impercorso”. Bene, ma il meglio deve venire: “Mi tocca forse con
più forza, e in modo più inquietante di altre volte, quando ciò che è stato
lungamente presentito deve essere tradotto nella sferra del dicibile, e però il
detto deve essere lasciato ancora a lungo nella solitudine”. Che sembra
incomprensibile e lo è. Ma non se si capisce che pensare è scopare – geniale,
no?
Marxismo liberale – L’arciliberale
Gobetti Giacomo Devoto, “Civiltà di persone”, può dire “marxista”. Non per
convinzione, per tattica: “Non arieggia un «vocabolario», uno «stile» marxista,
flirta apparentemente con formulari marxisti, in realtà si mimetizza, si maschera
con quei formulari e quei simboli per battersi meglio sul piano tattico” E
dunque, il marxismo è copertura liberale…
Ma è più vero il percorso inverso: è Marx l’iperliberale
intransigente. Più conseguente – l’esito più coerente del liberalismo è
l’anarchia, dolce, mite: l’abolizione dello Stato al coperto della lotta di
classe, del supremo consegnatario del potere dei poteri.
“Furio Diaz, ricorda ancora Devoto in
“Civiltà di persone” (1973), ex sindaco comunista di Livorno, “durante un pranzo
abbastanza ufficiale ebbe a dire di sé «noi di formazione liberale»”. Diaz, lo
storico del Settecento toscano, in realtà era socialista, avendo lasciato il
partito Comunista nel 1956, dopo l’invasione dell’Ungheria, ma al tempo in cui
era sindaco di Livorno era comunista professo - ma quando il suo collega
universitario Devoto scriveva era vivo e attivo. Le radici liberali del
marxismo non sono indagate, ma sono evidenti, tra l’illuminismo e Adam Smith,
dal materialismo all’abolizione dello Stato.
Memoria – È mobile,
essendo la memoria di un essere vivente – compreso lo storico, che pure è allenato
ai suoi temperamenti, o trucchi, o movimenti (non c’è storico che abbia personalità,
giudizio, misure costanti, inalterabili, non potrebbe). Nel tempo, anch’esso
mobile. Ancorabile, a eventi passati, Che però non sono tutti, sempre, fissi,
Questo
è vero delle memorie collettive, di eventi come la guerra, e di quelle
personali, per diletto o testimonianza. Si vaga. Se è un fondamento, ci si
fonda sulla labilità.
Un’altra sfaccettatura
dell’interminabile autorappresentazione di Proust, dice Devoto analizzando i vari
tipi di “memorie” (“Civiltà di parole”,) è la memoria “lirica”. Dice anche i
ricordi “del Proust”, “trasfigurati ad altissimo livello”, come quelli di
Cellini e di Alfieri, “disinteressati”. Cioè? “Senza secondi fini, né di potenza
né di difesa”. Davvero? Un tipo di memoria fuori della storia?
Pirandellismo
–
È l’affermazione della negazione. E un modo di essere che si connota per non essere.
L’essere al tempo della civiltà della crisi e della negazione dell’essere. Così
è nell’opera, ed è come lo pensa e lo dice l’autore. Che ne ha fatto la
scoperta dopo vari esperimenti (prove) di altro indirizzo: ha trovato infine un
riscontro (il successo letterario, artistico) e lo ha caratterizzato – se ne è
caratterizzato.
È una maniera di essere, più che di non
essere. Anche qui testimone la stesa figura dell’autore. Che fu un bugiardo compulsivo,
perfino eccessivo, senza necessità o forza maggiore. Finché del bugiardo-bugiardo,
al modo del paradosso del mentitore (Epimenide cretese che dice: “Tutti i
cretesi sono bugiardi”), fece un personaggio, il “fu Mattia Pascal”, il personaggio
piacque, metafisicizzato, e il pirandellismo ci crebbe sopra. Una costruzione meditata
ma non disperata: sapiente, calcolata, aggiornata, adattata, in innumerevoli
racconti e nel teatro poi “pirandelliano”.
Di questo Pirandello dà ampi materiali l’ultima
biografa, Annamaria Andreoli, “Diventare Pirandello. L’uomo e la maschera”, che
lo apparenta a Pinocchio. Racconta normalmente bugie ai genitori su tutto, in
genere per spillare denaro ma anche innecessarie. Fidanzato con una cugina che
non gli piaceva, s’inventa stranissime malattie che lo porterebbero a morte in
caso di matrimonio.
Andreoli può trovare il pirandellismo
pinocchiesco – dove prende le parti dello scrittore contro i critici del “Fu
Mattia Pascal”, “l’eroe pirandelliano che muore fintamente a trent’anni, l’età
di Cristo, per risorgere con una falsa identità”: “Si fatica a comprendere che Pascal è
variante degradata dell’uomo-dio: uomo-burattino come Pinocchio, anche lui
risorto. Nella trama compaiono in controluce due ladroni (il gatto e la volpe),
un sentenzioso filosofo (il grillo parlante), una giovane «mammina» vestita d’azzurro
(la fata turchina). Se il naso non diventa lungo le bugie attanagliano il
personaggio finché non è più in grado di sostenerle. Per tornare alla verità
deve fingere di morire un’altra volta”.
Social
–
Sono un Ersatz della socialità, di fatto
la aboliscono e la impediscono. Il contatto diretto, tra persone invece che tra
detti e contradetti, o le vignette dei fumetti. Come impegno del tempo, e di
più come forma di comunicazione, di fatto impersonale, malgrado le “amicizie” e
i “likes”.
Il digitale sostituisce e abolisce il
rapporto personale – l’impulso, l’umore, la passione. È come diceva McLuhan un
mondo freddo, di messaggi e immagini fredde.
Storia – L’opera
colossale di Tito Livio Devoto, “Civiltà di persone”, dice la “memoria
collettiva” dei romani. La storia è memoria collettiva.
zeulig@antiit.eu
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