domenica 18 ottobre 2020

Il papa populista

Un’omelia sentita, più che un’enciclica dottrinale, sulla fratellanza e la pace, e un appello reiterato a favore dell’immigrazione. Che papa Francesco spiega infine così, con i ringraziamenti come ora usa: “In questo spazio di riflessione sulla fraternità universale, mi sono sentito motivato specialmente da san Francesco di Assisi, e anche da altri fratelli che non sono cattolici: Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e molti altri”.
Una camminata piana, su un sentiero lineare, lo stesso tracciato dalle sue precedenti encicliche, senza se e senza ma. Che si invidia ma lascia poi perplessi. Sulla verità. Sul meticciato culturale. Sullo stesso dialogo religioso. E sulla guerra e la globalizzazione.
Si prenda il tema moralmente più semplice, quest’ultimo. Dice il papa nell’enciclica che la globalizzazione colpisce i poveri. Mentre è vero il contrario, che ha portato al benessere, o a qualcosa di simile, per la prima volta nella storia tre o quattro miliardi di persone, diciamo tre quarti dell’Asia e mezza America Latina – e ci sta provando perfino con l’Africa. Ha impoverito gli europei e gli americani, quelli che il papa non considera, e parecchio sembra disprezzare, se non odiare. La critica vera, dal punto di vista morale, sarebbe: la globalizzazzione ha reinventato, allungato, irrobustito la “massimizzazione del profitto”, con le delocalizzazioni e il lavoro per conto. La strategia è capitalistica, certamente, e quindi dubbia, di parte. Ma intelligente, o furba: basata su un criterio di inclusione e non di esclusione. Come fu la rivoluzione  industriale, fino al taylorismo. E poi col fordismo – lavoro e consumi di massa.
E la guerra: contro ogni guerra? “Oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di possibili «guerre giuste». Mai più la guerra!” Un imperativo che dovrebbe immortalarlo. Ma: contro ogni guerra? Talvolta non è necessario difendersi, non con la guerra? “Ogni guerra lascia il mondo peggio di come lo ha trovato”. Questo è vero, ma non per questo non bisogna combatterle, se necessario. Perché la guerra può essere necessaria. Per esempio contro il nazismo invasore, e annientatore. “La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male”. Senza considerare quando è il male che si fa guerra.
Al centro l’equivoco del meticciato. Inteso mescolanza aperta di ogni e qualsiasi cultura. Che è  insensato, lui stesso lo sa, lo ha già detto e lo ripete: “Non c’è peggiore alienazione che sperimentare di non avere radici”. Ma, procedendo al suo solito d’un fiato, una volta preso l
aire, a lungo sostiene il contrario: “Il mondo cresce e si riempie di nuova bellezza grazie a successive sintesi che si producono tra culture aperte, fuori da ogni imposizione culturale”. È il capitolo forse più sentito, “Un cuore aperto a tutto il mondo”. Fino agli indigenismi, anche morti e folklorici, turistici, sotto il titolo “Il sapore locale”. Cioè per la differenza invece che per l’unità - non accanto? La cultura non è imposizione, certo, ma argomentazione e convinzione sì.

La sorpresa maggiore viene all’ultimo, nell’equazione dialogo = indifferenza religiosa, sia pure fra religioni monoteiste. In quel relativismo che tanto preoccupava il suo predecessore papa Ratzinger, come inizio appunto dell’indifferenza. “In una società pluralista” la verità volendo plurale. Finendo peraltro per confinare il “dialogo delle religioni” all’imam di Al Azhar el-Tayyeb, che odia Israele, e anche gli ebrei nel mondo islamico vorrebbe espulsi. L’enciclica è lo sviluppo del Documento sulla Fratellanza Umana firmato da papa Francesco e l’imam ad Abu Dhabi il 4 febbraio del 2019 – che una “Preghiera cristiana ecumenica” corona.
In questa come nelle precedenti encicliche, papa Francesco procede con l’allegria del rivoluzionario. Di rivoluzionario come lui si pensa, di fatto populista, uno di quelli cui piace “andare in televisione” e dire “la frase definitiva”, insomma épater le bourgeois, e come suole parlandosi addosso, invece che riflessivo, col saggio equilibrio che si lega alla funzione  Sulla traccia dell’amore che tutto unisce, tema della “Lumen Fidei”, a quattro mani con Benedetto XVI, una serie di problemi teologici e morali sollevando. Non uno scandalo, una enciclica in fondo è una lettera circolare. Questa è sull’immigrazione libera, e si può capire, fino a un certo punto. Ma contro ogni guerra, e per l’indifferenza religiosa?
Con riferimenti costanti ai predecessori, san Giovanni Polo II e Benedetto XVI. E citazioni di Simmel, Ricoeur, Wenders, Vinicius de Moraes. Un papa conversatore in salotto, come si è compiaciuto con Scalfari, Petrini e altri interlocutori distinti, o con le tante nomine sbagliate, più che un meditativo, un mistico, un creativo (organizzativo).
A cura di Alessandra Smerilli, con utili indici di Giuliano Vigini.
Papa Francesco, Fratelli tutti, San Paolo, pp. 284 € 2,90




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