Cronache dell’altro mondo – razzista e non (80)
Filadelfia, l’ex capitale degli Stati Uniti, la capitale del business ferroviario che “fece” gli
Stati Uniti d’America, la città più
grande e la capitale “morale” della Pennsylvania, quella che nel 2016 ha
sancito la vittoria di Trump, e ora la sconfitta, Shelley Costa Bloomfield, biografa
di Poe, che vi trascorse gli anni più fertili e meno agitati, chiama “la cucina
dell’America” nel primo Ottocento, sempre prima in tutto – un po’ come Torino
in Italia. In mare la rivolta degli schiavi sulla nave spagnola “Amistad”, in
terra “primi parchi pubblici, scuole pubbliche, parafulmini, pompieri
volontari, assicurazione contro gli incendi, ospizio-laboratorio per i poveri,
ospedale, scuola di medicina, facoltà di legge, consultorio gratuito per i
poveri, compagnia teatrale, istituzione scientifica, spedizione Artica, Società anti-Schiavitù, Congresso
degli Stati Uniti”.
Ma è stata anche la città, al Nord degli Stati Uniti, dove il
sentimento anti-abolizionsita è stato forte, tanto quanto l’abolizionismo. La
Società Americana Anti-Schiavitù fu
fondata a Filadelfia, e all’inizio del 1838, celebrava la centomillesima
adesione. Ma in primavera, in reazione al matrimonio multiculturale, ampiamente
pubblicizzato, di Angelina Grimké, leader della Società Anti-Schiavitù, una
vasta folla a più riprese attaccò la Pennsylvania Hall, che era stata appena
inaugurata come luogo pubblico di discussione, finché non la rase al suolo,
malgrado la resistenza delle forze di polizia.
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