Asia a tre stelle
Si fanno già i
conti del post-coronavirus, e si vede l’Asia di colpo avanti rispetto all’asse Europa-Stati
Uniti – l’asse occidentale, atlantico. Su tre perni: le due potenze risparmiate
dal virus, la Cina e il Giappone, che ritorna anche sulla scena militare, e
l’India. Con un quarto possibile soggetto, il mondo arabo-mussulmano.
Della Cina si
valuta sempre preminente il ruolo economico, a capo della “catena della valorizzazione”,
la produzione mondiale. Ma ora sottoposto al vincolo politico: chiarire la posizione
militare all’esterno e politica all’interno. Un vincolo che Pechino ha finora
evitato, nell’ottica introspettiva dell’innovatore Deng Hsiao Ping, ma che lo
stesso presidente Xi Jinping, prima ancora che Trump, ha posto in evidenza, con
l’attivismo militare nel Pacifico, e col programma di penetrazione finanziaria
dell’Occidente, la Via della Seta.
La proiezione
internazionale della Cina in chiave politica ha rinfocolato i problemi di
frontiera con l’India. E ha portato il Giappone a rivedere l’impegno costituzionale
a non intraprendere attività militari fuori del paese. Non in un’ottica di scontro,
al contrario, per conglobare la Cina in un ordine internazionale anche
politico. Ma l’opzione militare è stata riaperta.
Sul piano
politico interno, fermo restando il controllo saldo della Cina da parte del partito
Comunista, si attendono sviluppi nel rapporto con Hong-Kong, di fatto in queste settimane semplicemente annessa da Pechino, nello Xinjiang, la regione dei turcofoni
Uighuri, e nel Tibet. E nella lotta alla corruzione, dentro lo stesso partito
Comunista.
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