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Ascetismo – “Dopo
l’ascetismo contro la carne, abbiamo l’ascetismo che è fobia dell’intelletto,
che loda la stupidità come «semplicità», il culto della naiveté”, E.Pound, “Medievalismo” (nel saggio “Cavalcanti”, nella
raccolta “Make it new”). Come forma della conoscenza è restrittiva, e quasi castrante,
come un accecarsi.
Bellezza - “Καλον quasi καλουν” la dice Coleridge,
“Principles of Genial Criticism”, 1814: la bellezza sta in sé, è qualcosa di
oggettivo, ma connaturale anche alla condizione umana, un richiamo dell’anima. Dove
Coleridge svolge l’argomento kantiano della soggettività del gusto, in dialogo
fra Milton e un puritano, che il poeta non riesce a convincere, finendo allora
per decidere, dopo tante argomentazioni andate a vuoto su un concetto oggettivo della bellezza, che essa è una
condizione autonoma, in grado di attirare le menti umane - sulla traccia del “Cratilo”
di Platone, dice Pound (“Dante”, a commento del canto XXIII del “Paradiso”), ma
più probabilmente di Plotino: “Come la luce all’occhio, così è la bellezza per
la mente. Che non può che accettare ogni cosa che percepisce come pre-configurato
alle sua facoltà vitali. Per questo i Greci chiamano un bell’oggetto καλον quasi καλουν, cioè che si appella
all’anima, che lo riceve all’istante e lo apprezza, come qualcosa di connaturato”.
Heidegger - Lo scandalo non è l’errore.
O la furbizia, come diceva Arendt (“Heidegger è una volpe, che si scelta una
trappola come casa”), di chi presumeva un nazismo altro da Hitler. L’errore lo
commise Pound, che “per seguire certe sue utopie estremistiche sulla necessità
di eliminare l’usura dal mondo perché l’arte possa trovarvi spazio…., cadde nella
trappola dell’ideologia più folle collaborando con il fascismo mussoliniano”
(Corrado Bologna, intr. a “Ezra Pound. Dante”), propagandista in guerra contro
il suo stesso paese. O Hamsun, per l’attrazione pangermanica, nordica,
eddica, della natura lavacro. Di Heidegger fa dubitare il silenzio, lungo,
polemico, sul passato, l’ossessione, ancorché blanda, dell’ebraismo, che ebrei
di qualità suoi seguaci sconcertò, Celan, Lévinas e una lunga serie di
filosofi, la stessa ubbia, a suo tempo (discorso del Rettorato, 1934) e forse
dopo, per decenni dopo la guerra, di essere stato miglior nazista di Hitler. La
costanza, seppure nel riserbo. L’occhio furbo, mai addolorato. E una
programmazione dell’opera omnia nel tempo nemmeno tanto riservata. Un filosofo
politico, seppure con i silenzi invece che con le parole.
Ritracciare il nazismo,
qualcosa del nazismo, in Heidegger non è occupazione banale o scandalistica. È
– avrebbe dovuto essere – opera di storici. Ma in qualche modo la traccia va
approfondita. Lo scandalo è – sarebbe - se qualcosa del nazismo persuade nel
profondo, resta al fondo.
Kitsch – Termine oggi in
disuso, ma sempre di accezione sbagliata, Zeri rilevava nel 1985, nelle lezioni
milanesi ora in “Dietro l’immagine”: kitsch
non è la cosa, il manufatto artistico, ma il modo di vederle la cosa.
Però è anche il manufatto: un modo di rispondere al gusto del
cliente.
Male – Metastasizza in
varie forme, da varie origini. Ma spesso dal bene, dalla buona coscienza, la supposizione del bene. Metastasizza specie
ora, in un mondo che pure si vuole governato dal bene – la democrazia, i diritti, il politicamente corretto.
Ciò è evidente nella questione sociale. E anche nella questione
politica. Del fascismo, che è nato, si è innestato, a forme estreme di democrazia,
in Italia, in Spagna, in Germania. E anche in norme non estreme, ma perduranti:
della coscienza superiore del bene, una sorta di beghinaggio del bene. Del bene
ipostatizzato, per se stesso. È, in forme non estreme, il trumpismo a fronte di
una coscienza liberal intollerante.
Piena cioè di sé, non critica, non autocritica. Del protezionismo contro una
globalizzazione invasiva senza anticorpi. La stessa situazione di guerra civile
strisciante, endemica, in America. Dal tempo di Nixon e la guerra del Vietnam.
Che non era colpa di Nixon, ma della fazione politica contro la quale Nixon era
stato eletto. Dell’ordine che produce il disordine. Che si eleva a buona
coscienza, la difesa trasformando in ritorsione. La stasis di Agamben - la litigiosità, la guerra civile - come
paradigma politico.
Il trumpismo – l’identificazione di una buona metà degli americani in
Trump - è stato rafforzato dall’opposizione. Specie dai media, che non sono andati
oltre, nella contestazione, la propria superiorità morale, il disprezzo, l’insulto.
Una contestazione costante, ripetitiva, ultimativa, per quattro lunghi
anni, che ha moltiplicato i voti per Trump, e soprattutto li ha incoraggiati,
li ha sdoganati nella ragion d’essere, dalle paure, dal complesso
d’inferiorità.
Memoria – La Ley de
Memòria Historica voluta dal governo socialista di Zapatero nel 2007 per la
cancellazione della memoria franchista dalla Spagna ora viene applicata anche alla
memoria repubblicana: strade e piazze dedicate a Largo Cabalero e Indalecio
Prieto – altri seguiranno, non c’è dubbio – vengono ridenominate, monumenti
abbattuti. La legge Zapatero fu voluta contro i segni “die esaltazione personale
o collettiva della sollevazione militare, della guerra civile, della repressione
e della dittatura”. Ma ha riacceso la guerra civile, seppure senza armi, ogni
schieramento rimproverando all’altro la violenza – la prima mossa, la prima
colpa.
La memoria storica non può essere selettiva. La cancellazione della
memoria per legge, a scopo democratico, quanto aiuta la democrazia? Moltiplicando
il risentimento offusca semmai la democrazia e acuisce le divisioni - la democrazia
ha bisogno comunque del concetto base della società romana, l’“idem sentire de re publica”.
Overbeck - Franz
Overbeck, per il quale Nietzsche ebbe l’ultimo segno di ragione che si ricordi,
è quello che era corso a Torino per internarlo a Jena. Egli pure professore a
Basilea neo laureato, con una tesi su sant’Ippolito di Roma, di cui non ha
capito nulla, del martire, primo antipapa, salvatore dei frammenti di Eraclito
- l’ateo Overbeck insegnava la teologia. Ma le falsità di Elisabeth Overbeck
denunciò con coraggio, ancora in tarda
età e in cattiva salute, sfidando la temibile sorella, e ha salvato Nietzsche.
Tanto
migliore l’Overbeck pittore di Italia e
Germania, Friedrich, lontana parentela anseatica, della migliore famiglia
di Lubecca, figlio del borgomastro, senatore, canonico, giurista e poeta
Christian, pronipote di Johann, il corettore del Katharineum, il ginnasio che
la Riforma volle nel 1531 per lo studio del latino, di cui l’artista fu allievo
come poi i fratelli Mann e Theodor Storm. Friedrich lasciò Lubecca a ventun’anni
nel 1810 per Roma, la città laica di Napoleone, dove fu iniziatore dei nazareni
e buon cattolico convertito, e nella quale visse i restanti 59 anni: il genio
non segue i buoni propositi.
Storia – “C’erano i cosiddetti
Storicisti a quei tempi e insegnavano, ‘bianchi’ o ‘rossi’ che fossero, che non
esiste fatalità, non esiste caso ma solo la Storia, sempre sacra, quand’anche
sia dialettica; e provvidenziale. Ha i suoi Decreti solenni, ma anche le sue
‘Astuzie’, e cioè si fa furba, restando sempre sacra, ricorre a trucchi e
gherminelle per rimediare alle proprie sviste e malefatte”, Guido Morselli, “Contropassato
prossimo”. Per “quei tempi” s’intende gli anni 1910, gli anni del romanzo, ma
potevano anche essere quelli della scrittura del romanzo, gli anni 1960.
zeulig@antiit.eu
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