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Best-seller – “Se non tutto quello che ha
successo sopravvive, quasi tutto ciò che sopravvive aveva avuto anche un grande
successo di pubblico” – Franco Moretti, sul “Robinson” con Gnoli. Per esempio
Morselli o Manganelli?
Ma
lo stesso Moretti sta lavorando “a un saggio sui «best-seller perduti»
dell’Ottocento, romanzi che ebbero una popolarità enorme e ora nessuno più
ricorda”. O autori? Notari, Pitigrlli, Guido da Verona, Salvaneschi, Liala?
Citazione – “Citare brani è estrarre
aculei da un porcospino”, Marianne Moore di E. Pound.
Dumas – De Sanctis, già ministro della
Pubblica Istruzione, e ora direttore del quotidiano “L’Italia”, 1863, attaccò Dumas con asprezza
sostenendo che aveva scritto “Il conte di Montecristo” sfruttando il lavoro di “un
esercito di schiavetti”. La critica all’uso francese, dei “negri” dei romanzieri
di successo, era già in vigore. Ma De Sanctis attaccava Dumas, in quanto concorrente,
fondatore e direttore del quotidiano di Napoli “L’Indipendente”, che godeva allora
di discreta fortuna, con seimila abbonati. Dumas rispose facendo pubblicare su
“L’Indipendente” un articolo di Pier Angelo Fiorentino, il collaboratore che,
secondo De Sanctis, era il vero autore del romanzo – Croce si impegnerà
successivamente a respingere le accuse a Dumas, di De Sanctis e altri, di sfruttare
gli scritti altrui, di collaboratori o altri autori (plagi).
Gazza ladra – Origina da Stendhal, che per primo raccontò di una povera innocente impiccata a Palaiseau per un furto di posate d’argento, portate via invece da una gazza. Una delle prime opere della Restaurazione: sia il dramma di Théodor Badouin d’Aubigny e Louis-Charles Caigniez, “La pie voleuse ou la servante de Palaiseau”, 1815, sia dell’opera di Rossini, 1817.
Grecia – “Troviamo nella
Grecia ciò che ci manca, non ciò che contiene realmente” – la Grecia nascosta,
“dietro ogni riga della sua letteratura” – V.Woolf, “Non sapere il greco”.
Imperfetto – Il tempo della
tristezza, Proust lo dice in nota già nelle “Giornate di lettura”, il saggio con
cui nel 1905 presentava “Sesamo e i gigli”, la sua antologia di discorsi e
scritti di John Ruskin: “Confesso che un certo uso dell’imperfetto
dell’indicativo – di questo tempo crudele che ci presenta la vita come qualcosa
di effimero insieme e di passivo, che, al momento stesso in cui traccia le
nostre azioni, le bolla d’illusione, le annienta nel passato senza lasciarci,
come il perfetto, l’illusione dell’attività – è rimasto per me una fonte
inesauribile di misteriose tristezze”. .
Le Monde – Dumas lo cita
nel suo giornale di Napoli “L’Indipendente” come “foglio consacrato agli
interessi marittimi, e molto ricercato dai marinai”.
Lettura – Dilatata da
Calvino (“Se una note d’inverno un viaggiatore”) nell’atto solitario per
eccellenza, quindi inconclusivo, e il tratto relazionale per eccellenza di
Cartesio: “La lettura dei buoni libri è come una conversazione con le persone
più oneste dei secoli passati che ne sono stati gli autori”.
A
Proust si attribuisce l’aforisma “il lettore legge se steso”, o qualcosa di analogo,
tanto più succulento per essere dell’autore-più-autore. In effetti è un lettore
poco condiscendente: “La lettura non saprebbe essere assimilata a una
conversazione, fosse col più saggio degli uomini”, è il succo delle “Giornate
di lettura”. È un piacere solitario (ma
c’è per Proust un piacere non solitario?): “Ciò che differisce essenzialmente
tra un libro e un amico, non è la loro più o memo grande saggezza, ma la
maniera con cui si comunica con loro, La lettura, al contrario della
conversazione, consiste per ciascuno di noi a ricevere comunicazione di un
altro pensiero, ma restando soli”.
Loggia – Loja nel portoghese delle ex colonie,
preziosa nel tratto sovietico delle indipendenze, in Angola, Guinea-Bissau e
Mozambico, o valuta nel romanzo
sovietico di Simenon, “Les gens d’en face”, 1933, tratto dal vero, è termine
“franco”, italiano, per emporio, per stranieri, dove tutto si trova, “tutto
quello che si trova in Europa”, se si paga in valuta straniera – si trovava e
si pagava quando l’Europa c’era, anche se non contava.
Natale – Lo celebra Hannah Arendt, ebrea,
senza figli, ma capace di una lettura cristiana della vita, “Vita activa”: “Il
miracolo (è) la nascita di nuovi uomini e il nuovo inizio, l’azione di cui sono
capaci in virtù dell’essere nati… è questa fede e speranza nel mondo che trova
forse la sua più gloriosa e stringata espressione nelle poche parole con cui il
Vangelo annunciò la «lieta novella» dell’avvento: «Un bambino è nato per noi»”.
Padre -
Filumena Marturano
lo ricorda, ma per averlo cancellato – come tutti i De Filippo, del resto. Gli
Abba cantano “Mamma mia!, la ragazza cacciata di casa a 16 anni che non sa con
chi ha fatto la figlia.
Silvio Pellico – Si
leggeva ancora al tempo di Proust a scuola – almeno lui così ricorda, in
“Gornate di lettura”, di averlo letto quando era in “sesta”. “Le mie prigioni”
come un libro per ragazzi.
Scrittura islamica - L’elogio
della scrittura veniva recitato ancora di recente da Federico Zeri, nelle
lezioni milanesi, 1985, poi raccolte in “Dietro l’immagine”, 268: “Sarebbe
troppo lungo spiegare come la scrittura islamica sia una vera e proprie creazione
dello spirito, disciplinata da procedimenti molto complessi. Come si vede in
certi monumenti, ma anche in piastrelle e maioliche, si tratta di una scrittura
che risulta da una ricerca matematica. Tralascerò di diffondermi su calcoli che
presiedono alla creazione di queste
lettere, come di certi motivi ornamentali che appaiono in alcuni tappeti e in
alcune maioliche. Basterà dire che si tratta di serie matematiche, a loro volta
rapportate a delle coordinate cartesiane. Un procedimento estremamente
complicato, che riveste significati, insieme, mistici e simbolici”.
Vino – Nei quadri fiamminghi c’è sempre il vino in tavola o nelle
coppe in segno di reale accordo. Per un matrimonio concordato, una vendita, un
acquisto, una promessa. Perché è scuro e fa contrasto, ma c’è anche il vino
bianco, spumeggiante – come nella pittura francese dei luoghi di piacere
naturalmente, specie dopo l’impressionismo.
Voce – Il tratto
d’unione universale, la diceva Vernon Lee, nei racconti e negli studi della
ricezione italiana, tutta particolare, della musica, con fenomeno di “traudire”,
anche tra ambienti non comunicanti, o “intraudire”, mentre si è affaccendati,
si pensa e si fa altro.
La voce è il fiore della bellezza era Zenone. E
Montaigne, secondo il quale la voce fa vedere, oltre che udire, la poesia.
letterautore@antiit.eu
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