Ecobusiness
Le sneakers, scarpe di plastica obbligate, un must,
irreparabili, irriciclabili, un paio a ogni stagione, quest’anno bianche, in
allegria, costosissime pretendendosi cheap.
La macchina king size – il suv, o che gli somigli - gonfia. Una
moltiplicazione di acciaio e plastiche per singola unità. Senza utilità ma di
bella figura. Che i garage e le strade rimpicciolisce. Pesante il doppio del
necessario, che i consumi raddoppia.
La macchina. Una per ogni adulto
con patente. A Roma, per dire, 1,8 milioni di auto circolanti per 2,9 milioni
di residenti.
Mandare le lavatrici domestiche
in continuo. Per una migliore igiene. Due, tre e quattro volte al giorno. Con consumi iper di elettricità. Con detersivi biodegradabili che
intasano gli scarichi – immaginarsi le fogne.
Il business delle pale eoliche. Strutture di acciaio ingombranti, e
irrecuperabili, sia le pale che le turbine. Massimo inquinatore visivo e
acustico. Di bassissima produttività. Per la velocità costante del vento in Italia
collocabili solo nelle isole e nelle zone costiere – o su displuvi. Ma il business è redditizio degli “oneri di
sistema” che gli utenti pagano in bolletta per le fonti di energia non-oil – l’affare più redditizio e meno
impegnativo, dal punto di vista finanziario e della manutenzione, un cash-dispenser
per i profittatori del regime eco (con qualche aderenza a Terna e\o ai governi
regionali che hanno la privativa delle licenze: l’utile grasso basta per
dividere con chiunque).
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