Un’immersione nel fantastico,
anche quando è realistico, storico, scientifico, entomologico. Per la scrittura
rarefatta che snoda i racconti, eterea, umbratile. Di persone, situazioni,
storie come avvolte o dissolte in una nebbia, di certezze, di sentimenti. Nella
bizzarria – la bizzarria è il segno di Nabokov, il sorprendente, ma con il
coinvolgimento dell’autore, come trasognato. Racconti di sogni, come sogni. Irenici.
Anche nei disastri: “La parola”, il racconto di un esiliato cui una schiera di
angeli mostra un mondo idilliaco sopra una realtà barbarica, è stato scritto
dopo l’assassinio del padre di Nabokov, a Berlino dove i due abitavano - per
mano di due emigrati estremisti che non gli perdonavano di essere stato
segretario alla presidenza del governo Kerensky, del governo provvisorio dopo
la prima rivoluzione, di febbraio (figlio a sua volta di un ministro della
Giustizia dello zar Alessandro II, un ministro riformista).
Molti i racconti di figure
femminili, che più spesso sono la ragazza piena di felicità. Con Berlino e
Parigi, i luoghi dell’emigrazione, e il ricordo costante di Pietroburgo. La
Russia – molta Russia d’antan -
sempre con malinconia, ma vista indefettibilmente con lente ironica. In
“Rumori” l’evocazione nostalgica dell’amore impossibile per la cugina Tatiana
Evghenievna Segelkranz, sposata, tra fughe di Bach, abiti vaporosi, gite in
bici, chiacchiere perse con l’amico artistoide, nel mezzo reca la domanda: “Ma
dov’è questa Sarajevo?” Il racconto del titolo è il matrimonio a trent’anni,
dopo molti rifiuti, di una donna affascinante, naturalmente russa, con uno
sconosciuto incontrato in casa di amici che le chiede di sposarlo.
È la summa dei racconti di
Nabokov, scritti a partire dal 1921, dapprima a Berlino e poi a Parigi, alcuni
ripescati e tradotti dal russo da Dmitri, il figlio dello scrittore, gli altri ritradotti
dall’inglese, come li aveva riscritti lo stesso autore, che li ripubblicò in
quattro raccolte, tra il 1958, dopo il successo di “Lolita”, e il 1976, un anno
prima della morte. Questa, curata da Dmitri, cantante lirico e italianista, li
comprende tutti, una cinquantina, eccetto i tredici pubblicati a parte col
titolo “La Veneziana”. Compreso un inedito, “Natascia”, datato Berlino 1921 e
firmato Vl. Sirine, che compendia Nabokov: le realtà rarefatte, l’emigrazione,
la povertà dignitosa, la solitudine, la morte – ma la morte non turba
l’innocenza.
Molto avviene in treno. A segnare
le distanze, che per un russo sono un fatto, e la casualità, degli incontri,
delle conversazioni, delle considerazioni, delle conoscenze. “In balia del
caso” inscena un russo emigrato che serve come cameriere nel vagone ristorante
di un treno sul quale viaggia la moglie amata, che lui crede dispersa in Unione
Sovietica. Il treno è il mezzo dell’avvicinamento e, di più,
dell’allontanamento. Il luogo di un mondo sradicato: il successo di Nabokv, non
vittimista, e anzi bonario ironista della storia, copre un mondo di fatiche e
sacrifici, anche nei casi, pochi, di riuscita, di rinascita.
Con la percezione acuta della violenza nella Germania di Hitler già
nel 1933: “Il Leonardo”, slang della mala americana per falsario, traduce il
russo “reuccio”, titolo originale del racconto, che mette in scena la violenza
insensata tra coinquilini a Berlino. Con le note dello stesso autore. Altri
racconti, a volte, nei racconti. Di “Favola”, che non rileggeva, dice, dal
1930, traducendolo in inglese scopre che anticipava Lolita: “Lavorando alla
traduzione, ho trasalito incontrando un Humbert un po’ decrepito ma
inconfondibile, che già scortava la sua ninfetta”. In nota a “Terrore” ironizza
su Sartre: “Precedette di almeno una dozzina d’anni ‘La Nausée’ di Sartre, con
cui condivide certe sfumature di pensiero, ma nessuno dei difetti fatali di
quel romanzo”.
L’edizione è arricchita da Dmitri
di una informata prefazione e di altre note esplicative, con ricordi personali
e paterni. Le traduzioni italiane sono dello stesso Dmitri, e di France Pece,
Anna Raffetto, Ugo Tessitore.
Vladimir Nabokov, Una bellezza russa e altri racconti,
Adelphi, pp. 768 € 22
Nessun commento:
Posta un commento