La casa della buona morte
L’autore meno prolifico del
secondo Novecento (ma è morto di soli 32 anni, nel 1952, tre o quattro avendoli
dispersi coscritto in guerra, in Africa Orientale, e prigioniero degli inglesi in
India) è quello più editato. Questione di diritti d’autore che vengono a cessare,
ma anche di sapienza narrativa. D’inventiva. Non su soggetti e trame di altri
mondi ma sulla realtà modesta, dei tempi e dei luoghi, l’Appennino tosco-emiliano
anni 1940, povero.
La nuovissima edizione Bompiani è
praticamente l’opera omnia di “D’Arzo”, Ezio Comparoni. Roberto Carnero,
subentrato nella cura alla precedente edizione della stessa Bompiani di Silvio
Perrella, ha fatto una scelta diversa dei racconti e li introduce con un lungo
saggio critico e biografico – restano fuori altri romanzi brevi: “All’insegna
del buon corsiero”, “L’osteria”, “Penny Wirton e sua madre”.
“Casa d’altri”, il “racconto perfetto”
di Montale, tanto gli era piaciuto, resta ottimo anche alla rilettura. È la
storia di un vecchio parroco di un paese remoto dell’Appennino e una vecchia
che lava i panni al fiume. La vecchia ha bisogno di una deroga al
catechismo, a una regola della chiesa a cui il buon prete non può derogare. Un plot d’attualità – la deroga e la regola
– nel dibattito sulla “buona morte”.
Il racconto del titolo fu
pubblicato postumo, nello stesso anno della morte di Comparoni-D’Arzo, 1952, da
Giorgio Bassani sulla rivista “Botteghe Oscure”, che curava per la principessa
Caetani, e l’anno dopo in volume da Sansoni. È stato poi ripreso in edizioni
diverse, per lunghezza, se non per toni. Anche per le riscritture operate dallo
stesso D’Arzo. In un prima versione era uscito nel 1945 sulla “Illustrazione
Italiana”, dimezzato rispetto all’edizione corrente, col titolo “Il prete e la
vecchia Zelinda”, a firma “Sandro Nedi”.
L’edizione Consulta, a cura di
Paolo e Andrea Briganti, esemplata su un manoscritto autografo, la allunga
ancora leggermente rispetto a quella canonica (la Bassani-Sansoni, quella
giudicata da montale), in diciotto capitoletti invece di quindici, raggruppati
in quattro parti. La sostanza non cambia, ma è solo qui che compare la battura del
vecchio prete, di cui viene accentuato il distacco ironico dalle cose della
vita, da cui è stato tratto il titolo postumo: “Perché questa non è casa mia.
Questa è casa d’altri, io lo so”.
Gli stessi Briganti avevano già realizzato
vent’anni fa una sorta di edizione critica del racconto, per Diabasis, con vari
apparati, filologici e critici.
Silvio D’Arzo, Casa d’altri e altri racconti,
Bompiani, pp. LXXIV + 224 € 13
Silvio D’Arzo, Casa d’altri e altri racconti, Einaudi,
141 € 13
Sivio D’Arzo, Casa d’altri, Marietti, pp. 112 € 10 €
Diabasis,
pp. 144 € 15
Consulta, pp. 116 € 15
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