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Concorso in epidemia
Si sta peggio della primavera, molto peggio, ma non lo sappiamo. Non c’è confronto fra i numeri
della pandemia oggi e quelli della primavera, quado la paura fu tanta e il lockdown
severo, non si poteva nemmeno uscire di casa. I nuovi contagi sono ogni giorno dieci
volte quelli di allora. E anche i decessi sono superiori a quelli che allora
tanto impressionavano. Gli ospedali sono pieni come allora, di ricoverati con
sintomi da coronavirus. Le terapie intensive non sono sature come allora, ma si
accrescono da qualche giorno più rapidamente di allora.
Il 12 aprile i nuovi contagi
erano 4.092. Oggi sono 34 mila. I deceduti erano 569, oggi sono 636 – ieri 623.
I soggetti positivi erano allora 152.271, oggi 635 mila. I pazienti ricoverati
con sintomi erano 28.184, oggi sono 29.873 – record assoluto di tutto l’anno.
Le terapie intensive occupate erano 3.811, oggi poco meno, 3.170.
Ciononostante si può girare, frequentare
i luoghi pubblici, incontrare chi si vuole. I controlli non ci sono, e comunque
i divieti sono pochi e insuperabili, la chiusura di cinema, teatri, concerti, e
centri commerciali sabato e domenica.
A giustificazione del lassismo c’è
il bisogno di non azzerare l’attività economica. Ma questo non implica il
mancato allarme. Che invece è politico: il governo non lo dà, non impone
divieti e controlli, perché non vuole farsi legare al coronavirus – fa lo struzzo.
E gli specialisti, e i media? Qui non c’è nemmeno un interesse politico: è
collusione o incapacità. Un caso palese di concorso non esterno in epidemia.
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