giovedì 5 novembre 2020

La casa della buona morte

L’autore meno prolifico del secondo Novecento (ma è morto di soli 32 anni, nel 1952, tre o quattro avendoli dispersi coscritto in guerra, in Africa Orientale, e prigioniero degli inglesi in India) è quello più editato. Questione di diritti d’autore che vengono a cessare, ma anche di sapienza narrativa. D’inventiva. Non su soggetti e trame di altri mondi ma sulla realtà modesta, dei tempi e dei luoghi, l’Appennino tosco-emiliano anni 1940, povero.
La nuovissima edizione Bompiani è praticamente l’opera omnia di “D’Arzo”, Ezio Comparoni. Roberto Carnero, subentrato nella cura alla precedente edizione della stessa Bompiani di Silvio Perrella, ha fatto una scelta diversa dei racconti e li introduce con un lungo saggio critico e biografico – restano fuori altri romanzi brevi: “All’insegna del buon corsiero”, “L’osteria”, “Penny Wirton e sua madre”.
“Casa d’altri”, il “racconto perfetto” di Montale, tanto gli era piaciuto, resta ottimo anche alla rilettura. È la storia di un vecchio parroco di un paese remoto dell’Appennino e una vecchia che lava i panni al fiume. La vecchia ha bisogno di una deroga al catechismo, a una regola della chiesa a cui il buon prete non può derogare. Un plot d’attualità – la deroga e la regola – nel dibattito sulla “buona morte”.
Il racconto del titolo fu pubblicato postumo, nello stesso anno della morte di Comparoni-D’Arzo, 1952, da Giorgio Bassani sulla rivista “Botteghe Oscure”, che curava per la principessa Caetani, e l’anno dopo in volume da Sansoni. È stato poi ripreso in edizioni diverse, per lunghezza, se non per toni. Anche per le riscritture operate dallo stesso D’Arzo. In un prima versione era uscito nel 1945 sulla “Illustrazione Italiana”, dimezzato rispetto all’edizione corrente, col titolo “Il prete e la vecchia Zelinda”, a firma “Sandro Nedi”.
L’edizione Consulta, a cura di Paolo e Andrea Briganti, esemplata su un manoscritto autografo, la allunga ancora leggermente rispetto a quella canonica (la Bassani-Sansoni, quella giudicata da montale), in diciotto capitoletti invece di quindici, raggruppati in quattro parti. La sostanza non cambia, ma è solo qui che compare la battura del vecchio prete, di cui viene accentuato il distacco ironico dalle cose della vita, da cui è stato tratto il titolo postumo: “Perché questa non è casa mia. Questa è casa d’altri, io lo so”.
Gli stessi Briganti avevano già realizzato vent’anni fa una sorta di edizione critica del racconto, per Diabasis, con vari apparati, filologici e critici.
Silvio D’Arzo, Casa d’altri e altri racconti, Bompiani, pp. LXXIV + 224 € 13
Silvio D’Arzo, Casa d’altri e altri racconti, Einaudi, 141 € 13
Sivio D’Arzo, Casa d’altri, Marietti, pp. 112 € 10 €
Diabasis, pp. 144 € 15
Consulta, pp. 116 € 15

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