A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (441)
Giuseppe Leuzzi
È al Sud la
percentuale più alta di non fumatori: il 70 per cento in Basilicata, il 66 in
Calabria, il 63 in Puglia, il 61 in Campania, il 59 in Sicilia. In fatto di prevenzione,
della salute, il meridionale è vigile.
“È la
democrazia”, dice il senatore Nicola Morra a proposito dei calabresi che hanno
votato Jole Santelli, colpevole di essere poi morta: “Ognuno deve essere
responsabile delle proprie scelte: hai sbagliato, nessuno ti deve aiutare, sei
grande e grosso”. Ma anche lui è eletto in Calabria, benché genovese. Che non
abbia tutti i torti.
A “Non è la
D’Urso” su Canale 5 domenica l’ altra Sansonetti, ora direttore del
“Riformista”, un tempo impegnato in Calabria con un paio di giornali sul fronte
della legalità, continua a contestare, come soleva, il giudice antimafia Gratteri,
che accusa di carrierismo e di troppi processi andati a vuoto. Gli contesta
l’arresto del presidente del consiglio regionale Calabria, senza nessuna colpa
specifica o addebito agli atti della sua indagine. Salvini, anche lui in studio da remoto, ne approfitta per fare lo statista e si
proclama difensore di chi combatte le mafie a rischio della vita. Ma si
professa “buon amico” del giudice Gratteri: terminologia equivoca, non lo sa?
Gratteri va da
Fazio e ci scherza sopra. Non si querela mai, e quindi non sta a contestare i
giornalisti. Salottiero, benché sotto scorta da decenni. Gratteri è
autore di best-seller, in tandem con Nicasio, per la Mondadori – il filone
aperto dall’indimenticabile “Gomorra”, prodotto editoriale da due milioni di
copie, solo in Italia (la mafia rende).
Buccini sul
“Corriere della sera”, dovendo ritinteggiare la farsa del commissario alla
Sanità in Calabria, ripesca lo storico De Cesare, che a Ferdinando II,
penultimo re di Napoli, fa trovare “le sue Calabrie”, con sgomento, “divise dal
mondo, separate fra loro da distanze assurde” e, come oggi per la sanità,
“senza alcun conforto della vita civile”. Ma si dimentica che Ferdinando II era
pur sempre il re, anche di quelle Calabrie, di un regno ereditato da molte
generazioni.
Sudismi\sadismi
Klaus Davi si è
trovata la mafia a letto. Non propriamente, forse un semplice carcerato – uno
che aveva abbordato in chat, col quale aveva avuto “molti incontri in albergo”,
a Reggio Calabria, nella piana di Gioia Tauro, sulla Sila, finché a un certo
punto il giovanotto si era cancellato, scomparso. Aveva un tatuaggio, piccolo, un quadrato
coi puntini, ricorda Davi. Che ha poi scoperto essere comune tra i carcerati, ma lui preferisce
dirlo di ‘ndrangheta - tipo i santini del giudice Gratteri. La mafia è componente necessaria anche all’orgasmo? C’era
un dubbio, se tanti non riescono a farne a meno.
Davi dice anche
- da sociologo di massa, non più di massmedia: “L’omosessualità è molto diffusa
nella mafia. Ogni grande famiglia di ‘ndrangheta ha almeno un omosessuale o una
lesbica in casa”. Finalmente una parola chiara, ma a pro della mafia o non
contro? Davi rischia il politicamente scorretto.
Forse,
indirettamente, nel subconscio - nel subconscio dell’analista Davi? - c’è la
nobilitazione della mafia. Le “grandi famiglie”, certo, sono ingorde, di tutto
– una volta si sarebbe detto che si permettono tutti i vizi, ma la gloria è
quella.
Calabria gaudiosa
Eugenio
Gaudio, anatomopatologo di fama, con un impact factor elevatissimo, 75, e
amministratore capace, all’Aquila e alla
Sapienza, che ha retto egregiamente per sei anni, è finito nel ludibrio per
avere detto che rinunciava all’incarico di commissario alla Sanità in Calabria
perché sua moglie non vuole “andare a Catanzaro”. Magari è una battuta, Gaudio non aveva nessuna
voglia di fare il medico dei poveri – aveva avuto una richiesta, non aveva
detto sì. Un understatement naturale
per lui, che è british di educazione
e di modi. Ma siccome lui e la moglie sono calabresi la cosa è stata messa in
ridicolo: tutti hanno riso della moglie, come di una cretina – e di Gaudio
zimbello della moglie, come nelle vecchie vignette di Manzi su “Tempo” illustrato.
Come se Ida Cavalcanti, nata e cresciuta a Cosenza, come il marito, non
esistesse. Non potesse dire: “Non voglio trasferirmi a Catanzaro”. Nemmeno una donna, in epoca di femminismo,
solitamente ciarliero sul ruolo della donna, si è sentita di dover protestare:
perché un marito non dovrebbe considerare la volontà della moglie? La “donna
del Sud”, poi, figurarsi.
La
questione in sé è diversa e semplice, e Gaudio, alla calabrese, l’ha detta: la
Calabria è considerata, dai commissari valtellinesi, campani, emiliani, zona di
confine o coloniale, dove si va qualche giorno l’anno, giusto per scaldare la
poltrona. Anche per 200 mila euro, l’anno, ma questo naturalmente non è elegante
dirlo.
La scoperta di Siracusa
Lunga intervista
in punta di penna di Francesco Merlo sul “Venerdì di Repubblica” dieci giorni
fa con Lucia Azzolina, l’insegnante siracusana ministra delI’Istruzione, la
sola che si batte nel governo, con intelligenza, per tenere aperte le scuole. Cosa
che lo stesso Cts, il comitato tecnico-scientifico da cui il governo si fa
assistere nella pandemia, raccomanda: “Le scuole vanno aperte. O per i ragazzi
sarà un massacro”, va dicendo il presidente del Comitato, Agostino Miozzo. Ma a
vuoto: il governo chiude le scuole per evitare di dover limitare o chiudere la
produzione, il commercio – è la
posizione anche del giornale di Merlo. E questo si capisce, della sorpresa di
Merlo: fa colpo incontrare qualcuno intelligente contrario alle posizioni che
uno deve sostenere. Un po’ insegnante, un po’ Teresa Mannino.
Ma non è solo questo.
Di più c’è il fatto – Merlo lo ripete più volte, segno della sua sorpresa – che
la ministra è di Siracusa. Come dire di origine bassa, “babba” in siciliano –
vuota, insipida, muta. Anche se la città si è fatta in pochi anni uno dei posti
più civili, in Italia e in Europa. Merlo, di Catania (i giorni in cui non è di Parigi),
si vede che da parecchio non ci va, se mai c’è stato. Il più restio a scoprire
il Sud è il meridionale. A scoprirlo al di sotto della patina greve di abomini
e insulti.
È tanto sorpreso,
Merlo, che si dimentica di dire al lettore che la ministra è sostenuta dal Cts.
Il quale ha spiegato più volte che, contro il contagio, basta scaglionare gli
ingressi a scuola, e predisporre mezzi di trasporto aggiuntivi per l’ora di
ingresso e quella di uscita dalle scuole. Bastava, sarebbe bastato. Perché le
scuole, con Azzolina, si sono organizzate, i trasporti no. Cioè i sindaci e il
governo, la politica.
Oicofobia
“Dopo il caso Calabria
esplode il caso Sicilia”. Il ministro della Sanità Speranza manda gli
ispettori a monitorare la sanità in
Sicilia. Non l’ha fatto per Vò né per Lodi, o Alzano, dove il contagio era
diffuso dagli ospedali, lo ha fatto quando finalmente ha potuto farlo in due
regioni del Sud, che invece riescono a contenere disagi e morti. Per consentire
i titoli infamanti? Un finto ingenuo, di Potenza, che si conquista i media col
tasto leghista? È l’oicofobia di Roger Scruton, l’odio dei luoghi d’origine.
Lo stesso è di
Annunziata? Faceva rabbia, fino alla pena, l’intervista sdraiata a “Mezz’ora in
più” su Rai 3 ieri con l’impresentabile Morra, quello dei calabresi bastardi perché hanno votato Jole Santelli. Dopo avergli letto, ammiccando complice, “una
letterina per lei da parte dei vertici…, del vertice aziendale” – una lettera
di scuse per avere escluso lo stesso Morra da una precedente trasmissione di
Rai 3. Si può cercare lo scandalo – si fa per dire: questo Morra chi è, a chi interessa? – ma
non a costo di un minimo di dignità. Anche soltanto di solidarietà femminile.
Per una irpina di De Mita la Calabria sarà terra incognita, l’“Affrica”, il
deserto.
leuzzi@antiit.eu
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