lunedì 23 novembre 2020

Cronache dell’altro mondo – razzista e non (80)

Filadelfia, l’ex capitale degli Stati Uniti, la capitale del business ferroviario che “fece” gli Stati Uniti d’America,  la città più grande e la capitale “morale” della Pennsylvania, quella che nel 2016 ha sancito la vittoria di Trump, e ora la sconfitta, Shelley Costa Bloomfield, biografa di Poe, che vi trascorse gli anni più fertili e meno agitati, chiama “la cucina dell’America” nel primo Ottocento, sempre prima in tutto – un po’ come Torino in Italia. In mare la rivolta degli schiavi sulla nave spagnola “Amistad”, in terra “primi parchi pubblici, scuole pubbliche, parafulmini, pompieri volontari, assicurazione contro gli incendi, ospizio-laboratorio per i poveri, ospedale, scuola di medicina, facoltà di legge, consultorio gratuito per i poveri, compagnia teatrale, istituzione scientifica, spedizione  Artica, Società anti-Schiavitù, Congresso degli Stati Uniti”.
Ma è stata anche la città, al Nord degli Stati Uniti, dove il sentimento anti-abolizionsita è stato forte, tanto quanto l’abolizionismo. La Società Americana  Anti-Schiavitù fu fondata a Filadelfia, e all’inizio del 1838, celebrava la centomillesima adesione. Ma in primavera, in reazione al matrimonio multiculturale, ampiamente pubblicizzato, di Angelina Grimké, leader della Società Anti-Schiavitù, una vasta folla a più riprese attaccò la Pennsylvania Hall, che era stata appena inaugurata come luogo pubblico di discussione, finché non la rase al suolo, malgrado la resistenza delle forze di polizia.

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