giovedì 26 novembre 2020

Ho visto Maradona

Invece che il “santo subito” va ora “ho visto Maradona”. Col sottinteso, anche dei mangiamadonne professi. E la voglia viene di associarsi al coro, avendolo di fatto visto Maradona, giocare, il folletto di tante imprese memorabili sul campo, anche sleali. Ma allora senza aureola. Fu all’infausto Mondiale italiano, 1990.
Alla prima  a San Siro, Argentina-Camerun, l’inno argentino fu fischiato dai milanesi, e questo rese Maradona subito, prima ancora del calcio d’inizio, più simpatico – il pubblicò fischiò l’inno perché Maradona aveva fatto vincere al Napoli qualche scudetto che le milanesi agognavano. Ma sul campo fece poco o niente di buono, notevole solo per le proteste. L’arbitro francese Vautroux s’impegnò: espulse due camerunesi, e diede sei minuti di recupero (fu per quei tempi, e per molto tempo, un record). Ma non bastò: l’Argentina doveva andare a passeggio e invece perse.
E capitò in semifinale all’Italia. Secondo incontro, al San Paolo di Napoli, male illuminato, il campo stava in fondo  come un catino di dannati, era di luglio ma sembrava di gelo, e la tribuna stampa era invasa da moltitudini, per lo più femminili, per lo più robuste, ce ne stavano due e tre per postazione, accavallate, quando la tribuna si aprì ai giornalisti, per vedere anche loro Maradona. Non tifavano, ma non ci fu molto da tifare: un tifo muto, minaccioso, due ore di silenzio, di paura. Nel catino seimilluminato la zazzera di Maradona si distinse quella notte solo per la tipica tattica argentina, la litigiosità - innervosire l’avversario, anche sulle rimesse laterali (gli argentini vanno affrontati come fece Gentile al Mundial 1982, senza chiacchiere). Finì male per l’Italia, che senza Maradona aveva giocato sempre bene e col favore del pubblico, ma poi anche per Maradona.
Nel mezzo c’è un Maradona per sentito dire, dal direttore del “Vesuvio”, le notti d’inverno freddolose e solitarie in albergo in cui bisognava coprire la chiusura del mega siderurgico di Bagnoli. Fu inevitabile che Maradona capitasse in conversazione, e il direttore, che la stagione morta al tempo di Maradona poteva riempire con un piano di argentini, parenti o consoci dell’asso, ancora non si capacitava: “Vede, lì”, e accennava al piano ammezzato, dei bar e salotti, “erano di casa i peggiori camorristi”. Non si capacitava che niente succedesse, in quel viavai, nessun controllo, nessuna indagine. Magari per vero affetto per Maradona, per il Na.poli, per il calcio

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